RELAZIONE DI ROI COHEN KADOSH
Grazie per l’invito, grazie ad Alessandra per avermi dato la possibilità di intervenire, mi spiace di non essere con voi a causa del maltempo.
Parleremo di neuroscienze e di come poter migliorare l’apprendimento e la cognizione.
Si apprende tutta la vita ma… tanti hanno difficoltà
Noi impariamo nel corso di tutta la vita, si comincia da bambini con la scuola dell’infanzia e si prosegue studiando fino all’università, ma anche dopo, da adulti, si continua ad imparare per sviluppare quelle competenze che ci permettono di adattarci a una società in continua evoluzione.
Ma lo studio non è cosa semplice, tanti hanno difficoltà, per esempio i bambini con un neurosviluppo atipico. I disturbi di apprendimento che colpiscono circa il 10% della popolazione umana sono collegati a un neurosviluppo atipico, ma sono trattati di norma solo con interventi educativi di tipo comportamentale, che hanno dimostrato scarsa efficacia. Hanno cioè un limitato effetto sulla modulazione della neuroplasticità.
Noi possiamo apprendere attraverso un training cognitivo, sperando che stimoli la nostra neuroplasticità, la quale avrà effetto sull’apprendimento in un processo di reciprocità. Tuttavia rimangono molti problemi irrisolti. Infatti, se per alcuni bambini il processo di apprendimento è veloce ed efficace, per altri è molto più difficile, proprio perché questi processi neuroplastici non sono ugualmente efficaci.
Un modo per migliorare l’apprendimento è quello di stimolare il cervello, abbiamo sperimentato delle tecniche non invasive che possono migliorare i nostri processi di apprendimento.
La stimolazione transcranica
La tecnica di cui vi voglio parlare si chiama Stimolazione Elettrica Transcranica a rumore casuale (tRNS). Con questo metodo mandiamo corrente alternata a frequenze casuali, si tratta di un basso voltaggio assolutamente innocuo. Le persone non avvertono nulla se non un formicolio per 30 secondi che poi scompare, non si sente dolore, è una modalità sicura se si segue una certa procedura.
Perché il rumore casuale ha una certa efficacia sul cervello?
Il rumore non è un qualcosa di negativo, in una certa misura è benefico.
Quando passa un’informazione nel nostro cervello, le cellule devono superare una certa soglia, se questo segnale è troppo debole non raggiunge il livello di soglia per poter processare le informazioni. Ma se noi aggiungiamo rumore al segnale, c’è un potenziamento, e queste cellule possono avere la capacità di trasmettere le informazioni. Il rumore ha cioè un effetto positivo. Questa non è una novità, lo sappiamo anche da altri campi. Prendiamo, ad esempio, la percezione. Se a uno stimolo debole, noi applichiamo del rumore, il segnale migliora. Quindi basta aggiungere rumore a livello percettivo e improvvisamente, come vedete nella figura, si è in grado di riconoscere il Big Ben, che prima era assolutamente sfuocato e non visibile. Tuttavia se il rumore è eccessivo non ha più un effetto benefico.
La stimolazione transcranica può migliorare l’apprendimento
Abbiamo usato questo metodo negli ultimi 10 anni, rispetto a diversi apprendimenti, principalmente la matematica, ma anche il problem solving.
Ad esempio, come si vede nella figura a sinistra, abbiamo chiesto a diversi soggetti di fare un’esercitazione, 4 # 12 = 17, memorizzando una sequenza matematica. E’ qualcosa di molto simile all’apprendimento delle moltiplicazioni. Il training è durato 5 giorni e abbiamo applicato lo stimolo alla corteccia prefrontale, la parte anteriore del cervello. Guardate il risultato: in rosso abbiamo l’effetto dello stimolo, invece in blu il placebo. Si vede chiaramente che il rumore casuale ha prodotto una migliore performance in termini di tempi di reazione, che sono diventati più rapidi.
Un altro esperimento ha riguardato il calcolo. Nella stessa figura, a destra vedete che abbiamo presentato il problema applicando un algoritmo. I tempi di reazione sono stati più lunghi, questo metodo è più impegnativo del precedente, comunque nel corso dei 5 giorni abbiamo visto che chi aveva ricevuto uno stimolo con rumore casuale ha avuto dei benefici.
Questi risultati sono apparsi molto interessanti, infatti attraverso la stimolazione abbiamo potuto migliorare i risultati sia a livello superficiale sia a livello profondo. I partecipanti a questi esperimenti sono stati studenti universitari.
Effetti a lungo termine
Ci interessava anche sapere se questi risultati erano durevoli.
I partecipanti sono stati quindi mandati a casa e li abbiamo chiamati dopo sei mesi. Abbiamo posto loro lo stesso tipo di problema del precedente esperimento, per vedere se si erano verificati dei cambiamenti. Per quanto riguarda il calcolo, vedete nella figura che i soggetti stimolati sono andati meglio rispetto al gruppo del placebo. Anche con dei nuovi compiti, nei quali dovevano applicare gli stessi algoritmi appresi 6 mesi prima, sono andati meglio rispetto al gruppo del placebo. Abbiamo quindi verificato un effetto durevole che però si è dimostrato valido solo per i calcoli.
Performance e apprendimento
Quando noi insegniamo agli studenti usiamo due criteri:
- Uno è quello della performance, ovvero valutare le fluttuazioni comportamentali durante il processo di acquisizione, per esempio la risposta che uno studente dà in classe dopo che gli è stata insegnata la moltiplicazione;
- Il secondo, ed è quello che a noi interessa, è l’apprendimento, cioè ricordare le cose nel tempo, non limitarsi a risultati immediati. L’apprendimento è quello che genera cambiamenti relativamente permanenti nel comportamento/conoscenza che sostengono il consolidamento e la memorizzazione
Quello che abbiamo verificato è che l’effetto della stimolazione agisce proprio sull’apprendimento, che sembra essere facilitato, sembra migliorare, stimolando la corteccia.
La stimolazione può anche peggiorare l’apprendimento se….
L’aspetto interessante è che se si stimola la regione sbagliata, ovvero la parte posteriore del cervello, la corteccia parietale, le persone ricordano meno, quindi è importante sapere anche dove stimolare, altrimenti si possono provocare dei danni.
Personalizzare l’efficacia del tRNS
L’altra cosa che volevamo esaminare era quella di un intervento più personalizzato, perché in un gruppo alcune persone reagiscono bene, altre peggio. E’ pertanto importante poter personalizzare l’intervento, adattandolo alle diverse reazioni.
Abbiamo fatto un esperimento su piccola scala, basandoci su un’ipotesi che riguarda il collegamento tra parte anteriore del cervello, impegnata all’inizio dell’apprendimento, e la parte posteriore che invece è interessata al consolidamento delle informazioni, quando le informazioni non sono più nuove. Nella figura vedete la forza della connettività fra le due aree, con un neuroscanner si vede come si collegano le due regioni. Abbiamo una misura che si chiama “connettività funzionale”, con valori più alti e più bassi, questi valori ci indicano se il collegamento è più debole o più forte. L’effetto dello stimolo ha riguardato soprattutto una minore connettività funzionale. Se confrontiamo i 2 gruppi, di cui uno a effetto placebo, si vede che c’è stato un maggiore effetto laddove era minore la connettività, quindi lo stimolo può essere benefico soprattutto con chi ha una connettività funzionale bassa, più debole.
Questo ci riporta all’idea della risonanza stocastica, perché qui il presupposto è che ci sia una minore comunicazione fra queste regioni, ed è lì che sarebbe utile il rumore.
Per avere ulteriori prove abbiamo esaminato soggetti con disabilità nell’apprendimento della matematica.
Siamo andati in una scuola speciale a Londra per bambini con difficoltà di apprendimento e abbiamo testato degli alunni su un gioco che abbiamo progettato noi. E’ un gioco che riguarda le capacità di calcolo, abilità visive ecc… Abbiamo stimolato la corteccia per 9 giorni e poi siamo passati 2 volte alla settimana per 4 settimane.
Il primo risultato è stato che i soggetti stimolati, indicati in rosso, hanno cominciato a migliorare rispetto al gruppo del placebo. Vedete il grado di vicinanza alla risposta giusta, ma poi cala con il tempo, perché? Una delle possibilità è che i soggetti stimolati raggiungono un livello di difficoltà maggiore.
Valori più elevati indicano problemi più complessi, e in questa figura a sinistra vedete che i soggetti stimolati presentano una curva più pronunciata e ciò ci riporta ai risultati precedenti circa il miglioramento delle capacità di calcolo, ma collima anche con altri gruppi. Per esempio questo è un gruppo italiano che si è occupato di apprendimento percettivo, quindi sembra che analogamente agli adulti sani lo stesso effetto si possa ottenere su bambini con difficoltà di apprendimento.
CONCLUSIONE
In conclusione, lo stimolo con rumore casuale, il tRNS, sembra migliorare il consolidamento delle competenze.
La maggiore o minore efficacia dipende dalle differenze individuali nella neurofisiologia, dai correlati neuronali delle persone, dalle connessioni fra la zona parietale e la zona frontale.
Il progredire della nostra comprensione naturalmente potrà portare miglioramenti nell’apprendimento della popolazione tipica e atipica, anche se questi risultati in futuro potranno essere sfruttati maggiormente per i casi di difficoltà cognitive.
E ora alcuni ringraziamenti ai miei collaboratori
Grazie per l’attenzione