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Un indimenticabile incontro di intelligenze, emozioni e suggestioni
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Nella calda atmosfera dell’antico salone della biblioteca di San Domenico si sono dipanate, in un clima di grande partecipazione intellettuale ed emotiva, le due giornate del seminario Perché mi bocci? La sfida dell’apprendimento personalizzato, organizzato dall’ADi e dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di S. Paolo.
Una partecipazione assolutamente fuori dal consueto, che ha costretto i responsabili dell’organizzazione a chiudere le iscrizioni una settimana prima del previsto.
E’ stata palpabile per tutte le sessioni la voglia di approfondire e confrontarsi, di scorgere i profili di una scuola nuova entro cui i giovani del XXI secolo non si sentano E.T., come la mascotte del nostro seminario.
La sfida della personalizzazione
Jean-Claude Ruano-Borbalan, Roberto Cubelli e Ferran Ferrer hanno delineato, nella prima sessione, le ragioni che spingono a passare da un insegnamento uniforme ad un apprendimento personalizzato. Un termine polisemico di cui va colta l’essenza che si trova racchiusa nella domanda:« Come possiamo rendere possibile l’acquisizione dei saperi da parte di tutti i giovani? Come possiamo fare in modo che ciascuno riesca a valorizzare il proprio specifico potenziale di innovazione e di creatività? »
Ruano-Borbalan ha illustrato in modo convincente l’eclissi del modello scolastico occidentale, e le prospettive che si delineano per il suo superamento.
Roberto Cubelli ha presentato e discusso in modo suggestivo i diversi livelli dei processi cognitivi che sono coinvolti nello studio e possono favorire o ostacolare un apprendimento personalizzato.
Ferran Ferrer ha messo in luce, in un’ampia e approfondita panoramica, le modificazioni che si determinano nella professione docente quando si affronta la personalizzazione dell’apprendimento.
Le esperienze di personalizzazione in alcuni Paesi europei
La seconda sessione è stata interamente dedicata alla presentazione di esperienze di personalizzazione in alcune scuole di altri Paesi europei.
L’inglese Trish Franey ha proposto un interessantissimo modello realizzato a Outwood Grange College, una scuola secondaria di Wakefiled (Yorkshire) per studenti di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, dove si tenta di dare attuazione al motto inciso sullo stemma dell’istituto: Students First
(Gli studenti prima di tutto)
I finlandesi Heikki Kotilainen e Hanna Kosonen hanno illustrato le modalità di personalizzazione attuate all’Istituto Lauttasaaren yhteiskoulu di Helsinki, che comprende la scuola media e il liceo, suscitando molta “invidia” per le condizioni strutturali ottimali in cui operano.
Infine gli svizzeri Emanuele Berger e Mario Donati hanno esposto, in una brillante relazione, alcuni elementi significativi di quanto si sta attuando nel Canton Ticino sul piano della differenziazione pedagogica.
Personalizzazione come condizione per garantire equità e qualità educativa
Con un’affascinante relazione David Hopkins, uno dei padri della personalizzazione, ha sottolineato le finalità etiche della personalizzazione dell’apprendimento: una scuola capace di soddisfare i bisogni, gli interessi e le attitudini dei singoli dando “voce” agli studenti.
La relazione ha chiarito come un sistema caratterizzato dalla personalizzazione abbia come premessa il coinvolgimento attivo degli studenti nella formulazione dei piani di studio, dei traguardi del loro apprendimento e nella scelta dei modi di imparare.
La personalizzazione sfida alcune delle attuali contrapposizioni e divisioni, per esempio tra apprendimento formale e informale, tra apprendimento accademico e professionale, tra età diverse degli allievi.
Hopkins ha insistito a lungo sul contenuto morale della personalizzazione dell’apprendimento: offrire ad ogni singolo bambino l’opportunità di dare il meglio di sè, qualsiasi sia il suo talento o il suo background. E nel fare questo, ha sottolineato con convinzione, non si tradisce l’eccellenza, ma al contrario la si realizza.
Infine Hopkins ha delineato in modo puntuale quali sono gli strumenti e le tappe per generalizzare l’apprendimento personalizzato.
Decentralizzazione e autonomia scolastica:
condizioni per garantire a tutti le competenze essenziali e valorizzare le eccellenze
Nell’introdurre la tavola rotonda conclusiva, Carlo Marzuoli ha ricordato che la personalizzazione impone un rinnovamento profondo del sistema dell’istruzione, in cui la decentralizzazione e l’autonomia scolastica meritano primaria attenzione. Ad esse occorre collegare uno stato giuridico del personale docente e dirigente che dia unitarietà nazionale alla professione, ma che contestualmente sottragga allo Stato il ruolo di “datore di lavoro”, che va costituzionalmente decentralizzato alle Regioni e alle scuole autonome.
Sono intervenuti nella discussione con grande competenza Giovanni Biondi, direttore del MIUR, Annamaria Poggi presidente della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, Alberto Felice De Toni, ordinario di gestione di sistemi complessi alla Facoltà di ingegneria dell’Università di Udine e presidente della Commissione per l’istruzione tecnica, Paolo Ferri, Professore di Teoria e Tecnica dei Nuovi Media all’Università di Milano Bicocca, Norberto Bottani, analista di politiche educative, consigliere scientifico dell’ADi e membro del Consiglio della Fondazione per la Scuola.
Alle parole estremamente chiare ed esplicite di Carlo Marzuoli, sono corrisposte proposte in alcuni casi convintamente decentralizzatrici, in altre un po’ più reticenti. Continua infatti a serpeggiare, pur con diverse sfumature e accenti, lo scetticismo nei confronti di una vera decentralizzazione alle Regioni.
Non vi è dubbio che le perplessità maggiori, scaturite anche dal dibattito, siano riferite alla decentralizzazione della gestione degli insegnanti. Ma quello è il vero nodo: finchè gli insegnanti rimarranno alle dipendenze organiche dello Stato non vi sarà né decentralizzazione, né rinnovamento della professione. L’attaccamento degli insegnanti al loro datore di lavoro, lo Stato, ha i connotati della sindrome di Stoccolma: sono morbosamente attratti da chi li segrega a decenni di precariato, da chi nega loro formazione e decente reclutamento, da chi impedisce qualsiasi carriera che non sia l’invecchiamento.
Nell’assistere alla discussione, lo spagnolo Ferran Ferrer, che nel 2003 aveva partecipato a Bologna a un seminario dell’ADi su decentralizzazione e Titolo V, non riusciva a trattenere lo stupore e lo sconcerto nel vedere che a distanza di 7 anni si riproponeva lo stesso identico dibattito, la stessa immutata situazione.
La proposta finale: una task force per la personalizzazione
Un’idea è rimbalzata durante tutto il seminario: trovare il modo di non disperdere quel patrimonio di idee, di entusiasmo e di voglia di fare costruito nelle due giornate insieme.
Come realizzare l’apprendimento personalizzato nelle nostre scuole?
La riforma della secondaria lascia o non lascia margini per tutto questo?
E’ possibile concepire una diversa organizzazione del tempo scuola?
Mentre questi interrogativi rimbalzavano nei vari interventi, si è concretizzata la proposta che l’ADi e la Fondazione per la scuola hanno alla fine raccolto: creare una task force per l’apprendimento personalizzato, che riunisca gruppi di docenti per mettere a punto proposte di fattibilità per la personalizzazione dell’apprendimento, a cominciare da una diversa organizzazione del tempo scuola e dalle modalità per dare più “voce” agli studenti.
E’ un impegno che ci siamo presi e troveremo il modo di realizzare.
Gli atti del seminario
A partire dalla prossima settimana comincerà sul sito la pubblicazione degli atti del seminario, che verranno infine raccolti in un piccolo volume.