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LO SCANDALO DEI PAS E IL MISCONOSCIMENTO DEL MERITO

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Quaranta docenti universitari, dopo il passato appello degli 800, rompono il silenzio che sta circondando l’avvio dei PAS, Percorsi Abilitanti Speciali, facendo sentire di nuovo tutto il loro sdegnato monito contro questo ennesimo scandaloso schiaffo al merito. Ingiustificabile, affermano, la resa del MIUR di fronte ad aggressive pressioni corporative. E quasi gridano: “Difendere il merito, selezionare con coscienza i migliori, non è una battaglia di destra!”

50 universitari rompono il silenzio e ripropongono
 la loro denuncia contro questo gravissimo errore  politico 

I PAS sono uno scandaloSi è consumata in silenzio negli ultimi mesi una gravissima ingiustizia sul fronte del reclutamento degli insegnanti: l’attivazione dei PAS (Percorsi Abilitanti Speciali).

I fatti

Ecco i fatti: nell’estate 2012 migliaia di persone hanno sostenuto un concorso e frequentato nell’anno accademico successivo un corso abilitante completo di tirocinio ed esame finale (TFA: Tirocinio Formativo Attivo). Tra di loro, dottori di ricerca, laureati magistrali brillanti, persone che avevano già esperienza di insegnamento sia a scuola che, in certi casi, anche all’università, e che hanno scelto comunque di sottoporsi al concorso e di frequentare i corsi per un intero anno, pagando di tasca propria 2.500 euro (non proprio uno scherzo, per chi vive nel precariato). Centinaia di docenti universitari, moltissimi anche a titolo gratuito, si sono impegnati nella selezione e nella didattica di questi TFA, aggiungendo ore e ore di impegno a un carico di lavoro già molto gravoso, a causa dei continui tagli di personale che le Università soffrono ormai da troppi anni.

L’ennesima sconfitta del merito

Adesso il Ministero dell’Istruzione ha attivato – su pressante richiesta dei non abilitati che potevano vantare già una certa anzianità di servizio – dei TFA speciali, i suddetti PAS, ai quale si accederà SENZA concorso. E’ l’ennesima sconfitta del merito e del principio della selezione, l’ennesima vittoria di una visione dell’insegnamento per la quale basta aver messo piede dentro la scuola per sentirsi in diritto di non essere mai più esaminati né controllati nelle proprie competenze.

L’indignata frustrazione degli abilitati con TFA ordinario

Come pensate che si sentano gli abilitati con il TFA ordinario davanti a questa decisione? Delusi e indignati a dir poco, ecco come si sentono. Infatti sono costretti a stare “fermi un giro”, in attesa di essere raggiunti l’anno prossimo dai miracolati del PAS. Questo incredibile raggiro va spiegato nel dettaglio, chiedendo un po’ di collaborazione al lettore che non necessariamente è un esperto di quel meccanismo infernale che sono le graduatorie per le supplenze scolastiche. Avendo ottenuto l’abilitazione, i tieffini avrebbero avuto diritto a presentare domanda di iscrizione nelle graduatorie di istituto per la II fascia, quella riservata ai docenti abilitati; e invece no, le graduatorie di istituto non sono state riaperte quest’anno, così i tieffini sono rimasti in III fascia, quella riservata ai non abilitati, e si vedranno passare avanti gli iscritti in graduatoria che hanno più anzianità e dunque più punteggio, ma che NON hanno superato né il concorso per il TFA né il relativo corso. L’anno prossimo, poi, quando le graduatorie verranno riaperte, si potranno iscrivere alla fascia degli abilitati sia i tieffini sia gli abilitati coi PAS, che avendo maggiore anzianità di servizio avranno comunque la precedenza nell’assegnazione delle supplenze.

I PAS una decisione scandalosa

La decisione è scandalosa, e sono scandalosi anche il silenzio che ha circondato la questione e il black out quasi totale della stampa nei confronti della protesta che gli abilitati col TFA ordinario hanno inscenato lo scorso 26 settembre davanti al Ministero dell’Istruzione.

La salvaguardia del principio del merito non è una battaglia “di destra”

Noi che firmiamo questa lettera siamo docenti universitari di materie umanistiche, e abbiamo deciso di intervenire su questo tema che ci sta particolarmente a cuore, per ragioni che cercheremo di spiegare brevemente. Sia la scuola sia l’università scontano, ormai da decenni, un fraintendimento ideologico perniciosissimo: quello che vede come il fumo negli occhi la salvaguardia del principio del merito. Difendere il merito, selezionare con coscienza i migliori, non è una battaglia “di destra”, come mostrano di credere molti addetti ai lavori; è al contrario, come invano vengono ripetendo da anni alcune voci isolate, una battaglia che dovrebbe essere fatta propria anche dalla sinistra. Infatti, una scuola nella quale gli insegnanti non vengono selezionati in base al merito ma solo in base all’anzianità di servizio è condannata alla subalternità; e a sua volta, un’università che laurea tutti i suoi iscritti, anche i peggiori, regalando voti alti a prescindere dall’effettiva capacità, è un’università il cui titolo di studio si svaluta in proporzione. E in questo quadro, non mancheranno mai prestigiose scuole e università private che lucrano sulla situazione attraendo iscritti le cui famiglie possono permettersi rette elevate; mentre il sistema di istruzione pubblica scivola fatalmente, in molti suoi comparti, verso una condizione di parcheggio dequalificato.

Le discipline umanistiche subiscono più di altre la beffa al merito

Noi docenti universitari di discipline umanistiche, che ci spendiamo quotidianamente nell’esercizio della nostra professione, che crediamo ancora – nonostante tutto – che il merito sia un principio importante, e che la preparazione sia una premessa indispensabile (anche se certo non l’unica) per essere buoni insegnanti, ci sentiamo specialmente danneggiati da questa ennesima beffa alla selezione meritocratica. Infatti vediamo tutti i giorni i guasti prodotti dal criterio in base al quale, se un Ateneo non laurea una cospicua percentuale dei suoi iscritti, è penalizzato poi nella ripartizione delle risorse ministeriali. Se però, come nel caso delle discipline umanistiche, l’appeal lavorativo è basso, si cerca di attrarre gli iscritti evitando test d’ingresso troppo selettivi; perché anche un basso numero di iscritti penalizza nella ripartizione delle risorse. E questi iscritti poi si cerca di portarli alla laurea in ogni modo, rinunciando in molti casi a una delle funzioni che dovrebbero essere centrali nel nostro compito: una seria valutazione della preparazione degli studenti. Non possiamo certo escludere che alcuni di questi laureati mediocri – quando non francamente ignoranti – trovino poi una supplenza grazie alla conoscenza di qualche capo d’istituto compiacente, e inizino così un percorso di insegnamento per il quale non hanno ricevuto alcuna formazione, senza essere mai obbligati a un momento di verifica delle loro conoscenze. E’ davvero una giusta battaglia, una battaglia “di sinistra”, difendere questi precari della scuola ad ogni costo, anche contro altri precari che sono più preparati e che hanno accettato di sottoporsi a un concorso sulla loro materia di insegnamento?

Ingiustificabile la resa del MIUR di fronte ad aggressive pressioni corporative

Sicuramente la questione del reclutamento del personale docente della scuola è tra le più spinose; negli anni, il sovrapporsi di politiche emergenziali e contraddittorie ha generato aspettative contrastanti e difficili da gestire. Quest’ultima decisione ministeriale, tuttavia, ci sembra specialmente ingiustificabile; ci sembra ingiustificabile la resa di fronte a pressioni corporative, miopi, e con una buona dose di aggressività ai limiti dell’intimidazione (il coordinamento dei precari che chiedevano un TFA speciale, oggi PAS, arrivò in alcune sedi a denunciare ai Rettori la presenza nel loro Ateneo di docenti firmatari di un appello contro l’attivazione di un percorso abilitante speciale senza concorso).

La scuola ha bisogno di politiche di reclutamento certe, stabili nel tempo: politiche che mettano al centro la competenza nelle specifiche materie di insegnamento. Finché questo obiettivo non sarà perseguito con coerenza e con continuità, non avrà molto senso sproloquiare  di eccellenza e di qualità della ricerca. Non si può chiedere all’università qualcosa che alla scuola non si chiede, perché le due  istanze formative sono legate tra loro in modo strettissimo. Se l’eccellenza e la qualità non possono proiettarsi sulla scuola, quest’ultima rimarrà sempre l’ultima ruota del carro, e l’amara conclusione che se ne trae è che della preparazione dei suoi professori – e dunque, di quella degli studenti – in realtà non importa a nessuno. Non ci si rende però conto che, in questo modo, anche l’università si svuota di senso; che la catena della trasmissione del sapere si smaglia; e che il sistema formativo, che fa già acqua da tutte le parti, rischia definitivamente di affondare.

Firmatari

Fausta Antonucci Università Roma Tre
Roberta Alviti Università di Cassino
Irina Bajini Università di Milano
Vicent Beltrán Sapienza Università di Roma
Anna Bognolo Università di Verona
Corrado Bologna Università Roma Tre
Enric Bou Università di Venezia “Ca’ Foscari”
Antonella Cancellier Università di Padova
Nadia Cannata Sapienza Università di Roma
Guillermo Carrascón Università di Torino
Camilla Cattarulla Università Roma Tre
Daniele Crivellari Università di Salerno
Maria Luisa Cerrón Puga Sapienza Università di Roma
Giorgio De Marchis Università Roma Tre
Enrico Di Pastena Università di Pisa
Paola Faini Università Roma Tre
Antonio Gargano Università di Napoli “Federico II”
Giuseppe Grilli Università Roma Tre
Dante Liano Università Cattolica di Milano
Filomena Liberatori Università Roma Tre
Edoardo Lombardi Vallauri Università Roma Tre
Ilaria Magnani Università di Cassino
Danilo Manera Università di Milano
Fernando Martínez de Carnero Sapienza Università di Roma
Camilla Miglio Sapienza Università di Roma
Antonina Paba Università di Cagliari
Arianna Punzi Sapienza Università di Roma
Fabio Rodríguez Amaya Università di Bergamo
Maria Antonietta Saracino Sapienza Università di Roma
Francisco Lobera Serrano Sapienza Università di Roma
Silvia Monti Università di Verona
Sònia Neto Salomao Sapienza Università di Roma
Roberto Nicolai Sapienza Università di Roma
Valentina Nider Università di Trento
Olga Perotti Università di Parma
Luca Pietromarchi Università Roma Tre
Maria Rosso Università di Milano
Giovanni Sampaolo Università Roma Tre
Elisabetta Sarmati Sapienza Università di Roma
Mariarosa Scaramuzza Università di Milano
Luca Serianni Sapienza Università di Roma
Laura Silvestri Università di Roma “Tor Vergata”
Diego Sìmini Università del Salento
Silvia Tatti Sapienza Università di Roma
Stefano Tedeschi Sapienza Università di Roma
Isabella Tomassetti Sapienza Università di Roma
Marcella Trambaioli Università del Piemonte Orientale
Simone Trecca Università Roma Tre
Maria del Rosario Uribe Mallarino Università di Milano
Luisa Valmarin Sapienza Università di Roma
Norbert von Prellwitz Sapienza Università di Roma
Mary Wardle Sapienza Università di Roma

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