OCSE: Uno sguardo sull’educazione 2021

a cura di Tiziana Pedrizzi

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COSA CI DICE “ UNO SGUARDO SULL’EDUCAZIONE” 2021

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Come ogni anno, a settembre, è arrivato il rapporto Ocse Education at a glance, Uno sguardo sull’educazione,  che si pone l’obiettivo di mettere a fuoco i trend fondamentali dell’istruzione emersi nell’anno dai dati delle indagini internazionali Ocse.

Di seguito una sintesi  dei contenuti del Rapporto , che non presentano, peraltro , particolari novità rispetto al passato

Ottenere una educazione di base e risultati equi è ancora una sfida

2PUn titolo di studio di scuola secondaria superiore rimane il livello di base atteso per giovani adulti per contribuire efficacemente alla società. Tuttavia un adulto su cinque nei Paesi OCSE non lo possiede ed in alcuni Paesi una percentuale significativa di bambini lascia la scuola precocemente.

Nel 2019, in circa un quarto dei Paesi OCSE, almeno il 10% dei giovani in età scolare non era a scuola.

Fra i fattori che influenzano la performance educativa  lo status economico sociale ha un impatto sulle competenze dei 15enni maggiore di quello del Paese di origine.

Lo status socio-economico tende anche ad influenzare la scelta dei percorsi di studio, poichè gli studenti senza un genitore laureato, una proxy dello status socio-economico, tendono maggiormente ad iscriversi a corsi professionali piuttosto che generalisti.

I giovani privi di un titolo di studio di scuola secondaria superiore incontrano svantaggi nel mercato del lavoro.

Nel 2020, la percentuale di disoccupazione dei giovani adulti senza diploma era quasi il doppio di quella di quelli con titoli più alti.

Mentre la disoccupazione è aumentata di 1-2 punti percentuali fra il 2019 ed il 2020 a causa della crisi Covid, non c’è un modello chiaro fra gli adulti con differenti livelli di istruzione.

Il Lifelong learning è emerso più che mai come fattore critico per gli adulti utile a migliorare e riconvertire le proprie competenze in un mondo in continuo cambiamento. Tuttavia più della metà degli adulti non vi ha partecipato nel 2016 e la pandemia ha ulteriormente diminuito le opportunità di farlo.

Il background degli immigrati tende ad influenzare i percorsi di apprendimento, mentre le prospettive di impiego degli adulti nati all’estero variano grandemente fra i diversi Paesi

3PIn media nell’OCSE gli adulti nati all’estero costituiscono il 22% di tutti gli adulti con titoli di studio inferiori al diploma, il 14% di quelli con istruzione secondaria superiore o postsecondaria non terziaria ed il 18% degli adulti muniti di educazione terziaria. Essere un immigrato di prima o seconda generazione incide sulla possibilità di terminare una educazione secondaria di secondo grado: in quasi tutti i Paesi con dati a disposizione la percentuale di studenti immigrati con titolo di secondaria superiore di immigranti di prima o seconda generazione risulta più bassa di quella di studenti senza background migrante. Nella maggior parte dei paesi OCSE le percentuali di impiego sono più basse fra gli adulti forniti di educazione terziaria nati all’estero che tra i pari nativi. Ma il contrario si osserva spesso fra quelli con più bassi livelli di istruzione. In circa metà dei Paesi OCSE in possesso di dati, gli adulti nati all’estero con livelli di istruzione inferiori alla scuola secondaria superiore guadagnano di più dei pari nativi rispetto a quelli con educazione terziaria mentre è vero l’opposto negli altri paesi. Questi trend opposti riflettono le dinamiche di offerta e domanda di lavoro per differenti profili, le difficoltà che i nati all’estero forniti di istruzione terziaria incontrano nell’avere il riconoscimento della istruzione e dell’esperienza ottenute all’estero e le più basse aspettative di salario per i lavoratori stranieri in alcuni Paesi.

Il supporto finanziario può facilitare l’accesso ai livelli di istruzione non obbligatori.

 4PIn media fra le nazioni OCSE la spesa in educazione ammonta approssimativamente a 9300 dollari a studente nella educazione pre- primaria, a 10500 dalla primaria alla secondaria e a 17100 al livello terziario.

Il settore p  ubblico finanzia il 90% della spesa totale del livello primario e secondario spesso obbligatori nella maggior parte dei Paesi OCSE. A questi livelli sono i più comunemente usati i criteri di equità nei finanziamenti, quali le caratteristiche socioeconomiche o la presenza di disabilità per allocare fondi alle scuole.

L’intervento privato è più comune a livello pre-primario o terziario e coinvolge circa un terzo dei bambini e dei ragazzi interessati. Tuttavia la percentuale di finanziamento privato è generalmente più bassa (17%)  al livello pre-primario che a quello  terziario (30%). Il supporto finanziario può facilitare l’accesso all’istruzione per le famiglie svantaggiate per quanto i trasferimenti pubblico-privato siano meno comuni nella pre-primaria che nel terziario.

 In alcuni Paesi in cui le tasse per corsi di laurea sono più alte di 4000 dollari, almeno il 60% degli studenti  beneficia di un prestito.

 Il finanziamento pubblico è cresciuto del 10% fra il 2012 ed il 2018 sebbene in percentuali più basse della spesa totale che è aumentata del 12% nello stesso periodo.

La crescita in istruzione nelle decadi recenti  è andata a beneficio più delle femmine che dei maschi

5PIn media nei Paesi OCSE i ragazzi raggiungono meno delle ragazze titoli di studio di scuola secondaria.

I ragazzi in media costituiscono il 60% dei ripetenti ed è più probabile che seguano percorsi professionali piuttosto che generalisti. Infatti costituiscono il 45% dei diplomati nei licei, a fronte del 55%  nell’istruzione professionale.

E’ anche meno probabile che si iscrivano a corsi universitari e vi si laureino. Nel 2019 infatti le femmine hanno costituito in media il 55% dei nuovi iscritti all’università.

Nonostante la loro grande partecipazione, la percentuale di donne diminuisce a livello dei dottorati: nel 2020 costituivano infatti solo il 45% degli adulti con quel titolo.

Le donne entrano anche meno in campi di studio STEM, sebbene questa percentuale sia cresciuta in più della metà dei paesi OCSE fra il 2013 ed il 2019. Nonostante i loro migliori risultati, la percentuale di impiego per le donne è più bassa di quella degli uomini, con un gap particolarmente importante ai più bassi livelli scolastici. Le donne inoltre guadagnano in media solamente circa il 76-78% del salario degli uomini, indipendentemente dal livello di istruzione. Tuttavia il gap di genere si è assottigliato di 2 punti percentuali in media fra il 2013 ed il 2019.

Gli uomini entrano meno delle donne nell’insegnamento e vi rimangono di meno.

6PFra il 2005 ed il  2019, il gap di genere fra gli insegnanti si è ampliato al livello primario e secondario, mentre si è assottigliato a livello terziario. Nel 2019,  m  eno del 5.5% degli insegnanti della pre-primaria erano uomini mentre lo era il 18% a livel  lo della primaria, il 40% della secondaria superiore e più del 50% della istruzione terziaria.

Attrarre maschi in questa  professione è particolarmente difficile: mentre l’attuale salario medio delle insegnanti è uguale o più alto di quello delle lavoratrici full time laureate,  gli insegnanti maschi della primaria e della secondaria guadagnano solo il 76-85% della media dei loro equivalenti in altre professioni.

E’ anche difficile trattenerli nelle professioni di  insegnamento. Nel  2016, la percentuale dei dimissionari fra la primaria e la secondaria è variata dal 3.35 al 11.7%. Per gli insegnanti maschi questa percentuale è stata più alta che per le femmine.

Mentre i salari ufficiali sono rimasti generalmente stabili nell’ultima decade, quelli effettivi sono cresciuti dell’11% nella pre-primaria, del 9% nella primaria, dell’11% nella media e del 10% nella secondaria superiore.

 Anche i compiti e le responsabilità contribuiscono alla attrattività della professione.

L’insegnamento costituisce una parte importante delle responsabilità degli insegnanti, rappresentando il 51% del loro tempo di lavoro in media al livello della primaria ed il 44% della secondaria inferiore.

Altri risultati

7PIn  più della meta dei Paesi con dati affidabili la percentuale di giovani iscritti ad un percorso di istruzione fra i 15 ed i 19 anni varia più all’interno che fra i Paesi.

In media nei Paesi OCSE la dimensione media delle classi non differisce fra pubblico e privato di più di 2 studenti per classe in primaria e secondaria.

Gli studenti iscritti alla istruzione terziaria dei Paesi a reddito basso o medio-basso hanno meno probabilità di andare all’estero a studiare e costituiscono meno di un terzo del totale di studenti internazionali.

L’associazione fra istruzione e aspettative di vita all’età di 30 anni è maggiore fra gli uomini che fra le donne. Gli uomini con titoli di studio di livello terziario possono aspettarsi di vivere circa 6 anni di più di quelli con titoli inferiori al livello secondario, a fronte dei tre anni in più delle donne.

Alcune brevi osservazioni

8PDopo due decenni di grandi aspettative su forti cambiamenti nel campo della istruzione, l’impressione attuale è quella del ristagno nei Paesi OCSE che hanno già raggiunto un certo livello positivo. D’altronde si comincia ad ammettere che i cambiamenti radicali e veloci sono difficili in generale ed in particolare nel sistema scolastico.

Viene riaffermato lo stretto rapporto fra possesso di titoli ed occupazione, anche se si comincia a fare dei distinguo in relazione ai diversi contesti, come nel caso delle persone con background immigrante.

Anche nel campo delle differenze di genere i posizionamenti si consolidano. I giovani maschi  presentano uno zoccolo duro disinteressato alla scolarizzazione e sono più vocati all’acquisizione di professionalità, le femmine continuano la loro scalata scolastica che per ora non è arrivata a primeggiare anche nei dottorati, ma non è difficile prevedere che presto ci arriverà. Più difficile il campo del loro rapporto con le materie e gli indirizzi STEM e conseguentemente il campo della occupabilità e della remunerazione.

Lo status economico-sociale continua ad essere decisivo, perfino più della provenienza. Quando però si passa alla occupabilità nel caso dei non nativi, si cominciano a delineare traiettorie diverse legate alle caratteristiche del contesto che è da sempre il grande assente – insieme alla storia e alla cultura dei diversi paesi- da queste analisi.

Il Life Long Learning non sembra avanzare. Certo il Covid non ha favorito.

Il problema del rapporto difficile degli uomini  con l’ insegnamento è letto in chiave tutta economica. Vi accedono meno e lasciano più facilmente perché possono a parità di titoli guadagnare di più al di fuori della scuola. Forse bisognerebbe riflettere anche sulla proiezione di immagine che questa professione continua ad avere se si vuole cercare un maggiore equilibrio fra generi.

L’aspettativa di vita cresce con l’istruzione e questo lo sappiamo anche da tante altre indagini. Che ciò avvenga di più per gli uomini che per le donne forse è dovuto al fatto che le donne hanno per altri motivi già una aspettativa di vita proporzionalmente maggiore.

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