INTRODUZIONE
Mi è stato chiesto di delineare alcune linee programmatiche per il prossimo triennio. Cercherò di farlo seguendo il filo di un ragionamento che risponde a tre domande.
- Prima domanda: quali sono le opzioni che abbiamo davanti in un momento di crisi come quella che stiamo vivendo e quali sono le scelte che ADi ha fatto in questi anni?
- Seconda domanda: in quale direzione punta oggi il cambiamento? E la risposta l’abbiamo già trovata, a mio avviso, nella relazione di Alessandra.
- Terza domanda: quali punti approfondire nei prossimi tre anni per sostenere la scuola nel cambiamento che le è richiesto?
UN POSSIBILE APPROCCIO
Partiamo dal primo punto, che cosa si può fare in questo momento di crisi, di rotture, di trasformazioni profonde.
Guidare il cambiamento dal futuro emergente
Otto Scharmer, uno dei più innovativi studiosi di gestione del cambiamento, docente al MIT e ideatore della “Teoria U”, afferma cose molto interessanti che trovo peraltro in sintonia con l’impostazione ADi.
Scharmer afferma che quando siamo di fronte a una grande crisi abbiamo tre opzioni, tre possibili fonti di conoscenza e di apprendimento a cui fare riferimento.
La prima opzione è imparare riflettendo sul passato. Una soluzione che nei momenti di crisi acuta rischia però di non offrire risposte adeguate, perché porta a immaginare il futuro utilizzando le stesse idee che hanno generato la crisi.
La seconda opzione è quella di guardare al presente, di apprendere guardando al presente e di fare di più di quello che già facciamo. Ma aggiungere senza modificare spesso non risolve i problemi, particolarmente in momenti di crisi acuta come l’attuale.
Infine c’è una terza opzione: apprendere guardando al futuro che non è ancora realizzato e vuole emergere. In questo caso il processo di analisi e ricerca scende nel profondo, per liberarsi dalle abitudini, dalle idee consolidate, da quanto ha forse funzionato un tempo ma ora è una zavorra, e in questa ricerca trova la forza per cambiare, per sostenere il realizzarsi di un futuro diverso dal passato. E’ questo il metodo più efficace per prendere decisioni in situazioni di rottura come quelle che stiamo vivendo.
Tutto questo non è semplice perché presuppone di fare qualcosa che è in un certo senso contro natura, richiede cioè che in un momento vorticoso di crisi si rallenti, ci si fermi a riflettere e a cercare di percepire quali sono le forze del cambiamento che si stanno manifestando.
Scharmer dice che è proprio la capacità di rompere con i modelli del passato e di collegarci al futuro emergente ciò che ci contraddistingue come esseri umani. Una caratteristica distintiva importante in un momento in cui, con l’avanzare vertiginoso dell’intelligenza artificiale, diventa sempre più importante capire e coltivare ciò che ci contraddistingue come esseri umani.
Ora il titolo di questo Congresso, Quale educazione per la generazione Alpha, e tutta la relazione di Alessandra mi sembra testimonino l’orientamento di ADi ad analizzare e cogliere nel presente il futuro e su quello fondare la propria azione. In questi giorni sono andata a vedere l’archivio dei seminari internazionali dell’ADi e già dai titoli si vede questa tensione al futuro. Ve ne cito alcuni: seminario del 2003, Il futuro della professione docente tra Stato giuridico, contratto e decentramento; seminario del 2009, Da Socrate a Google. Come si apprende nel nuovo millennio; seminario del 2017, questo è bellissimo, Graffiti. Tracce della scuola che verrà. Vedete che c’è proprio l’idea che nel presente c’è già il futuro.
LA DIREZIONE DEL CAMBIAMENTO
Quale futuro sta emergendo e quali implicazioni per la nostra azione? Tra chi lavora per sostenere il cambiamento c’è una grande sintonia di vedute. Otto Scharmer parla di un percorso che richiede una nuova consapevolezza: il passaggio da una consapevolezza egosistemica centrata sull’io a una consapevolezza ecosistemica capace di farsi carico del benessere di tutti.
Una posizione analoga è sostenuta dal movimento convivialista nato su impulso del sociologo francese Alain Caillé che ha elaborato un primo manifesto del convivialismo, a cui ha fatto seguito un secondo manifesto, elaborato con il contributo di molti, il Second manifeste convivialiste pour un monde post-néolibéral. Il convivialismo propone principi che consentono agli esseri umani di esprimere allo stesso tempo rivalità, sentimento insito nella natura umana, e cooperazione, nella consapevolezza della finitezza delle risorse naturali e nella preoccupazione condivisa della cura del mondo. La competizione, connaturata all’uomo, non deve crescere a dismisura, i conflitti vanno governati e risolti in un contesto in cui deve prevalere l’apertura cooperativa verso gli altri. Si prende cioè atto del bisogno di riconoscimento di ciascuno, ma in un quadro collaborativo. Dei cinque principi del secondo Manifesto convivialista, L’arte di vivere insieme, vi cito solo il terzo che ben spiega questo concetto: “La comune socialità è la più grande ricchezza dell’umanità. È la ricchezza di concreti rapporti che gli esseri umani intrattengono tra loro nel quadro di associazioni, società, comunità”.
Il richiamo al “noi” è ben presente anche nelle elaborazioni di Robert Putnam e, in particolare, nel suo ultimo volume, Upswing, già citato da Alessandra.
Questo stesso movimento dall’io al noi è quello che sottolinea in ambito educativo Michael Fullan, che contrappone – nella scuola – una cultura collaborativa, di squadra, a una cultura individualistica che ha fatto il suo tempo, e auspica un’autonomia “connessa”. Un concetto che racchiude in sé l’essere autonomi e collegati agli altri, indipendenza e responsabilità verso gli altri, progresso del singolo e del gruppo, nella consapevolezza che le relazioni collaborative migliorano sempre le singole autonomie.
La stessa recente pandemia ha fatto ben comprendere come la scuola sia innanzitutto un luogo di relazioni, un luogo del “noi”. Ci sono tante ricerche che lo dimostrano, ne cito solo una, quella dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo. Questa indagine ci dice che durante la pandemia le relazioni degli studenti si sono rafforzate… con quegli insegnanti che sono stati in grado di mantenere un contatto individualizzato con i loro studenti, dimostrando che erano interessati a loro e a quello che stavano vivendo. A dimostrazione di quanto sia importante la relazione nel processo educativo.
Infine, nel campo della ricerca educativa mi sembra che questa attenzione alla dimensione del “noi” sia stata tematizzata nel concetto di clima scolastico, definito come la qualità e il carattere della vita della scuola e strettamente legato alla qualità delle relazioni.
ALCUNI PUNTI PROGRAMMATICI
E siamo giunti alla terza domanda: quali proposte programmatiche, quali punti approfondire nei prossimi tre anni per sostenere la scuola nel cambiamento?
Clima scolastico e aspetti connessi
La prima proposta è proprio quella di approfondire e diffondere un’educazione basata su un clima scolastico positivo. È questo un aspetto che tocca tutti gli attori del sistema scolastico e che comprende i rapporti con le famiglie e con le agenzie del territorio.
Il clima scolastico si collega inoltre a diversi altri punti della nuova narrazione dell’istruzione, che qui velocemente riprendo.
- Il primo punto è tenere insieme risultati accademici e benessere. Questi due aspetti non solo non sono in contrapposizione, ma sono strettamente interrelati, come mostrano molte ricerche, dalle neuroscienze alle indagini internazionali su grandi campioni. In estrema sintesi, l’apprendimento cognitivo è facilitato e rinforzato da una situazione di benessere, dove il benessere è definito dal sentirsi sicuri, dal sentirsi apprezzati e dal percepire che quello che si apprende ha senso. E per alcuni studenti questa è la condizione perché l’apprendimento avvenga.
- Il secondo punto è assicurarsi che tutti abbiano spazio di parola e di partecipazione. È quindi fondamentale valorizzare la voce degli studenti, la loro agency, il loro protagonismo nell’apprendimento, anche di quelli che sono più ai margini del sistema, e che si riconosca la forza insita nell’apprendere insieme, come mostrato dagli straordinari esperimenti di Sugata Mitra, citati nelle slides di Alessandra.
- Il terzo punto riguarda il curricolo, la sua sostenibilità, la necessità di snellirlo perché è troppo esteso per essere anche profondo, e di ripensarlo integrandolo con le competenze globali, di cui si dispongono già framework molto precisi e articolati.
Autonomia degli Istituti scolastici e leadership di sistema
Tutto questo presuppone di portare avanti il lavoro sull’autonomia che ADi ha intrapreso in questi anni, nella prospettiva di un’autonomia autentica, avanzata e insieme connessa.
E contestualmente devono essere concretizzate le proposte sulla leadership di sistema, attuata a diversi livelli, indispensabile pilastro dell’autonomia scolastica.
Si tratta di condizioni necessarie per creare nel sistema quella flessibilità necessaria e indispensabile per il cambiamento.
….. e alcune intenzioni di metodo
Infine, alcune intenzioni di metodo, in linea con le scelte che hanno sempre caratterizzato l’ADi
- Continuare la riflessione sui dati
È importante andare avanti nel presentare i risultati delle indagini nazionali e internazionali più significative. Ancorare la riflessione ai dati.
- Mantenere l’orizzonte internazionale
ADi si è sempre caratterizzata per lo sguardo internazionale, per l’attenzione alle esperienze più innovative a livello planetario, con l’idea di vedere che cosa è possibile, quali traguardi altri sono riusciti a raggiungere, per trarne ispirazione. Uscire per imparare e anche per mettersi in rete.
- Aumentare gli spazi di scambio
È importante aumentare gli spazi di scambio di riflessioni, di esperienze, di dialogo partecipato e di supporto reciproco per gli insegnanti e anche per i dirigenti scolastici, come modo per creare benessere e arrivare a soluzioni efficaci.