Niente cultura niente sviluppo
La bellezza può essere intesa anche come un bel gesto che si fa in maniera del tutto disinteressata, in uno dei miei ultimi libri intitolato “Metti l’amore sopra ogni cosa” la bellezza è strettamente legata al riconoscimento di ciò che può essere il nostro bene anche in piccole azioni quotidiane, e ciò che ci può rendere felici è proprio la capacità di fare gesti del tutto disinteressati, mi verrebbe quindi da dire che “fare un bel gesto al giorno, toglie il medico di torno”.
Voglio parlare questa mattina del pensiero critico, questa idea nasce da discorsi che abbiamo sentito poco fa sul patrimonio culturale perché nel 2012, sul quotidiano Il Sole 24 ore, avevo lanciato un manifesto per la cultura che si intitolava “niente cultura niente sviluppo”, dove mi sono messo in gioco personalmente anche come filosofo su questioni contemporanee. La proposta più importante che si poteva fare per la scuola, era quella di utilizzare alcuni concetti di filosofia che fossero utili per tutti.
Non solo la filosofia fatta in maniera erudita e competente che si insegna ai licei e alle università, ma anche si collegasse alla cittadinanza.
Stilai quindi alcune pagine per insegnare il pensiero critico per spiegarlo al cittadino di oggi, in un paese che purtroppo è dominato, in alcuni casi dal male assoluto come ad esempio la situazione degli analfabeti funzionali, che raggiungono almeno il 40% (rispetto ad una media europea del 20%). Analfabetismo funzionale inteso come incapacità di leggere un testo capendo bene quale sia la funzione del medesimo e che cosa effettivamente ci vuole dire.
Il ruolo della retorica nell’insegnamento
Spesso a scuola, soprattutto nei licei classici, non si insegna una cosa meravigliosa: la retorica, non come la insegnava Aristotele perché essa implica anche una certa capacità di evasione, è un esercizio di pensiero critico molto importante e per riuscire a farlo serve capacità di catturare l’attenzione in un certo modo.
La retorica è importante anche per poter prendere decisioni, cioè guardare più al futuro che al passato: da un lato possiamo utilizzarla per guardare al passato e descrivere quanto è importante il nostro passato.
Essa aiuta anche a ricordare l’esperienza artistica: è stato più volte dimostrato che le attività cognitive sono più sviluppate nei bambini che fanno pratica artistica di qualsiasi genere.
Sviluppare pensiero critico fin da bambini
Il pensiero critico negli adulti è un pensiero critico che consiste nell’evitare di farsi ingannare con una serie di falsi argomenti o false tecniche di argomentazione che si sentono quotidianamente come ad esempio nei talk show. C’è un bellissimo libro di Schopenhauer intitolato “L’arte di ottenere ragione” dove spiega le tecniche per aver ragione anche quando si è in torto.
Per gli adulti quindi il pensiero critico, riguarda alcune competenze relative alla capacità di smontare tutta una serie di trappole mentali nelle quali possiamo cadere con falsi ragionamenti, il saper ribattere e il saper sostenere la propria tesi.
Il problema che questo pensiero critico, non è direttamente trasportabile al mondo dei bambini. Pertanto insegnare a pensare in maniera critica in un’età in cui il cervello non è del tutto adatto, è un buon allenamento per costruire il proprio mondo a piccole fasi, combinando assieme l’insegnamento dell’arte.
Il vero, il bello e il gusto in chiave filosofica
Una delle cose più criticate nella storia della filosofia è proprio l’idea del vero, del bello e del giusto.
Platone racconta che non bisogna dire favole ai bambini, in realtà i miti platonici sono degli esperimenti mentali, delle narrazioni tipicamente filosofiche, che sono utilissime per sviluppare spirito critico fin dall’infanzia. I bambini di 5-6 anni, attraverso la storia di un eroe o un mito, capiscono certi aspetti e in maniera inconscia sviluppano un senso proprio di valutazione tra buono e vero contro il brutto e sbagliato.
Nella storia di Gige, c’è chi sostiene che qualunque uomo se avesse il superpotere di poter diventare invisibile, farebbe il male ed invece sia Socrate sia Platone, ritengono che tale analisi sia sbagliata.
Nel caso invece della storia dell’uomo intrappolato nella caverna, ho cercato di creare una motivazione di fondo alla filosofia, perché nel momento in cui il prigioniero (sia esso il bambino davanti al videogioco o davanti alla televisione, oppure l’operaio nella fabbrica, … le analogie in questi casi funzionano molto bene) esce dalla sua caverna andando verso il Sole, si acceca e pian pano si abitua a questa nuova luce e questa ha tutti i tratti di una ascesa filosofica.
Una volta che una persona ha fatto questa ascesa filosofica, ma anche un ragazzo, insieme agli altri ragazzi, ha visto la bellezza, ha visto che la bellezza è uguale al bene, la quale coincide anche con il giusto, chi gliela farà fare di tornare nella caverna?
Io credo nella grande importanza di questo convegno, quella di convincerci che comunque è importante ed essere motivati nel ritornare nella caverna laddove, appena torneremo, saremo ancora accecati dalla luce esteriore.
È per questo che le persone competenti, che amano la bellezza e la cultura sono in una condizione di svantaggio in una società odierna, non tanto perché non possiedono cultura, ma semplicemente perché si è creata una situazione tale per cui l’analfabetismo funzionale porta a determinare condizioni, laddove la maggior parte delle persone pensa in ugual maniera solo perché più facile e più comodo.
Il mio grande valore civile è quello di collegare la cittadinanza con lo sviluppo della sensibilità e pratica artistica perché permette di raggiungere anche altre facoltà di tipo cognitivo.
Questa mia idea del pensiero critico, si orienta di più verso gli aspetti cognitivi, sul consolidare fin da piccoli, non tanto una creazione mediata del pensiero critico (che verrà poi sviluppata tra i dodici e i sedici anni) quanto sul saper discutere con gli altri, affermare una propria opinione, essere consapevoli delle proprie affermazioni. Come ad esempio, nel mio racconto di Socrate da bambino che interrogai genitori sul “perché, perché, perché, …” fino allo sfinimento dei genitori e la cosa continuerà fino alla sua terza età.
Nella mia idea proposta originale sulla cittadinanza, c’era quella di collegare la cittadinanza alla Costituzione (oggi potrebbe essere ripresa con la re-introduzione dell’eduzione civica).
Durante questi anni nelle riflessioni che ho potuto valutare non c’è l’idea che l’educazione civica debba essere sviluppata parallelamente allo sviluppo cognitivo, cosa che io invece trovo molto importante perché noi dobbiamo creare dei cittadini di domani che siano capaci di seguire le regole e capire cosa dice la Costituzione.
E la felicità?
Scrivere libri per me è un bel esercizio anche per me, perché mi permette di scrivere le storie dei grandi filosofi del passato per attuarle in cose utili anche per le persone di oggi, che possono servire agli insegnanti e non solo ai bambini.
Era nella mia intenzione fissare quelle idee fondamentali, ancora oggi, per la nostra crescita e per l’evoluzione della nostra civiltà.
Vorrei chiudere con questa bella storia: ero stato invitato al festival “Segni d’infanzia” a Mantova, dove mi avevano affidato la lezione di apertura in cui parlavo della felicità, raccontando una favola su una cicogna.
Ho costruito un discorso filosofico, semplice, in cui parlavo di cosa fosse la felicità, le varie tipologie e le diverse concezioni, alla fine di questo incontro posi una domanda ai bambini presenti in sala “che cos’è per voi la felicità?”. Tutti i bambini alzarono le mani per poter rispondere secondo il loro parere.
C’erano in sala anche dei ragazzi più grandi di circa 16-18 anni, ai quali posi la medesima domanda e nessuno intervenne.
Questo mi ha fatto pensare e riflettere sul nostro sistema scolastico, perché a volte il modo di pensare e di lavorare a scuola spegne la volontà di fare domande o di esprimere opinioni.
Chiudo dicendo che “giocare e imparare, quando il gioco è intelligente, sono due cose che devono andare sempre a braccetto”.