Un’intervista al responsabile nazionale SNV, Roberto Ricci
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[stextbox id=”domanda” caption=”A. Cenerini”]Innanzitutto grazie per la disponibilità all’intervista in un momento di così pressanti impegni. Crediamo che sia opportuno mantenere l’attenzione sull’importante lavoro che state facendo all’INVALSI, non solo con le rilevazioni nazionali ma anche nei confronti delle indagini internazionali. Per questo vorremmo riprendere alcune informazioni in relazione alla recentissima pubblicazione di PIRLS e TIMMS 2011. Poche parole in premessa per chiarire come l’INVALSI vi si è rapportato, quali competenze sono indagate e qual è la popolazione scolastica coinvolta.[/stextbox]
[stextbox id=”risposta” caption=”R. Ricci”]D’accordo. L’11 dicembre 2012 la IEA (International Association for the Evaluation of Educational Achievement) ha reso disponibili sul proprio sito i risultati delle ricerche PIRLS 2011 (Progress in International Reading Literacy Study) e TIMSS 2011 (Trends in International Mathematics and Science Study) alle quali hanno partecipato circa 50 Paesi in tutto il mondo.
In contemporanea all’uscita del rapporto internazionale, l’INVALSI ha pubblicato il rapporto nazionale con gli esiti italiani nelle due rilevazioni, confrontandoli con quelli degli altri Paesi partecipanti.
La ricerca PIRLS è rivolta agli alunni della quarta primaria e riguarda la misura delle competenze nella comprensione della lettura, mentre l’indagine TIMSS è effettuata nel quarto e nell’ottavo anno di scolarità , e misura le competenze in matematica e nelle scienze naturali.[/stextbox]
[stextbox id=”domanda” caption=”A. Cenerini”]In Italia si è acquisita una certa familiarità con l’indagine OCSE-PISA, molto meno con le indagini IEA, PIRLS e TIMMS.
Sarebbe pertanto opportuno chiarire quali sono le differenze fra queste indagini.[/stextbox]
[stextbox id=”risposta” caption=”R. Ricci”]Le indagini IEA sono progettate in modo parzialmente differente rispetto alla ricerca OCSE-PISA (Programme for International Student Assessment), alla quale partecipano oltre 70 Paesi e che è sicuramente più famosa, benché più recente.
Sia le rilevazioni IEA sia quella PISA sono indagini campionarie, ma il disegno rispetto al quale esse sono realizzate è in parte diverso.
Le ricerche IEA sono somministrate a un campione di studenti formato da una o due classi intere per ogni scuola selezionata, mentre le prove PISA sono presentate a un gruppo di studenti, di norma 35-40, di 15 anni che frequenta la scuola campionata, ma senza tenere in considerazione il gruppo-classe.
La scelta effettuata dalla IEA permette di focalizzare maggiormente l’attenzione sull’elemento classe e, di conseguenza, sul rapporto tra curriculum insegnato e curriculum appreso.
La ricerca PISA, invece, concentra maggiormente la propria attenzione sul livello di competenza acquisita dagli allievi a 15 anni, indipendentemente dalle caratteristiche e dai contenuti dell’insegnamento ricevuto.[/stextbox]
[stextbox id=”domanda” caption=”A. Cenerini”]Chiarita la differenza di campionatura, di popolazione scolastica e gruppi di età considerati, è importante conoscere la differenza nella struttura dei test e dei quadri di riferimento utilizzati in OCSE-PISA e nelle indagini IEA. E ancora è particolarmente rilevante sapere se esiste una qualche coerenza tra i test IEA e i curricoli scolastici italiani.[/stextbox]
[stextbox id=”risposta” caption=”R. Ricci”]Le prove della IEA si basano su un quadro di riferimento che presenta delle differenze, anche significative, rispetto a quello PISA. Quest’ultimo pare puntare maggiormente sulle competenze e sui processi cognitivi, mentre il quadro di riferimento della IEA ha una caratterizzazione più forte sui contenuti, anche se non mancano affatto gli aspetti più legati ai processi cognitivi. Proprio per questo i quadri di riferimento di TIMSS, ma anche di PIRLS, sono più vicini ai quadri di riferimento prodotti dall’INVALSI e che sono alla base delle prove standardizzate del Servizio nazionale di valutazione.
Inoltre, i quadri di riferimento IEA sono sostanzialmente coerenti con le attuali Indicazioni Nazionali e questo è molto importante poiché è più facile leggere gli esiti delle prove IEA, anche rispetto alle categorie sulle quali sono basate le Indicazioni stesse.[/stextbox]
[stextbox id=”domanda” caption=”A. Cenerini”]A tutti sono ormai noti i risultati PISA, e molti sono tentati di compararli con quelli IEA, così come è forte la tentazione di compararli con i risultati INVALSI.
Sono operazioni plausibili?[/stextbox]
[stextbox id=”risposta” caption=”R. Ricci”]Le differenze dei quadri di riferimento delle ricerche IEA e quelle promosse dall’OCSE tramite PISA non ne rendono immediatamente comparabili gli esiti, anche se un’attenta lettura, più centrata sui processi cognitivi che sugli esiti medi, può permettere l’individuazione di linee di sviluppo che emergono dalle ricerche PISA, da quelle IEA e da quelle INVALSI.
Le rilevazioni internazionali e quelle realizzate da INVALSI condividono alcuni obiettivi, mentre altri sono propri di ciascuna indagine e rappresentano la ragione che ne motiva la realizzazione. Sia le prime sia le seconde sono progettate per fornire al sistema scolastico un’informazione complessiva, dettagliata secondo le dimensioni definite nei quadri di riferimento, sugli esiti realizzati in alcuni ambiti di competenza fondamentali.
Mentre le rilevazioni internazionali nascono con lo scopo di effettuare, per definizione, un confronto su scala internazionale, quelle nazionali, in Italia promosse da INVALSI, sono invece concentrate sul sistema scolastico del Paese, ancorate quindi saldamente alle Indicazioni Nazionali che costituiscono il punto di riferimento fondamentale per la definizione del curriculum progettato, insegnato e appreso all’interno delle scuole italiane.
Un ulteriore elemento di differenziazione tra le indagine IEA, ma un ragionamento analogo potrebbe essere proposto anche per quelle OCSE-PISA, e quelle INVALSI risiede nel fatto che queste ultime desiderano fornire alle singole scuole, donde la loro natura censuaria, informazioni sugli esiti dei loro studenti, per promuovere un processo di valutazione e di autovalutazione in un’ottica di comparazione con i risultati conseguiti dalle altre scuole.[/stextbox]
[stextbox id=”domanda” caption=”A. Cenerini”]Soddisfatti questi fondamentali chiarimenti sulla tipologia delle indagini, veniamo agli esiti delle prove.
Come si colloca l’Italia nel quadro internazionale?[/stextbox]
[stextbox id=”risposta” caption=”R. Ricci”]L’analisi comparativa degli esiti delle rilevazioni IEA 2011 mostra una situazione dell’Italia non molto dissimile da quella degli altri Paesi che rappresentano un naturale termine di paragone, ossia i Paesi OCSE e UE.
Tuttavia, è possibile riscontrare alcune peculiarità, alcune positive, altre che meritano un’attenta riflessione.
Tra le prime è certamente da annoverarsi la maggiore inclusività della scuola italiana quando la si misura in termini di allievi con scarse competenze. Si riscontra, infatti, che tali percentuali sono in Italia piuttosto basse e, sovente, inferiori a quelle degli altri Paesi OCSE e UE.
Il sistema scolastico del Paese sembra, invece, più in difficoltà a coltivare i livelli elevati di competenza che sono spesso meno rappresentati in Italia rispetto agli altri Paesi.
Ciò deve portare a un’attenta riflessione sull’equità del sistema che, se da un lato, deve garantire basse percentuali di allievi con modesti livelli di competenza, allo stesso tempo, però, deve ottenere significative quote di allievi che conseguono risultati elevati. Trascurare uno dei due aspetti a favore dell’altro vorrebbe dire ragionare in termini di equità dimidiata, di per sé insufficiente per garantire lo sviluppo culturale e sociale del Paese.
Meritano, inoltre, alcune riflessioni i risultati meno soddisfacenti dell’Italia nei domini cognitivi che implicano da parte degli studenti maggiori sforzi di ragionamento e argomentazione, come, peraltro, si rileva anche nelle indagini nazionali condotte annualmente dall’INVALSI sugli stessi livelli scolastici o su livelli molto simile[/stextbox]
[stextbox id=”domanda” caption=”A. Cenerini”]Le indagini IEA forniscono anche le comparazioni con i risultati delle indagini precedenti.
Per l’Italia c’è qualche elemento significativo a questo proposito?[/stextbox]
[stextbox id=”risposta” caption=”R. Ricci”]Sì certamente. Quello che pare molto incoraggiante è il recupero del divario negativo che l’Italia aveva mostrato in TIMSS 2007 nella prova di matematica nell’ultimo anno della scuola secondaria di primo grado. È difficile individuare tutte le determinanti che possono aver contribuito al raggiungimento del predetto esito positivo, tuttavia, pare interessante osservare che proprio nell’a.s. 2007-2008 sono state introdotte le prove standardizzate di italiano e matematica nella scuola del primo ciclo. Esse sono definite all’interno di quadri di riferimento molto vicini, pur con delle differenze dovute alla peculiarità del sistema scolastico italiano, a quelli proposti a livello internazionale.
Sembra quindi possibile avanzare una prima, seppur parziale, ipotesi interpretativa del miglioramento riscontrato, ossia che le prove nazionali abbiano favorito indirettamente la focalizzazione della didattica sui domini di contenuto e cognitivi che a livello nazionale e internazionale si ritengono cruciali per innalzare il livello di competenza matematica degli allievi di 12-13 anni, cioè al termine del nostro primo ciclo d’istruzione.[/stextbox]
[stextbox id=”domanda” caption=”A. Cenerini”]Grazie davvero per queste importanti informazioni, fornite con la chiarezza e insieme il rigore che caratterizza da sempre l’esposizione e l’azione del responsabile nazionale del Servizio di Valutazione, una delle poche luci nel panorama nebbioso dell’istruzione in Italia.[/stextbox]