In un clima di grande partecipazione e coinvolgimento, si è svolto a Bologna il 25 e 26 marzo 2017 il direttivo nazionale dell’ADi in preparazione del Congresso nazionale dell’Associazione.
Il direttivo, aperto dalla relazione della Presidente Alessandra Cenerini, ha visto un ricchissimo dibattito, caratterizzato da una feconda sintonia di analisi e di proposte fra tutti i docenti e dirigenti scolastici presenti, provenienti da ogni parte d’Italia.
Le analisi
L’analisi si è focalizzata sull’evoluzione della politica scolastica dal governo Renzi al governo Gentiloni, dall’impianto iniziale della Buona Scuola ( settembre 2014) alla legge 13 luglio 2015 n. 107, ai Decreti Delegati del gennaio 2017 fino ai pareri su di essi espressi dalle Commissioni parlamentari.
Si è trattato di un progressivo peggioramento:
- la Buona Scuola 2014 pur tra molte contraddizioni, presentava stimoli interessanti, quali un accenno alla carriera, il richiamo allo stato giuridico e agli standard professionali;
- la legge 107/2015 ha strumentalmente fuso e confuso due provvedimenti inizialmente separati- le immissioni in ruolo e la legge delega di riforma.
- I decreti delegati 2017 hanno risentito della fretta e della situazione post referendum con la nuova invasione di campo dei sindacati, rispetto ai quali non sono state da meno le commissioni parlamentari.
Ma andiamo con ordine.
Alla verifica dei fatti si può dire che l’ADI aveva centrato i principali limiti della legge 107/15, che si possono così sintetizzare:
- Nessuna delle misure adottate si è proposta come un vettore di lotta contro la enorme mancanza di equità del nostro sistema scolastico. Cenerini ha ricordato, a questo proposito, quanto il sociologo francese François Dubet, spesso ospite dei seminari internazionali dell’ADi, ha scritto in 10 Propositions pour changer l’école : “ il sistema scolastico francese è troppo centralizzato e troppo diseguale. Il centralismo non è stato un vettore di lotta contro le disuguaglianze. Il ruolo dello Stato non è dire quello che si deve fare, ma assicurarsi che i risultati siano ottenuti. Oggi si fa il contrario.” Il quadro italiano non si discosta da questa impostazione. La decentralizzazione e l’autonomia scolastica sono rimaste irrealizzate.
- Le grandi immissioni in ruolo sono fallite, sia per l’utilizzo improprio e inefficace del potenziamento (come era prevedibile considerato quanto avvenne con la stessa identica misura nel 1982), sia perchè stanno richiamando a pioggia ulteriori, inesauribili, sanatorie oves et boves (tutti in ruolo con promessa che si cambierà dal 2020!). Gravi le conseguenze sulla qualità della scuola e su un’ efficace allocazione delle risorse.
- Con il premio ai bravi docenti si è persa l’ennesima occasione di porre mano alla questione centrale della carriera degli insegnanti e della leadership intermedia, supporto fondamentale all’autonomia scolastica, alla dirigenza, nonchè elemento centrale per la valorizzazione della docenza. In questo quadro il tentativo di dare maggiori poteri ai dirigenti scolastici, mentre si introducevano nuove inqualificabili sanatorie degli stessi, da un lato ha creato antiche contrapposizioni e dall’altro si è arenato di fronte ai limiti enormi dell’autonomia delle scuole. Il MIUR non intende ammettere che l’innovazione in Italia richiede la decentralizzazione del governo del sistema e una maggiore articolazione dell’organizzazione del lavoro nelle scuole autonome.
- I curricoli bulimici della nostra scuola sono non solo rimasti immutati, ma gravati da nuove aggiunte, anziché da opzionalità. La legge 107/2015 si è rivelata in ultima analisi una sorta di “cartoccio” entro cui si è cercato di “riconfezionare” la scuola, non cambiandone nè contenuti né organizzazione.
- Infine è stato un errore liquidare tout court il sindacato anziché ridimensionarne il ruolo mettendo mano allo Stato giuridico. Oggi il suo tardivo recupero, in condizioni di debolezza da parte del Governo, ha riproposto l’antica deleteria cogestione (v. mobilità, sanatorie ecc…).
Il passaggio dei Decreti alle Commissioni parlamentari pare peggiorare ulteriormente la situazione, si chiede infatti tra l’altro di:
- ampliare e prolungare le immissioni in ruolo per sanatoria, con la quarantennale promessa che sarà “ l’ultima volta”,
- non rendere la partecipazione all’alternanza scuola lavoro requisito obbligatorio per l’ammissione all’esame di diploma,
- non pubblicare nel curricolo dello studente le prove INVALSI di 5^ superiore ecc…
Le proposte dell’ADI
Nonostante l’attuale fase di grandissima incertezza politica, lucidamente analizzata dai più, tutti gli interventi sono stati connotati dallo sforzo di prospettare soluzioni positive. A questo fine sono state rivisitate ed arricchite le elaborazioni e soluzioni avanzate in questi anni dall’ADi e si è cercato di cogliere e valorizzare alcune potenzialità insite nella legge 107/15, dall’utilizzo degli ambiti alla formazione in servizio.
Di seguito in estrema sintesi alcune proposte:
- Finalità: equità e qualità del sistema
L’orizzonte verso cui devono tendere tutti gli interventi è illuminato da due parole: equità e qualità. Ogni iniziativa assume senso solo se incide positivamente, in modo equo e qualificato, sugli apprendimenti e sul benessere degli allievi, dai più deboli a quelli di talento.
- Decentralizzazione e autonomia scolastica
Lo stop alla riforma costituzionale del 4/12/16, impone di rimettere mano all’attuazione dell’art.117 del Titolo V relativamente a decentralizzazione dei poteri dallo Stato alle Regioni in materia di istruzione. Si ricorda che tentativi in tal senso furono fatti nel 2006 con il così detto Master Plan (Piano di attuazione del Titolo V per il settore istruzione elaborato dalla Conferenza delle Regioni), poi nel 2010 fu la volta di una Bozza di accordo Stato Regioni per l’attuazione del Titolo V in materia di istruzione, infine nel 2012 una nuova bozza di Intesa Governo/ Regioni che presentava aspetti molto interessanti. Era allora ministro dell’istruzione Francesco Profumo. Dal 2012 nulla è stato più fatto, perché a Profumo seguì la meteora del ministro Maria Chiara Carrozza (governo Letta), dopodichè si è entrati nel triennio renziano con la proposta di riforma costituzionale che portava con sè la completa riformulazione del Titolo V e la soppressione della legislazione concorrente.
Ora siamo al punto di partenza, e chiarezza andrebbe definitivamente fatta, anche alla luce delle tante sentenze della Corte Costituzionale.
Il punto di massima controversia rimane, allora come ora, il “datore di lavoro” degli insegnanti. Si ricorderà che, con una specifica e successiva aggiunta del MIUR, la bozza del 2010 affermava che “ Il personale dirigente, docente e A.T.A. della scuola resta alla dipendenza organica dello Stato”. Allo Stato quindi non rimanevano solo le norme generali, i principi fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni, ma gli si continuava ad attribuire il ruolo improprio di “datore di lavoro” del personale della scuola, ruolo del tutto estraneo al dettato costituzionale. La Bozza 2012 ha eliminato questo passaggio, limitandosi a ribadire il principio secondo cui la materia dell’ordinamento civile e la disciplina privatistica del rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti (compresi i docenti) spetta alla legge dello Stato. Questo principio non impedisce affatto di stabilire che i docenti passino alle dipendenze di un datore di lavoro diverso dallo Stato.
Sappiamo bene che la gestione regionale del personale spaventa ed è sempre stata bloccata ( v. istituti professionali, dal 1978 ad oggi), ma la stessa Regione non dovrebbe avere la gestione diretta del personale, che andrebbe invece delegata agli istituti scolastici autonomi, considerato che dal 2001 l’autonomia delle scuole è costituzionalmente garantita. E’ la programmazione macro che deve rimanere in capo alla Regione, come in parte è già.
- Dirigenza scolastica e organizzazione del lavoro
La situazione del governo degli Istituti scolastici è per alcuni aspetti drammatica, il numero delle scuole in reggenza è impressionante, la quantità di adempimenti burocratici che pesano sui dirigenti è insopportabile, a causa di un centralismo che non demorde, mentre non si è stati in grado di costruire un’organizzazione stabile e articolata a sostegno dell’autonomia, che va dalla figura di carriera del vicario alle figure di leadership intermedia. Questi problemi devono essere risolti, pena il collasso delle scuole, nonostante la dedizione e l’impegno dei più. La dirigenza scolastica, che va ridefinita anche in termini molto più chiari di “standard professionali”, potrà esercitare al meglio le proprie competenze e responsabilità solo se la scuola sarà liberata da ossessivi vincoli burocratici e se, come qualsiasi altro servizio o ente, potrà contare su un’organizzazione strutturata ed articolata con l’assegnazione di nuovi ruoli e competenze, che superino non solo l’indistinta figura del docente, ma anche l’altrettanto indistinta figura del personale ausiliario. Infine, in questo quadro, va riconsiderata la stessa figura del DSGA.
- Reclutamento degli insegnanti
Mentre si rimanda alla posizione tante volte espressa dall’ADI in merito alla questione complessiva di Formazione e reclutamento, il Direttivo ha messo in evidenza l’inconsistenza dell’attuale discrezionalità attribuita al DS in merito all’assegnazione ai docenti del posto di incarico a tempo indeterminato. Sul reclutamento sono state sottolineate 3 questioni centrali, volte da un lato a sconfiggere alla radice la piaga del precariato e dall’altro a garantire l’assunzione di docenti in coerenza con il PTOF di istituto: 1) gli istituti autonomi, che assumono le caratteristiche di datori di lavoro, devono avere la facoltà di indire i concorsi per il reclutamento a tempo indeterminato ogni qual volta si è in presenza di posti vacanti e disponibili, che si presumono stabili ( almeno per i 3 anni successivi); 2) sia ripristinata la possibilità di chiamata diretta laddove l’impostazione del PTOF lo richieda, come assicurato in passato per le sperimentazioni ( rimaste 3 in Italia!); 3) da subito sia assegnata ai Dirigenti scolastici la responsabilità di assumere i supplenti tramite valutazione, 4) cessi la “raccolta punti” dei supplenti basata sul servizio, che è alla base di tantissime storture
- Curricoli
Va mantenuta alta l’attenzione e la tensione sui curricoli. Va ripensata la loro costruzione, superando l’enorme frammentazione delle discipline. Non è solo questione di didattica delle discipline, ma di interventi sulla epistemologia delle discipline e su nuove aggregazioni. E’ convinzione dell’ADi, riproposta da vari membri del direttivo, che solo attraverso un radicale ripensamento dei curricoli si potrà perseguire una maggiore equità e qualità nell’educazione. Ultima, ma non per importanza, è stata riproposta l’esigenza che il curricolo sia costruito con discipline obbligatorie ed opzionali.
- Istruzione Professionale statale e Istruzione e Formazione Professionale regionale
Questo tema è da moltissimi anni al centro dell’attenzione dell’ADi, in particolare dopo lo stravolgimento di questi Istituti operato dal ministero Fioroni con la Legge 40/2007, che per mantenerne la gestione in capo allo Stato, ha dovuto rinunciare alla qualifica professionale triennale e al diploma professionale quadriennale (competenze regionali) e omologarli agli Istituti Tecnici, di cui sono diventati la copia di serie B. Ebbene gli istituti professionali statali detengono oggi il primato, indegno di un Paese civile, della più alta percentuale di abbandoni, con il 38,4% nazionale di studenti dispersi tra il 1° e il 5° anno, percentuale che in tante regioni è vicina al 50%. Nel frattempo la Istruzione e Formazione professionale regionale sta ottenendo risultati di gran lunga migliori sia in termini di successo formativo che di inserimento nel lavoro. Contemporaneamente gli iscritti all’IeFP sul totale della popolazione in età si stanno avvicinando agli iscritti all’IPS, ma con forti squilibri regionali, a danno del SUD, dove i centri di formazione professionale sono del tutto carenti. In questa situazione l’ADI da sempre sostiene la soluzione praticata a Trento, con alcuni accorgimenti. Trento non c’è stata a subire una riforma che stravolgeva l’istruzione professionale e, non potendo modificare la legge nazionale, decise, forte della propria autonomia, di indirizzare alla sola istruzione/formazione professionale di sua competenza i giovani orientati alla qualifica, e di trasformare contestualmente gli istituti professionali esistenti in istituti tecnici e/o centri di formazione professionale. In questo modo Trento ha semplificato i percorsi del 2° ciclo, costruendoli su 3 sole gambe: licei, istruzione tecnica, istruzione/formazione professionale assegnata dalla Costituzione alle Regioni e alle Province Autonome.
Ciò che ADi da sempre chiede è di trasformare gli Istituti Professionali in parte in Istituti Tecnici e in parte in Istituti con il compito di impartire in regime di sussidiarietà, in accordo con le Regioni, i percorsi di Istruzione Formazione Professionale. Questa soluzione sarebbe importantissima per le Regioni del Sud e delle isole. Il decreto sull’istruzione professionale, che doveva trovare raccordi con l’IeFP, è parso lontanissimo da questa soluzione. Dopo il confronto con le Regioni, è stato in parte modificato ed è stata ripristinata la possibilità di impartire qualifiche triennali e diplomi quadriennali in regime di sussidiarietà complementare. Verificheremo la stesura definitiva, mentre rimaniamo saldi nella nostra ipotesi che la triplice gerarchizzazione in Tecnici, Professionali e IeFP sia una dissipazione in termini di democrazia educativa e di razionalizzazione delle risorse.
- Utilizzo delle prove INVALSI
Le prove INVALSI sono finalizzate alla valutazione di sistema, ma non solo. Nella situazione italiana di enorme varianza nella valutazione degli apprendimenti, non solo fra macroaree, ma entro lo stesso territorio e la stessa scuola, nonchè di inflazione di promozioni all’esame di stato che vede ormai il 99% dei diplomati ( tanto che le Università non assumono più il voto di diploma come uno dei criteri per l’accesso), appare assolutamente importante anche poter fruire di una valutazione standardizzata nazionale dei singoli al termine dei due cicli. Le prove devono svolgersi al di fuori degli esami di Stato ( giusto escludere la prova INVALSI dall’esame di 3^ secondaria di 1° grado), ma devono essere altrettanto pubbliche e indicate sul curricolo dello studente.
- Alternanza scuola/lavoro
L’alternanza scuola-lavoro è un termine ambiguo e improprio. La vera alternanza è il sistema duale che in Italia si chiama apprendistato. Nel caso di specie si tratta di tirocini o stage. Pur con queste precisazioni e pur nelle difficoltà presenti e nel limitato numero di esperienze significative oggi realizzate, l’ADi ritiene che si tratti di una importante introduzione all’interno dei curricoli. Pertanto esprime l’opportunità, a differenza della 7^ commissione parlamentare, di mantenere il vincolo della partecipazione alle esperienze di alternanza scuola lavoro per l’ammissione all’esame di stato. La storia della scuola italiana ci indica che ciò che non è obbligatorio viene molto velocemente disperso e accantonato. Non deve essere questo il caso. E’ cura dell’ADI aiutare e favorire la progettazione , realizzazione e valutazione delle esperienze di scuola/lavoro, anche attraverso la formazione sull’utilizzo di ECVET
- La digitalizzazione
L’attuazione del piano di digitalizzazione, che dovrebbe porsi come grande ausilio sia alla semplificazione dell’attività amministrativa sia alla didattica, mostra ancora moltissime zone d’ombra, su cui è importantissimo intervenire. I colleghi dirigenti hanno lamentato il fatto che addirittura adempimenti amministrativi che sono stati digitalizzati devono ancora essere obbligatoriamente riprodotti pure in cartaceo, aggravando, anziché alleviare, il carico burocratico. In sintesi la dematerializzazione/digitalizzazione delle segreterie sta procedendo, ma nella maggior parte dei casi, mantenendo le stesse identiche procedure e purtroppo la stessa mentalità. Per quanto si riferisce all’insegnamento vi è ancora molta diffidenza e apprensione. C’è un enorme lavoro da fare perché l’introduzione della tecnologia vada di pari passo con un cambiamento radicale delle pratiche di insegnamento. Scriveva nel 2015 Andreas Schleicher, direttore del dipartimento Education and Skills dell’OCSE “ adding 21st-century technologies to 20th-century teaching practices will just dilute the effectiveness of teaching”. Per usare le parole di Antonio Fini siamo in presenza di “carrozze senza cavalli!”. Allora bisogna agire perché la digitalizzazione non si ponga come fine , ma come mezzo. Un primo passo può essere la valorizzazione della figura dell’AD, che non può rimanere confinata ad attività di volontariato. Va invece inquadrata in un’articolata organizzazione del lavoro, selezionata sulla base delle competenze e adeguatamente retribuita.
- Scuola infanzia: anacronistica dicotomia fra gestione comunale e statale.
L’ADi conduce da anni in solitudine una battaglia perché si avvii un processo di unificazione delle scuole dell’infanzia comunali e statali, ma ancora oggi, nel recentissimo decreto, le scuole comunali rimangono scuole paritarie, esattamente come le paritarie private così come prima della legge di parità erano scuole private al pari delle private “vere”. Quasi ovunque all’estero le scuole dell’infanzia pubbliche sono comunali. Questa dicotomia sta portando in Italia situazioni pesantissime per le scuole comunali, da un lato perché i Comuni hanno difficoltà a mantenerle e dall’altro perché le insegnanti scappano, essendo contrattualmente trattate molto peggio delle colleghe statali. Si chiede, come primo passo, l’unificazione contrattuale delle insegnanti comunali e statali
- Benessere a scuola: tempi e spazi
L’ADi ha dedicato un’intera sessione del suo ultimo seminario internazionale al benessere a scuola, perché i dati che abbiamo al riguardo sono preoccupanti. Secondo il Rapporto sulla salute e il benessere dei giovani pubblicato dall’ufficio europeo dell’ Organizzazione mondiale della Sanità (OMS 2016),lo ‘stress da scuola’ colpisce il 72% delle quindicenni e il 51% dei ragazzi.
Essere felici di andare a scuola è un sentimento estraneo alla nostra immagine dell’istituzione, che ha radici antiche e si basa essenzialmente sulla separazione tra istruzione ed educazione.
Il rifiuto di considerare il problema del benessere degli allievi non è una lacuna o un difetto, è una vera e propria concezione della scuola: si crede che il piacere non sia formativo e che abbia a che fare con l’inutile, il futile e il lassismo.
La ricerca del benessere degli allievi è dunque una sfida politica. La scuola è una istituzione educativa nella quale il sentimento del benessere degli allievi non può essere una variabile vagamente sentimentale, deve essere una vera politica delle scuole.
Moltissime sono le variabili che incidono sul benessere degli allievi, due sono sicuramente il tempo e lo spazio. Pause, tempi di socializzazione e ambienti confortevoli . Questo chiama in causa da un lato l’organizzazione degli orari scolastici, e dall’altro l’architettura scolastica, compresi gli arredamenti. Sull’architettura scolastica l’ADi ritorna ad ogni seminario internazionale e passi in avanti ne sono stati fatti, ma ancora troppo pochi. Vale pertanto la pena di continuare a divulgare informazioni e a coinvolgere dirigenti scolastici e insegnanti. Spesso si possono ricreare gli spazi senza enormi spese. E’ un problema di cultura prima che di risorse economiche.
Due progetti dell’ADI
Accanto all’impegno generale su tutte le tematiche finora indicate, l’ADi si è assunta da tempo l’onere di portare a termine due importanti progetti. Uno dei quali è in fase di ultimazione, l’altro è già stato impostato e discusso. Su questi due progetti l’ADi si impegna ad aprire la discussione e a farne punti centrali in sede di Congresso.
Di seguito i due progetti.
1. Istituti a Statuto Speciale
Le esperienze maturate nell’ultimo quindicennio sembrano dimostrare l’impossibilità che progetti complessivi di riforma abbiano successo.
Di qui il tentativo di provare ad aprire il sistema istituzionale a chi è davvero interessato al cambiamento. Insomma che il sistema, almeno, non sia una gabbia per coloro che hanno un progetto e una volontà di innovazione.
Il progetto di legge, su cui da tanto l’ADi discute e che prende le mosse da altre esperienze straniere, come le Academies inglesi, è ormai pronto. Si tratta ora di organizzarne la divulgazione e il dibattito nelle scuole e tra le forze politiche e i soggetti sociali interessati.
2. Progetto di ricerca su percorsi di sviluppo della carriera docente
Il progetto di ricerca, su cui da tempo l’ADi lavora si focalizza sui seguenti aspetti:
- analisi delle esperienze internazionali di sviluppo differenziato della carriera docente;
- definizione dei percorsi di carriera all’interno dell’istituzione scolastica e all’esterno verso le amministrazioni territoriali del MIUR;
- identificazione delle figure docenti che nella scuola svolgono attività di leadership in ambito pedagogico–didattico e in ambito gestionale –organizzativo;
- definizione degli standard professionali ai diversi stadi delle nuove e differenziate figure di leadership della docenza;
- formazione e reclutamento delle figure di middle management;
- modalità e strumenti di valutazione e selezione;
- criteri che definiscono il livello retributivo, l’orario di servizio e altri aspetti del rapporto di lavoro;
- sostenibilità finanziaria dell’introduzione di figure di middle management scolastico. Il progetto mira a quantificare la numerosità e il costo del personale con tale profilo.
Data e luogo del 4° Congresso dell’ADi
Il Congresso si terrà a Roma il 29 -30 settembre 2017.
Il Congresso sarà strutturato in una prima parte aperta al pubblico e in una seconda parte riservata ai soli delegati che dovrà votare le linee di politica culturale e professionale dell’associazione per i prossimi tre anni ed eleggere gli organi statutari ( presidente, tesoriere, collegio dei probiviri, revisore dei conti)
Il Congresso sarà preceduto da iniziative regionali.
Impegni organizzativi dell’ADi
Sono stati assunti alcuni impegni in questa fase precongressuale per rendere più efficace l’azione dell’ADi nei confronti della comunicazione, dell’attività di formazione, e della dirigenza scolastica. A questo fine:
- E’ stata assegnata a Maurizio Serafin la responsabilità di tenere aggiornata la sezione del sito che riguarda le “Notizie” nonché di animare i social ADi
- E’ stata assegnata ad Antonio Fini la responsabilità di coordinare un gruppo di dirigenti scolastici ADI che approfondisca ed elabori proposte sulle questioni contingenti e di prospettiva relative alla dirigenza scolastica
- E’ stata assegnata a Gabriele Benassi la responsabilità di ampliare il parco dei formatori, attraverso una selezione di candidati e una successiva fase di confronto/formazione comune