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Addio Ferran, maestro e amico

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Il 29 luglio, nella sua Barcellona, Ferran Ferrer ci ha lasciato, dopo aver combattuto per un anno contro la malattia. Il ricordo di Alessandra Cenerini e la riproduzione di una lontana intervista ( 2004) sulla decentralizzazione dell’istruzione, di cui era un convinto sostenitore

E’ morto Ferran Ferrer, ordinario di educazione comparata all’Università di Barcellona, collaboratore scientifico dell’ADi

br_ferran1In una torrida sera di luglio, nella sua Barcellona, Ferran Ferrer ci ha lasciato, dopo aver combattuto per un anno contro la malattia. C’eravamo conosciuti, attraverso Norberto Bottani, nel lontano 2003 in occasione del primo convegno dell’ADi sulla decentralizzazione. D’allora ci ha sempre seguito, è stato prodigo di consigli e ha partecipato con grande disponibilità a vari seminari internazionali dell’associazione.

Lascia una preziosa elaborazione scientifica e un acuto struggimento nei suoi allievi. Un grande docente e un grande ricercatore.

Insieme a Norberto Bottani ha aiutato l’ADi ad aprirsi alla comparazione internazionale, rendendo la nostra associazione abbastanza unica nel panorama nazionale.

Da catalano e da socialista, era un convinto sostenitore della decentralizzazione e dei poteri delle autonomie locali. Ricordo il suo incredulo stupore quando al seminario dell’ADi del 2003 constatò le resistenze italiane, in particolare della sinistra, nei confronti della realizzazione del nuovo Titolo V della nostra Costituzione.

Gli feci allora un’intervista, perché ci indicasse le ragioni che lo portavano ad essere un così convinto sostenitore della decentralizzazione dell’istruzione. Mi piace riprodurre qui quell’intervista, che mantiene intatta la sua attualità.

Addio Ferran, amico e maestro.

Alessandra Cenerini

29 luglio 2013

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Perché sostengo
la decentralizzazione dell’istruzione”

intervista di Alessandra Cenerini a Ferran Ferrer (2004)

br_ferran2A.C. • Ferran, tu hai partecipato al seminario dell’ADi del novembre 2003, La Scuola in Italia e nei Paesi europei: modelli di decentramento a confronto“, con un’esemplare relazione sulla decentralizzazione dell’istruzione in Spagna. In quella circostanza ti sei dimostrato molto stupito di fronte alle resistenze italiane, in particolare della sinistra, nei confronti della realizzazione del nuovo Titolo V della Costituzione. Vorrei allora che tu ci indicassi sinteticamente quali sono le ragioni che ti portano ad essere un così convinto sostenitore della decentralizzazione dell’istruzione

br_ferran3F.F. • E’ vero, sono rimasto molto sorpreso dalla posizione dei partiti di sinistra e di alcuni settori progressisti degli insegnanti nei confronti della decentralizzazione dell’istruzione. Mi sembra contraddittorio che politiche che tradizionalmente hanno sostenuto la “vicinanza ai bisogni delle persone” assumano una posizione che tende ad allontanare la gente dai centri della decisione politica. Con i dovuti distinguo, mi ricordano un po’ il principio “governare per il popolo ma senza il popolo“, col che si intende che lasciar troppo potere nelle mani dei cittadini è pericoloso, perché possono farne cattivo uso (nello specifico, creare disuguaglianze fra comunità, regioni, ecc…. ). In tutta sincerità non solo credo che questo atteggiamento riveli un notevole grado di sfiducia verso le regioni, i comuni e la società civile, ma penso anche che lasciare in mano alla destra la bandiera della difesa della decentralizzazione sia un grave errore strategico per il futuro dei partiti e dei movimenti di sinistra.

Devo aggiungere che la decentralizzazione politica – nell’ambito dell’istruzione e in altri settori fondamentali per l’avvenire delle nostre società – è stata sempre soggetta a pregiudizi e manipolazioni. Non è strano pertanto che questo tema provochi reazioni contrastanti. Si deve riconoscere che la decentralizzazione è stata sostenuta da punti di vista ideologicamente opposti, visto che i processi e gli usi che se ne fanno possono esser molto diversi in funzione di chi li gestisce. L’esperienza latino-americana, troppo influenzata dall’ottica della Banca Mondiale, è un tipico esempio di quello che sto dicendo.

La letteratura pedagogica ha segnalato in molte occasioni i vantaggi che comportano i processi di decentralizzazione educativa .

E cioè:
1) avvicinare la cittadinanza alle tematiche educative,
2) promuovere il protagonismo degli attori dell’educazione (insegnanti, alunni, digenti scolastici, ispettori, …) nell’assunzione delle decisioni e – di conseguenza – una loro maggiore responsabilizzazione nella pratica educativa,
3) risolvere con maggior efficacia ed efficienza i problemi che sorgono nella comunità educativa,
4) contestualizzare meglio l’educazione che si impartisce agli alunni.

Fra tutti, il punto che mi sembra più sostanziale è quello che riveste maggiori risvolti politici: dare ai cittadini e agli attori dell’educazione un ruolo di protagonisti in materia d’istruzione. Riconosco, tuttavia , che per questo devono esser date alcune condizioni che consentano di esercitare in modo responsabile tale potere civico e che si devono prevedere strategie e meccanismi di riequilibrio per evitare possibili diseguaglianze

br_ferran2A.C. • La recente riforma della scuola italiana, legge 53/03, prevede che sia riservata alle Regioni una quota dei piani di studio “relativa agli aspetti di interesse specifico delle stesse”. Questo comma è stato da molti contestato, mentre a noi pare del tutto legittimo. Ora ti chiedo: in Spagna, dove la legge assegna alle Regioni -le vostre Comunità autonome- dal 35% al 45% del curricolo, questa ripartizione ha creato problemi? Come è stata accolta dalle scuole?

 

br_ferran3F.F. • In generale si può affermare che la ripartizione percentuale del curricolo tra Comunità Autonome e Stato non ha creato complessivamente grandi problemi in Spagna . Essa ha piuttosto rafforzato il ruolo e la responsabilità delle Comunità, dal momento che devono gestire, insieme alle scuole e agli insegnanti, una parte significativa di ciò che s’insegna in classe. Inoltre, è servita a contestualizzare meglio i contenuti dell’insegnamento e a fare “riscoprire” la storia specifica delle proprie regioni e dei propri comuni che con il precedente curricolo nazionale era stata totalmente dimenticata.

Ciononostante, si deve riconoscere che in alcune Comunità autonome si son creati problemi a questo riguardo. In particolare in quelle governate per anni da partiti nazionalisti (Paese Basco e Catalogna). Queste regioni sono state accusate da determinati settori politici e accademici di promuovere un curricolo eccessivamente particolaristico (o “localistico”), privo di legami con la parte di curricolo che è di responsabilità del governo spagnolo. A questo riguardo bisogna evidenziare tre aspetti che possono aiutare a meglio comprendere la questione. Il primo è che il Paese Basco e la Catalogna sono considerati da una parte significativa degli storici catalani e baschi come “nazioni senza Stato“. Di qui il loro interesse a costruire, a partire da questo spazio curricolare, una certa coscienza di appartenere a un Paese specifico. In secondo luogo, e come si può dedurre da quanto detto finora, i conflitti si son prodotti con le materie dell’ambito umanistico (geografia, storia, letteratura, …), poiché sono queste che maggiormente contribuiscono a costruire l’identità nazionale. In terzo luogo, si deve esser consapevoli che ripartire il curricolo tra due o più amministrazioni pubbliche è un po’ complicato, poiché è difficile delimitare dove comincia e dove termina l’ambito proprio di ciascuna di esse. Che significa, per esempio, che lo Stato assume il 65% del curricolo e la regione il 35%? Come si realizza questa suddivisione? Personalmente credo che su tali questioni siano molto importanti le politiche di negoziazione e condivisione. La Conferenza degli assessori all’istruzione delle Comunità Autonome, che esiste in Spagna, deve su questo terreno giocare un ruolo ancora più incisivo di quello che ha attualmente. Possiamo affermare che a maggiore decentralizzazione deve corrispondere maggiore necessità di negoziazione, consenso e tolleranza.

In definitiva, più problemi specifici ma, senza dubbio, una maggior ricchezza e un’educazione più adeguata alla realtà sociale, politica e culturale dei cittadini.

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A.C. • Una questione che a noi interessa particolarmente è conoscere su quali materie le vostre Regioni hanno potere d’intervento.

 

br_ferran3F.F. • Le responsabilità delle regioni sono sempre condivise con il governo spagnolo. Per questo motivo, a differenza di altri Paesi in cui le regioni hanno un proprio sistema educativo (per esempio, in Belgio, nei Länder tedeschi e nei Cantoni svizzeri), nel caso della Spagna si deve far riferimento a un solo sistema educativo con differenze specifiche significative nelle diverse Comunità Autonome .

Si possono citare vari casi per capire meglio a cosa ci stiamo riferendo.

Per esempio, il reclutamento degli insegnanti nelle scuole pubbliche è regolato a livello statale attraverso la definizione dei requisiti necessari per l’accesso; mentre le prove di concorso (in concreto, la loro organizzazione) sono gestite da ciascuna Comunità Autonoma.

Altro esempio: i criteri di finanziamento delle scuole private sono stabiliti dal governo spagnolo, ma la loro applicazione in termini più estesi o restrittivi è di competenza di ogni Comunità Autonoma.

Se facciamo riferimento agli “Organi di Governo e Partecipazione” degli istituti scolastici si ha una situazione analoga alle precedenti. La normativa generale è stabilita dal governo spagnolo (il procedimento da seguire per selezionare un dirigente, la composizione e le funzioni del Consiglio scolastico in ogni istituto, ecc…), mentre l’applicazione e il controllo sul territorio sono delegati a ciascuna Comunità Autonoma.

Questo modo di gestire il sistema educativo in maniera condivisa non è sempre sostenuto da tutti. I fautori del trasferimento di maggiori poteri alle Comunità Autonome ritengono che le responsabilità dovrebbero – almeno in gran parte – essere esclusive delle Comunità Autonome. Questa posizione è più forte in quelle regioni che hanno una propria tradizione storica (come nel caso della Catalogna, del Paese Basco o della Galizia).

Nel resto della Spagna, in generale, non si mette in discussione l’attuale ripartizione delle responsabilità, sebbene il precedente governo del Partito Popolare abbia manifestato una chiara intenzione centralizzatrice in diversi settori, come nel caso dell’istruzione. Tuttavia, il sostegno degli insegnanti e delle associazioni di genitori su questa questione è stato francamente minoritario.

Tutto ciò indica che più di venticinque anni di esperienza costituzionale del “nuovo stato delle autonomie in Spagna sono serviti per consolidare l’idea che la decentralizzazione educativa, nonostante le controversie, comporta più benefici che inconvenienti.

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A.C. • Grazie Ferran, per la chiarezza della tua esposizione e per gli ulteriori elementi di conoscenza e di analisi che ci hai fornito

 

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LINK AD A DUE RELAZIONI DI FERRAN FERRER SVOLTE NEI SEMINARI INTERNAZIONALI ADI

Seminario internazionale  ADi 2008, Perché l’acqua bolle?- Relazione di Ferran Ferrer, Fattori di successo e d’insuccesso in PISA: un’analisi comparata fra 4 paesi 

Seminario internazionale  ADi 2010, Perché mi bocci?- Relazione di Ferran Ferrer, Gli insegnanti nella sfida della personalizzazione

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