Perché le carriere scientifiche non sono scelte da un maggior numero di ragazze?
COSA DICE IL FOCUS n. 93
I dati PISA vengono usati dai ricercatori per numerose indagini. Una di queste, condotta da G. Stoet e D. Geary, esamina la natura del gap di genere nelle discipline STEM attraverso i dati di 67 paesi partecipanti nel 2015.
- I ragazzi hanno punteggi in scienze superiori rispetto alle ragazze in 22 Paesi, mentre i punteggi delle ragazze sono superiori a quelli dei ragazzi in 19 Paesi. Tuttavia in 65 paesi su 67, i ragazzi dimostrano di essere relativamente forti in scienze, considerato che in scienze hanno punteggi più alti rispetto ai punteggi medi delle tre aree misurate (matematica, scienze e lettura).
- Inoltre i ragazzi dimostrano una maggiore sicurezza nell’apprendimento delle scienze e un interesse più spiccato per argomenti di carattere scientifico rispetto alle ragazze.
- Queste differenze tra ragazzi e ragazze sono associate a un minore tasso di laureate in materie scientifiche (ambito STEM) rispetto ai laureati maschi.
Lo studio suggerisce che gli studenti possono essere influenzati nella scelta della loro carriera dalla consapevolezza dei loro punti di forza nello studio, così come dalla loro sicurezza e dal loro interesse nell’apprendimento delle scienze.
A differenza di molti ragazzi bravi a scuola, molte ragazze brave a scuola tendono a non intraprendere una carriera scientifica anche se sarebbero certamente capaci di concluderla positivamente considerato che le ragazze sono più brave dei ragazzi anche nelle discipline non scientifiche. Ciò significa che è importante dedicare attenzione al miglioramento degli interessi e dei comportamenti delle ragazze verso le STEM, per sollecitarle a proseguire gli studi scientifici.
Frequentare una scuola rurale influisce su come e cosa si impara?
COSA DICE IL FOCUS n. 94
Nel test di scienze OCSE-PISA del 2015 gli studenti delle scuole rurali (intese quelle situate in Comuni con meno di 3000 abitanti) registrano in media 31 punti in meno – corrispondenti grosso modo a un anno di scuola- rispetto agli studenti delle scuole di città (con oltre 100.000 abitanti).
Un gap spiegabile interamente con il diverso profilo socioeconomico degli studenti e delle scuole (uniche eccezioni il Belgio, la Gran Bretagna e gli USA). Questo gap scompare, infatti, se si tiene conto dello stato socio economico.
Il gap è più visibile nelle aspettative educative. Solo il 30% degli studenti di scuole rurali aspira alla laurea (questa percentuale è ancora inferiore in alcuni Paesi tra cui l’Italia) contro il 50% degli studenti di città.
In media nei Paesi Ocse il gap nelle aspettative educative fra campagna e città si restringe sostanzialmente se si tiene conto dello stato socio-economico, ma a differenza di quanto avviene per i risultati, questo gap permane anche a parità di condizioni socio economiche. Questo dato suggerisce che questo gap è imputabile anche ad altri fattori, quali rendimenti scolastici inferiori, distanze geografiche e mancanza di modelli di lavoro qualificati nelle zone rurali.
In media nelle zone rurali c’è una più limitata scelta delle scuole, i bambini frequentano la scuola dell’infanzia per un periodo di tempo più breve e ci sono meno attività extracurricolari. Le distanze geografiche e le piccole dimensioni delle scuole determinano inoltre carenze di infrastrutture e di insegnanti qualificati.
Le scuole rurali hanno però alcuni vantaggi come il minor numero di studenti per classe, la possibilità di adattare meglio l’insegnamento alle esigenze degli alunni e l’opportunità di realizzare una più efficace innovazione didattica con il supporto delle reti di scuole e l’utilizzo delle nuove tecnologie per l’insegnamento a distanza.
Esiste una divisione generazionale nell’ottimismo per il futuro dell’ambiente?
COSA DICE IL FOCUS n. 95 (rif. focus 87)
Nel 2015 solo una minoranza dei quindicenni credeva che i problemi legati all’inquinamento, all’estinzione di animali e piante, alla deforestazione, alla mancanza di acqua potabile e alle scorie nucleari sarebbero migliorati nei successivi 20 anni. In 12 dei 15 Paesi in cui le stesse domande sono state fatte ai genitori le risposte sono state più pessimistiche di quelle dei figli quindicenni. I figli di adulti con convinzioni più pessimistiche sulle questioni ambientali tendono ad essere più pessimisti dei loro coetanei, invece figli di genitori ottimisti tendono a essere più ottimisti.
I ragazzi e gli studenti con scarsi risultati in scienze hanno convinzioni più pessimistiche delle ragazze e degli studenti con migliori risultati in scienze.
In media su 15 Paesi partecipanti gli studenti sono più pessimisti sui problemi dell’inquinamento atmosferico mentre i genitori sono più pessimisti riguardo alle risorse di acqua potabile. Queste differenze possono essere spiegate con le differenze nelle esperienze di vita tra adulti e quindicenni (come ad esempio differenze nella percezione della pericolosità delle scorie nucleari) e con la maggiore fiducia dei quindicenni nei progressi scientifici e tecnologici per risolvere le questioni ambientali.
Di fronte a questa situazione gli educatori devono sforzarsi di promuovere l’idea che al pessimismo realistico non debba corrispondere il fatalismo, ma che invece l’aumento di conoscenza spinge i giovani – e gli adulti – all’azione per aiutare a trovare o a creare le soluzioni ai problemi ambientali che richiedono l’attenzione più urgente.
Le politiche che hanno promosso la libertà di scelta della scuola hanno influito sulla composizione sociale delle scuole?
COSA DICE IL FOCUS n. 96
Le scuole che ammettono studenti quindicenni in base alla propria residenza sono diminuite del 20% tra il 2002 e il 2015 in Danimarca, Hong Kong, Giappone, Islanda, Svezia e USA e del 6% in media in 28 Paesi OCSE. Questi dati riflettono una maggiore opportunità di scelta lasciata alle famiglie.
I dati PISA evidenziano che i Paesi che mantengono la residenza come il vincolo più forte per l’ammissione alla scuola tendono ad avere scuole con profili socioeconomici più simili tra loro (il vincolo a volte è anche dovuto a difficoltà nei trasporti, soprattutto per le famiglie meno abbienti, alla bassa densità di popolazione in alcune aree e al diverso grado scolastico, quale secondaria di 1° o 2° grado) . Per converso dove la residenza è un criterio meno vincolante gli studenti svantaggiati tendono ad essere raggruppati in un numero limitato di scuole.
In realtà queste conclusioni presentano numerose eccezioni.
Senza regolamentazioni appropriate i programmi che sostengono la libera scelta delle scuole da parte delle famiglie possono condurre a una maggiore segregazione socioeconomica tra le scuole considerato che le famiglie benestanti sono quelle più in grado di disporre dei vantaggi forniti dal maggior numero di scelte a disposizione.
Anche la possibilità di scelta degli studenti migliori da parte delle scuole con un eccessivo numero di richieste di iscrizioni può generare lo stesso tipo di segregazione (il numero di scuole che usa come criterio i voti è aumentato tra il 2000 e il 2015).
In conclusione per equilibrare la libertà di scelta della scuola con l’equità ci vogliono azioni di politica scolastica che inducano le scuole a competere sulla qualità piuttosto che sulla selettività.
La maggior diversità sociale nelle scuole ha un impatto sull’equità nei risultati di apprendimento?
COSA DICE IL FOCUS n. 97
Il grado di segregazione sociale nelle scuole varia molto tra i diversi sistemi di istruzione.
In molti Paesi dell’America Latina, a Beijing-Shangai-Jiangsu-Guangdong (Cina) e in Indonesia studenti con simili background sociali sono maggiormente concentrati in determinate scuole.
Tra i Paesi OCSE, Finlandia, Norvegia e Svezia presentano in questo senso il minor tasso di segregazione.
In molti Paesi è più facile trovare scuole con una maggior concentrazione di studenti socio-economicamente avvantaggiati piuttosto che di studenti svantaggiati (l’Italia da questo punto di vista non presenta differenze di concentrazione per nessuno dei due gruppi).
I risultati di PISA 2015 evidenziano però come in molti Paesi la segregazione in base ai risultati scolastici è maggiore di quella dovuta a fattori socio-economici.
I sistemi di istruzione con più alti livelli di segregazione tendono a fornire opportunità di apprendimento meno eque. L’analisi dei dati porta a concludere che gli studenti svantaggiati socio-economicamente sono penalizzati dalla segregazione socio-economica e dalla assenza di variabilità nelle proposte curricolari ed extracurricolari nelle scuole. Infatti ciò può condurre alla privazione di opportunità di apprendere, comunicare e giocare con studenti di differente condizione socio-economica, culturale ed etnica, il che è una minaccia alla coesione sociale.
Le politiche di istruzione devono affrontare con attenzione questo fenomeno per ridurre il rischio di classificazione e segregazione degli studenti.
I genitori dei quindicenni conoscono i compagni di classe dei loro figli e i loro genitori?
COSA DICE IL FOCUS n. 98
Nei Paesi OCSE i genitori dei quindicenni affermano di conoscere per nome in media cinque dei compagni di classe dei loro figli e quattro tra i genitori dei compagni di classe dei loro figli.
Nella maggior parte dei Paesi, i genitori i cui figli frequentano scuole socio-economicamente avvantaggiate conoscono un numero maggiore di compagni dei loro figli e di genitori dei compagni dei figli rispetto ai genitori di scuole socio-economicamente svantaggiate.
Gli studenti che hanno genitori che conoscono sia un maggior numero di loro compagni sia un maggior numero di altri genitori hanno punteggi più alti nel problem solving collaborativo e riportano un minor numero di esperienze di bullismo. Inoltre è più probabile che i loro figli sviluppino comportamenti collaborativi e si sentano più felici e sicuri a scuola. Queste competenze si sviluppano naturalmente nelle interazioni di ogni giorno e possono evolvere in amicizie.
Per sviluppare queste relazioni le scuole dovrebbero fornire un’atmosfera accogliente, organizzare feste ed eventi culturali per studenti e famiglie, creare opportunità per i genitori in modo da coinvolgerli nella vita scolastica e nella condivisione delle regole di comportamento dei figli.
I buoni risultati scolastici possono favorire la mobilità educativa verso l’alto degli studenti di condizioni socio – economiche svantaggiate?
COSA DICE IL FOCUS n. 99
Circa il 41% degli adulti possiede un diploma di studi di grado superiore a quello dei loro genitori (dati PIAAC).
Tuttavia la mobilità educativa verso l’alto prevale meno nelle coorti dei più giovani rispetto alle coorti di età più avanzata (l’Italia è in controtendenza con questo dato medio).
Gli adulti i cui genitori hanno un’educazione terziaria hanno mediamente una probabilità 11 volte maggiore di completarla loro stessi rispetto ad adulti i cui genitori non hanno completato l’istruzione secondaria di primo grado (dati PIAAC; per l’Italia questo rapporto è 25).
I quindicenni socio-economicamente svantaggiati che hanno ottenuto punteggi in PISA 2000 nel primo quartile in lettura hanno tra il 18% e il 34% di probabilità in più di completare l’università intorno ai 25 anni di età rispetto agli studenti socio-economicamente avvantaggiati che si sono posizionati nell’ultimo quartile in lettura (dati longitudinali basati su cinque Paesi OCSE).
La mobilità educativa verso l’alto si è quindi ridotta nelle ultime decadi e la probabilità di completare l’educazione terziaria resta altamente disuguale tra studenti svantaggiati e avvantaggiati.
Le politiche di istruzione per promuovere l’equità nell’educazione terziaria devono individuare le disparità sociali già nel segmento della scuola dell’obbligo in modo da ridurre, anche attraverso le pratiche scolastiche, le differenze causate dalle disparità socio-economiche.
Il senso di appartenenza degli studenti alle scuole è diminuito nel tempo?
COSA DICE IL FOCUS n. 100
Nel 2015 la maggioranza degli studenti che hanno partecipato all’indagine PISA ha dichiarato di sentirsi parte della comunità scolastica, ma questo dato è comunque in diminuzione, nella maggior parte dei Paesi, se raffrontato con il dato del 2003. Il dato è importante in quanto, in media nei Paesi OCSE, gli studenti che non si sentono parte della comunità scolastica hanno una probabilità tre volte maggiore di sentirsi insoddisfatti della loro vita rispetto a studenti che vivono il senso di appartenenza. Inoltre gli studenti che non si sentono parte della comunità scolastica ottengono in scienze un punteggio mediamente inferiore di 22 punti rispetto agli altri studenti.
Allo scopo di sostenere il senso di appartenenza alla scuola è necessario che dirigenti scolastici e docenti aiutino gli studenti a rischio di esclusione a stringere più stretti legami con i propri pari e con gli educatori. Naturalmente le strategie per il benessere scolastico non devono essere rivolte solo agli adolescenti a rischio ma coinvolgere l’intera comunità scolastica.