Il declino degli Istituti Tecnici Economici
L’economia e le altre scienze sociali non sono state mai benevolmente accolte nella scuola italiana.
Negli Istituti tecnici e professionali è stato valorizzato il versante aziendale dell’economia, rivolto alla gestione delle imprese e quello del diritto utile alla contrattualistica. I corsi per ragionieri e periti aziendali hanno avuto successo fino a qualche lustro fa, quando circa un terzo dei ragazzi delle superiori vi si iscriveva, sicuri con il diploma in mano di trovare buoni lavori come quadri intermedi amministrativi o in alternativa di riuscire a scalare i corsi universitari. Molti analisti concordano che il miracolo economico in Italia è stato favorito dalla formazione tecnica offerta a milioni di lavoratori dagli Istituti tecnici commerciali e industriali.
Oggi sembra di vivere, o forse davvero si vive, in un mondo diverso. Molti aspetti di routine delle professioni amministrative sono stati assorbiti dalle tecnologie, questo fatto ha diminuito la qualità e quantità dei ragazzi frequentanti questi corsi scolastici. Negli stessi anni un maggior numero di famiglie ha preferito la formazione liceale, gli allievi più dotati per lo studio scegliendo il liceo scientifico, magari l’indirizzo di scienze applicate, altri i licei “leggeri”. Gli iscritti agli Istituti Tecnici Economici ITE sono così oggi scesi all’11% del totale.
Superare il LES come opzione del Liceo delle Scienze Umane
L’inserimento con il riordino del 2010 dell’Opzione Economico-Sociale nel Liceo delle Scienze Umane LSU, chiamata Liceo Economico Sociale LES, ha seguito il modello degli altri Paesi europei: quello di insegnare nella scuola l’economia come duttile scienza emergente, in grado di interpretare la realtà. Questo tentativo non ha per ora avuto successo. Dopo sette anni dalla sua istituzione al LES si iscrive il 2% degli studenti, tanto che le società scientifiche degli economisti, statistici, sociologi e aziendalisti stanno chiedendo ai decisori politici un deciso cambio di rotta: costituire un settimo autonomo liceo, il Liceo Economico Sociale, distaccando l’Opzione dagli ex-magistrali confluiti nel LSU.
Il quadro orario nei 5 anni dell’attuale LES vede circa il 60% delle ore destinate a materie dell’area letteraria-umanistica (italiano, due lingue straniere, storia e geografia, storia, filosofia, storia dell’arte); all’area di indirizzo (economia e diritto, sociologia, antropologia, psicologia, metodologia delle ricerca) spetta meno di un quarto delle ore; all’area scientifica (matematica, dati e previsioni, fisica, scienze naturali) meno del 20% delle ore. La ripartizione del quadro orario mostra con evidenza che l’attuale LES è un liceo umanistico, con limitate escursioni nell’economia/diritto e nelle scienze sociali, con un debolissimo supporto della matematica e delle scienze dure.
Le caratteristiche di un autonomo Liceo Economico Sociale
Qualche speranza per un diversa impostazione del LES nasce dal fatto che il monitoraggio condotto sul DPR 89/2010 (il riordino liceale) attesti la necessità di una revisione di questo liceo.
Le società scientifiche, alcuni licei economico sociali, l’Associazione Europea per l’Educazione Economica AEEE Italia si sono intanto messe al lavoro per impostare la revisione dell’attuale LES. Obiettivo: aumentare le ore delle discipline di indirizzo (in primis economia con diritto) e della matematica con statistica, e dare un corpo davvero economico/giuridico/sociale agli attuali OSA.
L’operazione non è facilissima, ha bisogno di consenso culturale e sociale proprio nel momento in cui la economy (l’economia reale) e la economics (la teoria economica) godono di pessima salute. Gli andamenti deludenti in molti Paesi avanzati della produzione e del lavoro non consentono di concepire l’economia come scienza che può a piacimento predire e manipolare la realtà. Gli imprenditori, il profitto, il denaro, la speculazione, le banche, l’economia sono investiti da raffiche di reprimende morali e da epiteti non encomiabili. Se i tempi sono duri per i dirigisti di ogni colore politico, sembrano invece buoni per i detrattori di tutto ciò che ha a che fare con l’economia. Così non se ne esce.
Come rendere l’economia più popolare e comprensibile
Come concepire allora l’insegnamento dell’economia per farla diventare più popolare nelle sue finalità, più comprensibile nei suoi concetti chiave, più accattivante nei suoi approcci? L’economia deve avere la capacità di offrire strumenti concettuali per il compimento delle scelte nell’uso delle risorse e chiavi di lettura per interpretare la realtà. Una prima operazione per dare fiducia agli studi economici è quindi un’operazione di modestia. La scienza economica non può considerarsi autosufficiente, ha bisogno da un lato dell’apporto del lungo respiro della storia per capire come si sono modificati nel tempo le scelte e i comportamenti economici. Dall’altro lato ha assoluto bisogno della matematica e della statistica per comprovare i risultati delle teorie, interpretare e capire la realtà dei fatti economici.
Trento 3 giugno 4^ Conferenza di AEEE Italia
Quali allora i compiti per la scuola italiana? Un momento per discuterne sarà a Trento il prossimo 3 giugno la IV^ Conferenza dell’Associazione Europea per l’Educazione Economica AEEE Italia, intitolata a “La sapienza di Clio. L’economia tra cultura del dato e cultura storica”, ospitata al Museo delle Scienze, grazie alla Provincia di Trento. Vedi il programma della Conferenza
Si alterneranno plenarie sulla concezione dell’economia e sulle scelte degli attori istituzionali relativamente all’insegnamento dell’economia nella scuola. In sei workshop si parlerà del contributo della storia, di quello della matematica e della statistica, di law and economics, di economia sperimentale, dell’economia aziendale e della crisi degli istituti tecnici economici, e infine a quale età si può iniziare a insegnare economia nella scuola.
Al termine della Conferenza di Trento vi sarà la premiazione degli studenti vincitori della V^ Edizione del Concorso EconoMia, organizzato assieme al Festival dell’Economia di Trento, che dall’1 al 4 giugno discuterà de “La salute disuguale”. Quest’anno hanno partecipato al Concorso oltre 1.000 studenti di 135 scuole.
La strada è lunga, ma occorre continuare il cammino
Insomma la strada è lunga. Non bisogna accontentarsi della piccola rimonta che è emersa dai risultati dell’OCSE PISA 2015 sulla financial literacy resi noti il 24 maggio scorso a Parigi. L’Italia è risalita dal punteggio di 466 che le aveva assegnato lo scomodissimo penultimo posto dei risultati 2012 e con il punteggio di 483 si è avvicinata alla media dei risultati dei 15 paesi partecipanti. E’ probabile che i numerosi seppur disorganici progetti di educazione economico-finanziaria realizzati negli ultimi anni da oltre 200 enti italiani abbiano migliorato la situazione. Come in tutte le rilevazioni obiettive sugli apprendimenti scolastici sono emerse marcate differenza. Il Nord-Est ha avuto il punteggio di 518, 502 il Nord-Ovest, 481 il Centro Italia, 464 il Sud e 445 le Isole. 513 il punteggio dei nostri Licei, 483 gli Istituti tecnici, 419 gli Istituti Professionali, 427 i Centri di formazione professionali. L’essere titolare di un conto corrente o di una carta prepagata o guadagnare soldi da qualche lavoretto ha contribuito a ottenere migliori risultati ancor più che la relazione con altri studi o l’appartenenza a un alto status socio-economico. Per la comprensione dei fenomeni economici e finanziari è davvero essenziale un approccio empirico e induttivo. Da indagare il fatto che l’Italia sia stato l’unico Paese in cui i punteggi dei maschi sono risultati migliori (+11 punti) delle ragazze.
I risultati italiani dell’OCSE PISA sulla financial literacy si trovano a questo link. I risultati internazionali sono sul sito dell’OCSE
[stextbox id=”download” caption=”DOWNLOAD” image=”null”]Programma della IV^ Conferenza dell’Associazione Europea per l’Educazione Economica AEEE Italia, “La sapienza di Clio. L’economia tra cultura del dato e cultura storica”[/stextbox]