INTRODUZIONE
L’atto di comprendere produce piacere. È una strategia di ricompensa che il nostro sviluppo filogenetico ha messo in pratica proprio per rinforzare l’attività di apprendere data l’importanza che questa riveste per la nostra specie. Siamo geneticamente predisposti per cercare di capire sempre nuove cose e affrontare le nuove sfide che la vita ci pone. Ma non tutte le modalità di comprensione producono piacere. Per esempio quando ascoltiamo una barzelletta e ne cogliamo il doppio senso la ricompensa consiste nel riso che ci provoca, ma cosa succede quando non avendone compreso il senso ce ne viene fornita una “spiegazione”? Certamente non proviamo lo stesso piacere anche se ora ne abbiamo compreso il significato. La differenza sostanziale è che non siamo riusciti con le nostre capacità a rispondere alla sfida cognitiva posta dalla barzelletta e per questo motivo non veniamo ricompensati con la piccola scarica di dopamina che si produce nel nostro cervello quando abbiamo un insight.
Questa strategia di apprendimento che si basa su una “sfida cognitiva” è sistematicamente adottata dalle nuove tecnologie le quali ci inducono ad apprendere cose nuove attraverso la strategia dell’apprendimento per scoperta, per tentativi ed errori, provando e sperimentando. Modalità che si contrappone a quella che ha contraddistinto i processi di condivisione della conoscenza degli ultimi secoli e che prima dell’avvento del digitale era perfettamente integrata negli ambiti di istruzione formale, cioè quella basata sulla letto-scrittura, modalità che fissa le conoscenze esplicite.
Questo cambiamento è avvenuto con l’introduzione dell’interfaccia grafica di comunicazione uomo – computer, a metà degli anni ottanta. Prima di questo evento l’accensione di un computer produceva la sola visualizzazione di un trattino che lampeggiava sullo schermo. L’unico modo per apprendere ad usare un computer era studiarne i manuali, memorizzarne i comandi e le procedure di funzionamento. Oggi nessuno di noi, pur interagendo con dispositivi e servizi digitali centinaia di volte al giorno, troverebbe naturale dover leggere manuali di istruzioni per svolgere queste attività. Troviamo invece naturale procedere intuitivamente: si guarda lo schermo, si individua un pulsante e dato che ciò fa parte della nostra esperienza quotidiana si intuisce che ciò che vogliamo fare lo possiamo fare premendo quel pulsante. Si attiva una modalità di apprendimento che è di tipo esperienziale, percettivo-motorio e si acquisisce sempre maggiore capacità man mano che continuiamo a fare esperienza e procediamo per tentativi ed errori.
È una modalità del tutto diversa da quella che si basa sui processi di lettura ma è la modalità che le era preesistente, più connaturata al nostro sviluppo filogenetico e che sta tornando a essere sempre più rilevante con lo sviluppo delle tecnologie digitali, soprattutto per i processi di apprendimento che riguardano le nuove generazioni. Per averne una riprova basta pensare ai videogiochi, a quali sono i loro principi funzionali e a quanto pervasivi siano nella quotidianità delle giovani generazioni. Comunemente un videogame inizia con uno scenario che pone una sfida. Il giocatore inizia a interagire senza istruzioni preventive, ma guidato unicamente dal proprio intuito, esperienza pregressa e feedback sulle proprie azioni. Proviamo a immaginare quanto poco possa essere attrattivo per le nuove generazioni poter giocare con videogame che richiedano la preventiva lettura e memorizzazione delle procedure contenute in un manuale… I videogiochi perderebbero in un istante tutta la loro attrattività. L’effetto poi non sarebbe molto diverso se al posto di un testo si proponesse un video predisposto allo stesso scopo: ciò che conta non è il canale comunicativo ma la strategia cognitiva.
IL PROCESSO DI INSEGNAMENTO-APPRENDIMENTO
E veniamo alla scuola. Cosa prevede il processo classico di insegnamento – apprendimento? Procede sostanzialmente basandosi su un ciclo composto da tre fasi, ben sintetizzate da Tullio De Mauro nell’espressione “sacra trinità” data la sua pervasività nella nostra scuola. In estrema sintesi il ciclo didattico inizia con la “lezione” nella quale il docente fornisce una spiegazione, offre cioè una condivisione di conoscenze esplicite, così come prodotte dallo sviluppo scientifico e culturale, depurate dal processo di ideazione e sviluppo che ha portato alla loro definizione. L’obiettivo essenziale della lezione frontale è condividere nel modo più chiaro e facilmente comprensibile per gli studenti ciò che le discipline hanno codificato come conoscenza. Dopo di ciò si passa alla seconda fase: gli studenti dopo questa esposizione devono cercare di fare propria questa conoscenza attraverso lo studio e la comprensione e quindi interiorizzarla con la ripetizione e la memorizzazione. Infine c’è la fase della “verifica” cioè dei dispositivi didattici atti a certificare che questo processo sia andato a buon fine. Qui gli studenti sono chiamati a riprodurre in forma corretta la conoscenza che è stata inizialmente condivisa. devono andare a casa e devono studiarla, interiorizzarla attraverso l’esercizio della ripetizione in vista di riprodurre quella conoscenza. Questo processo, qui estremamente schematizzato, mette in luce come la strategia di apprendimento sia del tutto contrapposta a quella attivata nell’interazione con le nuove tecnologie. I meccanismi motivazionali della sfida, il coinvolgimento che si sperimenta mettendo in campo le proprie capacità, il piacere che si prova dimostrando, prima di tutto a se stessi, di essere in grado di rispondere alla sfida sono inibiti.
Ma la modalità classica di insegnamento – apprendimento non è l’unica che si può attivare a scuola. È possibile cambiare il ciclo didattico integrando le nuove strategie cognitive. Per farlo occorre considerare però che il processo di innovazione non consiste necessariamente nell’introduzione di nuove tecnologie in classe, ma nell’adozione di una diversa impostazione metodologica che attivi i nuovi processi cognitivi. E’ importante sottolineare questo aspetto perché da quando abbiamo iniziato a percepire lo scollamento tra il vissuto scolastico e quello extrascolastico per cercare di colmarlo ci si è concentrati sulle tecnologie piuttosto che sulle metodologie. Ad esempio, lo sforzo finanziario e organizzativo per dotare le aule della LIM, la Lavagna Interattiva Multimediale, non ha dato i frutti sperati proprio perché orientato a potenziare e sostenere i classici processi didattici espositivi frontali piuttosto che alla loro innovazione. I ruoli riservati al docente e agli studenti non cambiano, non c’è alcuna reale trasformazione.
Anche l’altra rilevante iniziativa tesa a introdurre i tablet a scuola non ha avuto significativi riscontri in termini di innovazione didattica. Sorvolando sui problemi di carattere tecnologico e manutentivo che l’introduzione di questi device ha comportato, molto spesso il tablet è stato concepito come null’altro che il naturale sostituto del libro, uno strumento quindi teso a migliorare lo studio degli allievi. Non si può dire che si tratti di vera innovazione in grado di trasformare la scuola. Inoltre l’introduzione di questi dispositivi in classe porta ad aumentare ulteriormente il tempo che i giovani trascorrono nell’interazione individuale con le tecnologie, cosa di cui certamente non c’è bisogno.
Ciò su cui invece dovremmo investire se si desidera intraprendere un reale percorso di innovazione sono le metodologie didattiche e quindi vi propongo di prendere in esame alcuni ambienti digitali sviluppati con l’idea di sostenere la trasformazione proprio delle metodologie. Si tratta di ambienti che trasformano il ruolo degli insegnanti e degli studenti, in particolare riservando a questi ultimi un ruolo maggiormente attivo nel processo di apprendimento proponendo di trasformare tutte e tre le fasi del classico ciclo di insegnamento – apprendimento e cioè lezione frontale, studio individuale e verifica finale.
LE NUOVE TECNOLOGIE A SOSTEGNO DELLE METODOLOGIE DI APPRENDIMENTO ATTIVO
La metodologia che presento come alternativa alla lezione frontale è la Peer Instruction che non è un sinonimo di peer learning, bensì è una metodologia che prevede una ben definita procedura messa a punto da Eric Mazur, docente di fisica all’università di Harward, e sperimentata lungo tutti questi anni in scuole di ogni ordine e grado. Si tratta di una metodologia oggi facilmente attuabile in ogni classe con gli strumenti di instant pulling; noi la sperimenteremo con GoSoapBox (https://www.gosoapbox.com/).
La seconda innovazione metodologica consiste nel trasformare lo studio individuale degli allievi in un processo sociale, con tutti i benefici che vedremo. Questo processo può essere attuato con apposite tecnologie sia che i materiali di studio siano testuali che multimediali, come videolezioni. Nel primo caso la tecnologia che propongo è Perusall (https://perusall.com/), mentre per i video si tratta di VideoAnt (https://ant.umn.edu/). L’ultima innovazione investe la fase di verifica finale e qui l’idea è di valorizzare e rendere protagonisti gli studenti proponendo attività di self- e peer- assessment. Non si tratta di una proposta originale ma l’adozione di nuove tecnologie appositamente predisposte per questa attività consente di superare molti dei limiti che ne hanno ostacolato l’adozione negli scorsi anni e di valorizzare gli aspetti formativi di questo processo. Presenterò per questa attività PeerGrade (https://www.peergrade.io/).
a) Social studing
Inizio affrontando l’innovazione proposta non per la lezione frontale, bensì per lo studio individuale. Questo perché adotto l’impostazione della Flipped classroom, che inverte non solo in termini di localizzazione, ma anche temporalmente le prime due fasi della didattica tradizionale. Pertanto l’attività didattica non inizia con l’esposizione del docente ma con lo studio. Gli studenti affrontano per prima cosa i materiali proposti dal docente ed eventualmente anche selezionati da loro con l’obiettivo di formarsi una conoscenza di base degli argomenti da trattare. In questo modo la loro interazione in aula non si limita a domande di chiarimento al docente sulla sua esposizione, ma sulla loro comprensione, processo più produttivo in vista di un apprendimento maggiormente significativo, cioè orientato alla reale comprensione piuttosto che alla sua memorizzazione. Vediamo quindi come Perusall trasforma questo processo. Il materiale di studio viene condiviso in questo ambiente con tutti gli studenti in modo che possano selezionare il testo e inserire annotazioni relative a dubbi, richieste di approfondimento, osservazioni visibili reciprocamente a tutti gli studenti e all’insegnante. Tutti possono sottoscrivere le osservazioni, rispondere a domande dei propri compagni o anche mettere like, facendo mergere in questo modo i punti critici dei testi, quelli più apprezzati, quelli che possono aver dato luogo a misconcetti ecc. Questa attività di studio preventiva da parte degli studenti spesso è incentivata dall’insegnante attraverso una valutazione che fa acquisire agli studenti un punteggio o un voto. Si vede quindi come con questo processo trasformativo la valutazione non sia relegata alla fase finale con finalità certificatorie, ma riguardi tutto il processo con funzione formativa. Gli studenti sanno che una loro osservazione appropriata, apprezzata dai propri compagni e/o dall’insegnante orienta la comprensione ed è valorizzata nell’attività scolastica.
Tutto questo processo è funzionale oltre che ad uno studio più partecipato da parte degli allievi anche a progettare la successiva attività in classe. L’insegnante che monitora il processo di studio condiviso diviene consapevole degli aspetti critici, i punti controversi, quelli più motivanti ecc. e può predisporre attività mirate a favorire un più significativo apprendimento per i propri studenti.
b) Peer-Instruction
Una delle metodologie didattiche che trae grande vantaggio da quanto appena visto è proprio la Peer-Instruction. La PI viene definita dallo stesso Mazur come una strategia didattica che, promuovendo l’interazione in classe, consente di coinvolgere tutti gli studenti in un processo di discussione strutturato e di affrontare gli aspetti difficili degli argomenti. La PI è facilmente realizzabile, si sviluppa in due momenti: fase pre-classe e fase in classe. Nella fase pre-classe viene chiesto agli studenti di familiarizzare con le risorse (video, testi, ecc.) – create e/o selezionate dal docente – prima dello svolgimento delle attività d’aula, cosa che può avvenire proprio nelle modalità appena viste, che consente all’insegnante di conoscere i possibili punti di debolezza e le difficoltà interpretative degli studenti. Nella fase in classe, l’insegnante richiama brevemente i contenuti trattati, sottopone agli studenti un Concept Test, ovvero una domanda (a scelta multipla) di natura concettuale, cioè che richieda agli studenti non un semplice recupero dei contenuti trattati, ma una loro rielaborazione. La domanda naturalmente deve essere di adeguata complessità in modo che gli studenti possano formulare una risposta in pochi minuti. È essenziale in questa fase che la riflessione sia strettamente individuale, che avvenga cioè senza consultare fonti o compagni. Al termine di questo periodo tutti gli studenti devono indicare la propria risposta scegliendone una fra quelle fornite con la domanda. Questo può avvenire utilizzando gli smartphone degli studenti collegandosi ad uno dei tanti siti di instant polling gratuiti, come GoSoapBox (gosoapbox.com) o Kahoot (getkahoot.com). Più semplicemente si possono usare cartoncini (flashcard) che, contrassegnati da un diverso colore o da una lettera dell’alfabeto, consentono agli studenti di mostrare facilmente la loro scelta. In quest’ultimo caso occorre avere l’accortezza di far rispondere contemporaneamente gli studenti nel momento in cui termina il tempo di riflessione, per evitare che si influenzino l’un l’altro. Proprio per questo motivo non è opportuno procedere per alzata di mano, gli studenti probabilmente potrebbero influenzarsi mentre è essenziale che la loro risposta sia frutto della loro personale elaborazione. Gli esiti possibili sono tre: possiamo avere risposte corrette inferiori al 30%, comprese tra il 30% e il 70% o superiori al 70%. Solo quando si verifica il secondo caso possiamo procedere con PI in quanto la domanda è risultata effettivamente sfidante per la classe. Nel primo caso infatti è necessario fare un passo indietro e riprendere l’argomento trattato, perché risulta chiaro che la classe nel suo complesso non ha interiorizzato gli elementi che consentono un’adeguata riflessione. Nel terzo caso invece quasi tutti gli studenti hanno le idee chiare e sarà opportuno procedere semplicemente con una rapida spiegazione a beneficio di quei pochi studenti che non hanno dato la risposta corretta. Nel secondo scenario si può invece avviare la fase di confronto fra pari. Senza fornire alcuna indicazione su quale sia la risposta corretta si procede formando piccoli gruppi di studenti suddivisi in base alle risposte date: ogni gruppo dovrà essere composto da studenti che hanno fornito risposte diverse, possibilmente ricomprendendo tutte le opzioni. Agli studenti viene chiesto di confrontarsi e discutere fra loro sostenendo la propria risposta (giusta o sbagliata che sia). Durante la discussione, che solitamente dura anch’essa pochi minuti, il docente si avvicina agli studenti osservando il processo in atto e facilitandolo con domande che supportino gli studenti nel loro ragionamento. Al termine della discussione, agli studenti viene chiesto di rispondere nuovamente alla domanda posta precedentemente. Le ricerche indicano come alla riproposizione della domanda ci sia un aumento considerevole delle risposte corrette, che molto spesso porta a superare il 70%. Gli studenti che hanno compreso correttamente e interiorizzato l’argomento in questione infatti sono maggiormente in grado di sostenere le proprie opinioni e di convincere gli altri poiché riescono a ricostruire facilmente il procedimento che li ha portati a fornire la risposta esatta e a escludere le alternative errate. Si può quindi considerare che gli studenti abbiano acquisito il concetto trattato – come nel terzo caso sopra esposto – e procedere con la spiegazione per i pochi che ancora non lo hanno compreso per poi passare a una successiva domanda su altro argomento. Risulta evidente come questa strategia richieda la partecipazione attiva di tutti gli studenti, i quali non sono chiamati a servirsi passivamente delle risorse messe a disposizione, bensì a riflettere ed elaborare quanto appreso. Gli studenti sono chiamati a mettersi in gioco in prima persona, sostenendo ed argomentando le proprie opinioni e così facendo hanno modo di potenziare le proprie capacità riflessive e di accrescere le abilità di analisi e di sintesi. Esporre ad altri le proprie convinzioni aiuta inoltre, da un lato a chiarirle e dall’altro a favorire la chiarezza espositiva, consentendo in definitiva di migliorare il proprio apprendimento. La completa padronanza di un argomento si raggiunge infatti nel momento in cui si è in grado di spiegare e trasmettere i contenuti chiave ad altri: solo in questo caso si può dire di aver totalmente compreso e interiorizzato l’argomento. Questa metodologia fornisce pertanto agli studenti, così come al docente, un modo per valutare la reale comprensione dei contenuti. Il fatto che il confronto e la discussione avvengano tra pari, da un lato permette agli studenti di essere più disinvolti nel porre domande, argomentare, sostenere la propria opinione, dall’altro fa in modo che gli studenti siano più coinvolti e si sentano maggiormente compresi nelle difficoltà sperimentate poiché, molto spesso, il modo di concepire un argomento disciplinare è più simile tra studenti che tra studente e docente, il quale possiede tutt’altra padronanza della propria disciplina.
c) Peer-assessment
L’ultima fase, in alternativa al tradizionale momento della verifica, richiede l’adozione di un diverso paradigma valutativo, richiede cioè di spostarsi da procedure di valutazione di carattere sommativo e finalità certificatorie verso pratiche con valenza prevalentemente formativa, tese cioè a migliorare i processi di apprendimento. Una delle metodologie che rende attivi e partecipi gli studenti durante i processi valutativi è il peer- e self- assessment. È noto come queste pratiche non siano di facile realizzazione con gli studenti a causa del forte coinvolgimento emotivo e talvolta dei conflitti che si creano fra gli studenti. In letteratura però è altrettanto noto come queste pratiche producano notevoli benefici in termini di crescita, maturazione di responsabilità e miglioramento dell’apprendimento. Questo però presuppone che queste pratiche siano condotte appropriatamente, seguendo precise finalità educative. In questo senso lo sviluppo di ambienti digitali progettati specificatamente per supportare quanto evidenziato dalla ricerca educativa possono consentire di superare i limiti che molto spesso frenano l’adozione di queste pratiche. Uno di questi ambienti è Peergrade, realizzato secondo l’assunto condiviso in letteratura per cui produrre feedback migliora l’apprendimento più che riceverne. L’atto di revisionare, infatti, attiva un processo riflessivo con il quale gli studenti confrontano il proprio lavoro con quello dei pari e realizzano come possono migliorare il proprio. Revisionare, pertanto, non solamente migliora la performance, ma anche la capacità di autoregolare il proprio apprendimento, nonché favorisce una comprensione più profonda dell’oggetto di conoscenza. Peergrade valorizza questo processo in virtù delle sue specifiche caratteristiche. In questo ambiente, infatti, sono implementate funzionalità avanzate che lo caratterizzano per concepire la valutazione non come un processo a senso unico, ma come un dialogo fra valutati e valutatori orientato al miglioramento dei processi di apprendimento. In particolare in Peergrade le pratiche di valutazione tra pari e di autovalutazione non si esauriscono con la condivisione delle valutazioni, come di norma avviene, ma prevedono un’ulteriore attività specificatamente dedicata alla revisione delle valutazioni. La dimensione dialogica del processo valutativo emerge in particolare in quest’ultima fase, che è volta a generare confronto su tutte le valutazioni, richiedendo ai valutati di esprimere le proprie considerazioni in merito alle valutazioni e ai feedback ricevuti.
CONCLUSIONI
Innovare i processi didattici della scuola appare tanto urgente quanto difficile da realizzare. L’analisi delle strategie perseguite negli ultimi decenni non ha prodotto adeguati risultati ma ha fatto maturare la convinzione che ciò su cui occorre investire non sono le tecnologie quanto piuttosto i processi in grado di integrare nelle pratiche didattiche scolastiche le strategie cognitive indotte dai nuovi media.