7° SEMINARIO INVALSI: I  DATI INVALSI UNO STRUMENTO PER LA RICERCA E LA DIDATTICA

Un’analisi a cura di Tiziana Pedrizzi

7° SEMINARIO INVALSI:

I  DATI INVALSI UNO STRUMENTO PER LA RICERCA E LA DIDATTICA

Un’analisi a cura di Tiziana Pedrizzi

IL 7°SEMINARIO INVALSI: I SUOI PARTNER E I SUOI OBIETTIVI

Dal 27 al 30 ottobre 2022 si è tenuta la 7° edizione dell’annuale Seminario  in cui Invalsi presenta ricerche sui dati relativi alle sue prove nazionali, oltre ad altri contributi attinenti ai temi di interesse scelti. Nella brochure di presentazione si trova anche un primo bilancio di queste 7 edizioni: ospiti di più di 30 paesi, più di 1000 speakers e coordinatori, più di 600 ricerche presentate, più di 1600 partecipanti.

Il Seminario viene promosso congiuntamente ad Invalsi anche da ISTAT, Espanet, Banca d’Italia ed Università Bicocca e vede la partecipazione di centri di ricerca internazionali– quest’anno IEA, il padre di PISA, e università straniere di Belgio, Germania, Gran Bretagna, USA e Cile oltre che di università e centri di ricerca italiani come il Collegio Carlo Alberto di Torino. Un obiettivo non secondario più volte dichiarato è quello di mettere insieme i dati sulla scuola di quelli che ne sono i principali detentori come MIUR con il suo registro degli studenti, ISTAT e naturalmente Invalsi, per permettere la costituzione di un data set complessivo tuttora mancante.

La polemica contro Invalsi si è negli ultimi tempi in parte acquietata, anche se, soprattutto nei social media, non sono spariti gli ultimi giapponesi nella giungla. Ma la scuola italiana ha molte risorse -storicamente esercitate- per ammortizzare spinte al cambiamento e l’impressione è che il Covid abbia molto aiutato. L’operazione Scuola in Chiaro, che permette a chiunque di acquisire informazioni sintetiche sulle scuole fra cui i loro risultati Invalsi, non sembra avere molto sfondato. Le famiglie non sembrano sfruttare come potrebbero la possibilità di acquisire informazioni sintetiche, ma preziose, per orientare le loro scelte senza varcare la soglia delle panetterie – hub informativi.

Su quanto le scuole si siano orientate a processi di cambiamento e di miglioramento sulla base della conoscenza dei propri risultati in alcune aree cruciali degli apprendimenti- un altro importante obiettivo possibile di utilizzo dei dati- mancano le informazioni, ma l’impressione è che anche qui il Covid abbia fatto molti danni.                                                  Il lavoro sul RAV (autovalutazione- visite esterne- miglioramento e rendicontazione sociale) è stato di fatto fermo. Ed è ormai chiaro che i risultati delle prove non costituiscono un corpo isolato, ma fanno parte integrante del Rapporto di Autovalutazione che ogni scuola predispone insieme con tutte le altrettanto necessarie informazioni su quello che in gergo viene chiamato Processo, cioè su ciò che la scuola fa o non fa. Speranze sono riposte sulla imminente ripartenza della nuova stagione 2022-25 di queste operazioni.

C’è il rischio che le scuole problematiche non ci tengano particolarmente a mettere in piazza nè all’interno né all’esterno quelli che considerano i loro panni sporchi (non essendo più obbligatoria come nei primi tempi la informazione sul proprio sito dei risultati delle prove)e quelle con buoni risultati li snobbino un poco. In particolare potrebbe essere questo l’atteggiamento di molti licei, ma  sarebbe opportuno tenere in conto che, essendo necessariamente fino a questo momento le prove uguali per tuttì (tranne che doverosamente per la Matematica dei Licei Scientifici), il loro gioco è facile. Nonostante ciò in realtà la stragrande maggioranza delle scuole ha cercato di porsi in modo costruttivo in questa nuova esperienza, ma necessita chiaramente di sostegno sia motivazionale che tecnico.

Si cominciano così a levare voci a livello dei decisori che si chiedono quale sia l’utilizzo di un così significativo impegno economico ed umano, tanto più che i dati non sembrano molto cambiare. Lo stesso problema di PISA, che non a caso cerca di allargare il campo delle sue indagini anche alle difficili competenze trasversali. Una posizione che ha trovato voce, anche se in tono diplomaticamente attenuato, all’interno del Seminario, da parte di chi sembrerebbe chiedere di passare ad una riflessione qualitativa in chiave antropologico-filosofica delle caratteristiche delle diverse popolazioni italiane.

Non solo. Il rappresentante di IEA (International Educational  Assessment), cioè della più storica ed accademicamente autorevole delle agenzie che si occupano di valutazioni standardizzate internazionali, si è posto la domanda se le ILSAS cioè le valutazioni standardizzate internazionali stesse possano realmente, sulla base dei loro risultati, trovare dei rapporti causali fra fattori e risultati di apprendimento. Una domanda di fondo, la risposta alla quale ha teso ad attenuare, anche se non certo cancellare, le certezze in proposito. Un atteggiamento doveroso dal punto di vista scientifico e che si spiega anche con l’eccessiva sicurezza con cui in alcuni paesi – non in Italia! – i governi hanno applicato le buone pratiche relative alla struttura del sistema scolastico che è andata suggerendo OCSE sulla base di PISA. E ’vero che IEA ha sempre maggiormente accentuato l’aspetto accademico e disinteressato delle sue ricerche – si tratta di un consorzio di Università- a fronte dell’impianto più necessariamente politico di OCSE- PISA. Quest’ultima indagine è finanziata sostanzialmente dai governi per dare rispecchiamenti e consigli e con il suo ritmo incalzante e la sua capacità di presenza comunicativa ha messo un po’ in ombra il lavoro di IEA, che pure continua ad offrire preziose riflessioni. Ad esempio a dicembre prossimo con PIRLS sulle capacità linguistiche degli allievi nella scuola primaria e nella nostra scuola media.

Come in risposta a questo quadro d’insieme, positivo ma al tempo stesso problematico, al termine delle giornate il presidente Roberto Ricci ha sintetizzato gli orientamenti dell’Istituto in due sostanziali direzioni.

  1. La prima offrire a tutte le scuole la possibilità di avere informazioni precise sui loro studenti “a rischio” sotto il livello 2 e perciò in dispersione “implicita” ovvero occulta. Il primo passo per interventi di miglioramento non alla cieca, anche al fine di non sprecare i cospicui finanziamenti del PNRR. Non è questo il compito di Invalsi, ma in realtà dietro la produzione delle prove ci stanno necessariamente tutti i presupposti epistemologici delle discipline indagate, i cui esiti di formazione attesi negli ultimi anni sono state ricondotti partitamente a 5 livelli, a loro volta descritti. Naturalmente si tratta di definizioni tutte da discutere ed approfondire, ma non si sono levate in questi anni voci competenti nel merito che contestassero scientificamente le scelte fatte. Non può che spettare alle scuole o meglio ai centri di ricerca accademici preposti formalmente alla elaborazione della didattica compiere questo passo ulteriore. La pretesa che ogni scuola si trasformi in un centro di ricerca ad alto livello sembra demagogica, ma è giusto pretendere questo dalle Università. Magari meno wishful thinkings… Dalla fine di agosto più del 70% delle scuole destinatarie dei finanziamenti PNRR ha scaricato queste informazioni, ma anche le altre lo hanno fatto nella misura fin qui del 25%. Un primo buon passo per non operare alla cieca.
  2. L’altra direzione è un rafforzamento dei compiti di ricerca a supporto delle decisioni politiche sui temi cruciali del nostro sviluppo. I temi non mancano : Sud, genere, eccellenze etc. E sempre più ci si rende conto che bisogna ragionare a mente aperta, anche liberandosi da presupposti ideologici non supportati da evidenze, che hanno fatto il loro tempo.

E’ quanto appunto cerca di fare Invalsi con questo appuntamento annuale che offre un amplissimo panorama di ricerche e di approfondimenti sui temi cruciali ed attuali concernenti i temi scolastici.

Si cerca qui di dare conto di solo una piccola parte dei lavori presentati.

Equità

L’analisi a livello internazionale e nazionale della povertà educativa e l’approfondimento dei modi per contrastarla è stato il tema maggioritario fra le relazioni presentate.

Sono stati presentati un modello predittivo dell’abbandono scolastico realizzato da Invalsi  ed una misurazione dell’abbandono stesso con un maggior dettaglio territoriale di quanto generalmente si ha a disposizione, che mirano a comprendere e ad anticipare il fenomeno ai fini di contrasto.

Si è alla disperata ricerca- o almeno lo si dovrebbe essere- delle ragioni dei bassi risultati del Sud. C’è chi pensa ad antropologie mediterranee. Un lavoro di Bendinelli e Martini sui risultati della prove alla terza media è partita dalla assunzione, condivisa dalla ricerca internazionale, che  i risultati degli studenti siano più condizionati dalla situazione economico-sociale della scuola e soprattutto della classe che dalla loro stessa situazione personale nel merito .I dati dimostrano da tempo -e questa ricerca ha approfondito e validato la tesi-  che a Sud la segregazione sociale fra le  classi all’interno della stessa scuola è alta, maggiore che al Centro ed al Nord e che questo influenza- quando avviene- i risultati in senso negativo. Dunque bisognerebbe verificare come i dirigenti assegnano gli studenti alle classi: in modo casuale-randomizzato si dice- così da garantire classi varie nella composizione oppure se, magari sotto la pressione della società, continuano a creare classi di serie A, B, C etc. Forse anche questo contribuisce a creare una polarizzazione tipica di paesi a basso livello di sviluppo come il Sud America ed abbassa il livello complessivo.

D’altra parte sembra sempre più chiaro da una pluralità di ricerche presentate che la scelta delle famiglie, a prescindere dalle capacità degli studenti e dall’orientamento degli insegnanti, rimane l’elemento fondamentale per le scelte della scuola superiore. Questa conclusione è importante per chiarire che l’orientamento scolastico ed anche per certi versi l’atteggiamento e le classificazioni degli insegnanti non sono la causa primaria della segregazione sociale nella secondaria ma probabilmente si “sdraiano” sugli impliciti famigliari. La mancanza di una forte politica di valorizzazione delle eccellenze per i motivi paraideologici che tengono il merito in gran sospetto- e che sono emersi con grande chiarezza nell’improvvisato dibattito attuale sul tema – fa poi sì che i ragazzi con contesto culturale e sociale medio-basso non si sentano spinti ad uscire dalla loro comfort zone. Alcuni filoni di ricercatori sembrano pensare che la iscrizione ai licei sia il principale indicatore valido di equità, trascurando però l’importanza per il paese e per i soggetti di accedere ad una seria formazione professionale ( di ogni livello a partire dagli istituti tecnici per arrivare alla Istruzione e Formazione professionale), che sarebbe un obiettivo più raggiungibile oltre che più utile per lo sviluppo vero del paese a fronte di formazioni “liceali” spesso inconsistenti e spesso prodromo alla Neetizzazione.

Da ultimo vale la pena ricordare un esperimento ancora in corso sostanzialmente inedito per l’Italia, condotto in 4 regioni del Nord e del Centro e del Sud. Si tratta di un programma di risparmio incentivato finalizzato a sostenere le spese per l’istruzione dei figli di famiglie a medio-basso reddito per contrastare l’abbandono scolastico durante la scuola secondaria. L’effetto per il momento è stata una accresciuta dotazione informatica causa periodo Covid, senza significative ricadute sulle prestazioni oggettive (voti etc) e soggettive (atteggiamento verso la scuola).Ma con un innalzamento delle aspettative delle famiglie con ISEE più basso, da verificare nel prosieguo dell’esperienza.

Covid

Fra i temi trattati non poteva mancare quello delle ricadute del Covid sugli apprendimenti, registrate in particolare nella ultima edizione 2022. Anche se mancano dati sistematicamente comparati a livello internazionale, poichè PISA 2021 è stato posposto al ‘22 e verrà perciò presentato nel dicembre 23, da quelli raccolti separatamente nei diversi paesi è emerso, con l’eccezione della Danimarca, un abbassamento complessivo, soprattutto per  i ragazzi precedentemente registrati come di basso livello cognitivo e sociale. La mancanza di un tutoraggio da parte degli insegnanti, e di un contesto concentrato sugli obiettivi di apprendimento che si sono tradotti in un parziale disimpegno hanno probabilmente avuto ancora più effetto di problemi economici sottesi alla mancanza di strumentazioni TIC e di spazi favorevoli all’impegno a casa. Questo è deducibile dal fatto che le ragazze sono state meno danneggiate, a parità presumibile di condizioni di contesto, anzi hanno ridotto il gap in Matematica. Si tende a dare una valenza quasi esclusiva alle condizioni materiali dell’apprendimento, mentre risulta sempre più evidente che queste vengono filtrate da altri fattori più relativi alla psicologia o all’antropologia dei gruppi di appartenenza, per diventare efficaci. Questa delle differenze di genere nei livelli complessivi di alfabetizzazione è un dato oramai acclarato: come tutti i gruppi in ascesa e probabilmente utilizzando gli atteggiamenti di responsabilità storicamente sedimentati per il loro ruolo di garanti della riproduzione, le ragazze superano ostacoli che si penserebbero impossibili da scavalcare. Basti pensare che in Iran la percentuale di ragazze laureate supera quella dei maschi- e spiega anche cosa sta avvenendo in quel paese.

Di grande interesse una informazione già presentata in una ricerca di Save the Children nell’anno passato e significativamente non ripresa da nessuna parte, che è riapparsa in una presentazione Invalsi.

Le regioni italiane a basso PIL e con la più alta percentuale di Neet hanno avuto il periodo più lungo di chiusure; manca l’informazione sul livello complessivo medio dei loro apprendimenti e soprattutto sulla gravità effettiva della situazione epidemica ma non è difficile ricostruire queste informazioni, ponendo mente alle notizie diffuse nel periodo. Il che pone il problema se la consapevolezza mancata della importanza dell’istruzione da parte del complesso dei cittadini  –poiché i politici in questi tempi si adeguano ai loro umori- e perciò la facilità nel sospendere ed accettare la sospensione del servizio scuola  sia la causa o l’effetto degli indicatori di basso livello economico-sociale complessivo.

Differenze di genere

Un tema da sempre centrale nelle valutazioni è quello delle differenze di genere, in relazione ai livelli delle prove. Un terreno di analisi dai risultati fin qui fra i più statici, soprattutto nel nostro paese: superiorità femminile nelle prove di Lingua, distacco costante in Matematica. Tuttavia vale la pena mettere insieme due caratteristiche che sono uscite dai dati per fare una riflessione complessiva che si potrebbe sintetizzare così.

  1. Le differenze nelle due aree disciplinari di Lingua e Matematica secondo gli studi psicologici sono legati alla maggiore propensione delle ragazze a dedicarsi a studi per professioni legate alla relazione (di cura ma non solo,) mentre i maschi starebbero di più su quello che viene definito come “oggetto”, donde infermiere insegnanti etc da una parte ed ingegneri e tecnici informatici etc dall’altra. Si tratta di propensioni determinate storicamente dal ruolo della donna di riproduttrice della specie e pertanto superabili oppure di dati profondamente incistati nella sua identità genetica?(se si può usare quella che viene considerata dalla pedagogia mainstream una parolaccia) e pertanto ineludibili?
  2. Un altro tema: le ragazze hanno risultati mediamente migliori a livello internazionale ed il loro zoccolo duro di irreducibili alla scolarità è molto più sottile di quello dei maschi. Anche qui sembra si tratti di caratteristiche precedenti e seguenti all’impegno scolastico: senso di responsabilità e costanza che verrebbero però pagate con una minore propensione ad impegnarsi sul lavoro per il proprio successo ed anche -secondo alcuni -con una minore” brillantezza” (propensione al rischio, all’innovazione etc). E’ proprio così?

Oltre al rincorrersi di queste riflessioni, nel Seminario si sono registrate alcune nuove interessanti osservazioni e prospettive.

 Solo un esempio. I dati di Registro Studenti, Invalsi ed il Registro Università messi in relazione cominciano a dare alcuni risultati. La differenza maschi femmine nelle discipline STEM cresce con l’età e rileva perdite continue lungo il percorso, fino ad arrivare a livello universitario alla constatazione che da 35 ricercatrici si arriva a sole 17 docenti ordinarie :1 su 5 è la quota mancante nel percorso STEM delle ragazze e questo soprattutto nei Licei Scientifici. La ricerca ha individuato nelle ragazze con madri a basso livello di istruzione l’anello debole della catena ed ipotizzato un intervento finalizzato.

Educazione finanziaria

Da quando è iniziata una indagine aggiuntiva nel quadro di OCSE- PISA sulle competenze degli allievi in Educazione Finanziaria, anche a seguito della grande crisi del 2007, le iniziative formative sul campo si sono moltiplicate ed anche le ricerche sui loro risultati.

Analizzando i dati PISA nella indagine sulla Educazione Finanziaria per riflettere sulle differenze di genere, una ricerca si è domandata se la natura  delle domande aperte o chiuse determini il divario che viene costantemente registrato a favore dei ragazzi. La risposta: le ragazze rispondono il 5% in meno nelle domande a risposta chiusa rispetto a quelle a risposta aperta, non diversamente da quanto accade nell’universo delle prove. Viene ipotizzato che le cause siano la loro maggiore propensione a “valutare e spiegare” rispetto ad “analizzare e verificare” le informazioni finanziarie. Una propensione ampiamente verificata anche in altri campi. Sempre secondo la stessa ricerca , questo gap però si attenuerebbe nelle scuole che utilizzano ampiamente i test a risposta chiusa e che perciò in un certo senso le allenano anche ad una maggiore disinvoltura nel misurarsi con questo tipo di test. D’altra parte questo viene maggiormente utilizzato nelle ILSAS per evidenti ragioni di sicurezza nella correzione ed anche di risparmio e perciò è difficilmente variabile almeno nel breve periodo..

Un esperimento di Educazione Finanziaria su studenti universitari matricole di Ingegneria Matematica del corso di Economia Aziendale riveste un particolare interesse in quanto l’educazione finanziaria è stata fin qui trascurata al livello della istruzione terziaria: i risultati ne sono che la formazione online e  quella  in presenza sembrano dare uguali effetti positivi. Una informazione interessante per una sua possibile maggiore espansione grazie alla maggiore economicità.

Studenti Eccellenti

L’ascesa delle tigri asiatiche ai primi posti delle classifiche OCSE-PISA scalzando gli inclusivi paesi nordici ha un po’ cambiato l’orientamento delle analisi, anche se in modo non ancora chiaramente dichiarato. Partiti da una situazione di analfabetismo diffuso-come l’Africa – all’inizio del secolo scorso, i paesi dell’East Asia hanno puntato dagli anni 50 su una alfabetizzazione universale pienamente libera da pregiudizi di genere. E’ vero che avevano alle spalle secoli di raffinate civiltà con filosofie o sistemi di valori -come quello confuciano- pienamente all’altezza delle weltanschauungen occidentali, ma il loro sviluppo è stato spettacolare. E, attenzione, con un livello di segregazione basso poichè anche gli allievi di status economico sociale basso sono stati coinvolti. Fra le ricette utilizzate – impegno serio, studio costante anche con metodologia innovative ma non lassiste – vi è la valorizzazione degli eccellenti che in alcuni paesi hanno anche scuole e classi dedicate, soprattutto – viene dichiarato-per il contributo che possono dare allo sviluppo delle loro società. Non a caso nel dicembre 21 OCSE ha diffuso una ricerca sui Gifted, cioè sui ragazzi dotati, intesa la definizione in senso lato perchè oggi non si usa solo il test QI per individuarli.

Anche nel Seminario Invalsi è stata prevista una sessione sugli eccellenti nelle prove, in una curiosa coincidenza con la discussione sul Merito accesa dalla ridenominazione del buon vecchio MIUR. Dopo un quadro di Paolo Barabanti sulla situazione della ricerca e delle pratiche internazionali in proposito-internazionali perché in Italia non c’è quasi niente- la presentazione di Michele Cardone ha offerto i primi risultati dell’analisi degli studenti che si sono collocati ai livelli 4 e 5 alle prove di 5 superiore (grado 13) in tutti e 4 i campi di indagine delle prove Invalsi. Un terreno fin qui quasi totalmente ignorato nella ricerca e nel dibattito.

Alcuni risultati

Scuole pubbliche-scuole private. Dappertutto prevalgono le pubbliche, di poco nel Nord, parecchio al Centro Sud. Si tratta in tutta evidenza di una differenza di base: al Nord molte scuole (non tutte) di ispirazione religiosa o che cercano l’eccellenza anche attraverso la segregazione sociale, al Sud molte scuole di recupero, i cosiddetti diplomifici, che non mancano peraltro anche al Nord, ma sono percentualmente inferiori.

Le differenze di genere sono quasi azzerate perfino nella Matematica, segno che esiste una pattuglia di ragazze apicali e che i dati complessivi che le penalizzano sono appesantiti dai risultati dei livelli sociali più bassi, in cui il peso della tradizione si fa ancora sentire. Un fenomeno non solo italiano.

Naturalmente i regolari prevalgono sui ripetenti, anche perché il voto all’uscita della terza media è il più potente predittore di una collocazione nell’eccellenza.

Viene confermato che lo status economico-sociale della classe di appartenenza è più potente predittore della eccellenza di quello individuale; è vero che al livello della 5° superiore le due cose sostanzialmente coincidono, a causa della canalizzazione.

Infine lo iato fra nativi ed immigrati è inferiore fra gli eccellenti rispetto a quello medio, merito soprattutto dei non nativi di seconda generazione. Le new entries si stanno dando da fare, probabilmente, quando si approfondiranno le ricerche, si scoprirà che ciò avviene per ora soprattutto fra i maschi.

Ma l’informazione più interessante la dà questo grafico:

Se lo si paragonasse con uno che mostri le differenze fra le parti d’ Italia nei voti dell’esame di maturità, non si potrebbe evitare di domandarsi dove erano nel lungo periodo in cui è stato possibile effettuare le prove i futuri destinatari dei 100 e lode. Forse che ne sono stati allontanati dalla loro banalità?

Cosa succede nelle scuole: innovazione e utilizzo dei risultati delle prove nel RAV

Come sempre molte sessioni del Seminario non sono state dedicate solo alla Ricerca ma anche al Teaching (Insegnamento) definizione sotto la quale sono stati raccolti contributi sui temi più vari a carattere essenzialmente innovativo quali l’ambiente scolastico ed altri.

Il tema centrale è pero definito dalla denominazione “Uso dei dati Invalsi e del materiale per migliorare l’insegnamento” cui sono state dedicate sette sessioni. Il luogo ufficialmente a ciò deputato sarebbe quello definito dal Servizio Nazionale di Valutazione sia nel suo aspetto interno (formulazione del RAV e Rendicontazione Sociale), che in quello esterno(visite del Nucleo Esterno di Valutazione).

Gli obiettivi di miglioramento sono stati fortemente orientati verso i risultati delle prove Invalsi, almeno finché il progetto ha avuto uno sviluppo costante nel tempo, anche se molto più numericamente limitato di quanto previsto dalla norma istitutiva. I due anni di Covid hanno creato in questo, come in altri campi, una interruzione molto dannosa per un progetto di difficile realizzazione ed appena all’inizio. Una ripartenza, anche utilizzando le tecnologie informatiche sperimentate ampiamente dalle scuole con la DAD, potrebbe di molto semplificare il problema degli spostamenti dei visitatori e perciò rivitalizzare quelle visite esterne utili anche per motivare le scuole ad impegnarsi.

In questi anni peraltro sono stati varati anche le strutture dei RAV di settori in una prima fase rimasti fuori dall’esperienza cioè la scuola dell’infanzia, i CPIA ovvero i Centri di Formazione per gli adulti e la Istruzione e Formazione Professionale  regionale. Nel seminario sono state presentate le caratteristiche fondamentali del rapporto sul primo ambito da Cristina Stringher e l’8 novembre da Michela Freddano quelle del secondo. Due terreni ardui da percorrere da una parte per la tradizionale riluttanza della scuola dell’infanzia a considerarsi valutabile in termini oggettivati, dall’altra perchè la competenza (o incompetenza) regionale sulla  FP rende molto delicato l’intervento di un istituto centrale come Invalsi.

In tutte le sei edizioni precedenti le presentazioni delle scuole sono state altrettanto numerose a dimostrazione del fatto che quanto si sente spesso dire, che cioè le scuole sarebbero indifferenti, se non ostili, non corrisponde alla realtà ma a posizioni pregiudizialmente-esse sì- ostili.

E poiché notoriamente la maggior parte delle scuole non soffre di esibizionismo, anzi tende alla  riservatezza se non alla sottovalutazione delle cose di valore che vengono fatte, se ne può facilmente dedurre che quelle presenti ai seminari costituiscono solo la punta di un iceberg.

Quanto presentato anche nelle diverse precedenti edizioni  ha corrisposto a diverse tipologie: il percorso di presentazione e di analisi dei risultati della scuola che giunge fino al lavoro nelle singole classi nei diversi ambiti testati, l’analisi dei framework delle prove per confrontarli con la programmazione utilizzata, la costruzione di prove comuni di utilizzo per lo più annuale da affiancare alla valutazione interna dei singoli docenti ed altre tipologie meno comuni.

Un po’ tutti i gradi scolastici – primaria secondaria superiore- sono stati rappresentati e le province presenti in questa edizione  altrettanto distribuite sul territorio nazionale quali Firenze, Parma, Torino, Milano, Ferrara, Latina, Napoli, Salerno, Benevento-Avellino, Reggio Emilia, Messina, Trento, Perugia, Ragusa e Firenze.

Anche quest’anno si è notato che l’area in cui si è andati più a fondo è quella della Matematica, per la quale sono state presentate esperienze anche su temi specifici. Si sconta la maggiore attitudine dei docenti di quest’area a misurarsi con questa tipologia di prove, una maggiore libertà ed una mente più aperta nel confrontarsi con la innovazione didattica. Maggiore di quella degli insegnanti delle humanities, che sembrano -al contrario dei decenni precedenti- spesso rinchiudersi in una attitudine di difesa conservativa. Causa o effetto della minore evidente attrattività per i giovani di questi saperi?

Nelle presentazioni i passi realizzati ed il cammino percorso vengono spesso analiticamente descritti e perciò possono essere utilizzati anche per servire di ispirazione alle scuole.

Una sessione specifica è stata destinata alle esperienze realizzate all’interno del percorso del Sistema Nazionale di Valutazione, che fra l’altro dovrebbe essere la collocazione istituzionale di tutte le attività di miglioramento sulla base del Rapporto di Autovalutazione. Alcuni dei lavori presentati:

  • una analisi della validità degli indicatori di processo contenuti nel RAV in relazione alla diffusione degli strumenti e delle attività “informatiche” in periodo Covid
  • una esperienza di formazione sulla gestione del RAV all’interno di un gruppo di scuole e soprattutto di visite reciproche, esperienza preziosa per garantire la tenuta dell’attenzione soprattutto nella difficoltà di garantire visite frequenti dei gruppi esterni
  • una costruzione del RAV di una scuola da parte dell’insieme dei docenti a partire dai neo-immessi in ruolo
  • un esempio di costante monitoraggio degli strumenti di autovalutazione ai fini della Rendicontazione Sociale

Chi volesse avere a disposizione una panoramica più ampia può consultare la pubblicazione in cui sono stati raccolti tutti gli abstract qui:

https://invalsi-serviziostatistico.cineca.it/documenti/ss/eventi_ss/Libro_abstract_2022_ita.pdf

o scaricare direttamente le slide ed i video di tutte le presentazioni da

VII Seminario “I dati INVALSI: uno strumento per la ricerca e la didattica”

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