A tutte e a tutti buon anno scolastico 2017-18!
Si sta concludendo il secondo decennio del 21° secolo, un’epoca di cambiamenti sconvolgenti.
E la scuola, quella che il primo settembre riapre i battenti? Rimane, è inutile negarlo, la più conservatrice delle istituzioni.
Eppure ogni anno qualcosa cambia e si trasforma, nonostante la “Buona scuola” e l’onda anomala dei vaccini.
Al pachiderma del MIUR fanno sberleffi le giovani gazzelle. Sono loro, i millennials, che ci inducono a cambiare, giorno dopo giorno, e insieme a loro quello che si muove fuori dalle nostre aule.
Ma che fatica……
È l’anno delle elezioni politiche. Tutto daccapo?
Cosa ci riserverà l’a.s.2017-18, iniziato all’insegna delle esternazioni estive della ministra e di discussioni surreali?
Una cosa pare certa: ci saranno le elezioni politiche con probabile cambio dell’inquilina di Viale Trastevere e il rischio che si ricominci tutto daccapo.
La scuola come la tela di Penelope: leggi fatte e disfatte e poi rifatte e ancora disfatte. Spesso senza rendersene nemmeno conto.
È il caso dell’ultimo “auspicio” agostano della ministra Fedeli sull’introduzione dell’obbligo “scolastico” a 18 anni. Qualcuno avrebbe dovuto dirle che da tempo l’obbligo non è più scolastico, ma di istruzione e formazione, e che già da 14 anni esiste il “diritto-dovere all’istruzione e formazione” a 18 anni, sanzionabile in caso di inadempienza (legge n. 53/2003 e relativo decreto attuativo n. 76/2005).
Sarebbe allora tempo di chiedersi perché le leggi non vengano applicate, perché non venga assolto nemmeno l’obbligo a 16 anni, con una dispersione scolastica e un analfabetismo funzionale fra i più alti d’Europa.
Il miraggio della stabilità
Nel 2018 un nuovo ministro? Non sarebbe una novità. Dal 1946 al 2017, in 71 anni, abbiamo avuto 40 ministri dell’istruzione, con la media di 1 ministro ogni anno e mezzo circa! I ministri più longevi sono stati 5: 1) Guido Gonella (1946-1951), 2) Luigi Gui (1962-1968), 3) Franco Maria Malfatti (1973-1978), 4) Franca Falcucci (1982-1987) e 5) Letizia Moratti (2001-2006). Ma ciascuno di essi ha attraversato vari cambi di governo, con le conseguenze del caso.
Se non diventeremo un Paese normale, se non abbandoneremo la perversa idea secondo cui ciascun governo e ciascun ministro deve cambiare ciò che hanno fatto i predecessori, non ci sarà pace per la scuola italiana.
Chiediamo una moratoria. Basta procedere senza una visione e un orizzonte a cui tendere; si individuino e si risolvano alcune priorità!
Equità e qualità: priorità irrinunciabili
Nel nostro Paese, ma non è certo il solo, le condizioni socio-economiche degli studenti determinano in grande misura non solo i loro risultati scolastici, ma la qualità stessa dell’educazione che ricevono.
La logica del dare di più a chi ha più bisogno non ci appartiene.
Si prendano gli Istituti professionali.
In queste scuole si concentrano 1) gli alunni con i peggiori risultati nella scuola secondaria di 1° grado, 2) la grandissima maggioranza degli alunni stranieri (esiste ormai un’etnicizzazione degli istituti professionali) e 3) l’80% degli alunni con disabilità.
Ebbene, a questi problemi corrisponde una risposta istituzionale drammaticamente simmetrica: alta concentrazione di insegnanti precari, in costante mobilità, docenti di ruolo che aspirano solo ad andarsene, un clima pesante, assenza di senso di identità e di appartenenza.
Questo sul versante degli alunni in condizioni di svantaggio, ma non sappiamo dare risposta nemmeno ai giovani di talento. Nell’indagine PISA 2015 il numero di studenti che raggiungono i livelli più elevati (4-5) di risultato è notevolmente inferiore alla media OCSE.
Ma non sono condizioni inamovibili!
Gli Istituti a statuto speciale
Se non si ha la capacità di intervenire globalmente, come noto da anni, non si neghi almeno la possibilità di alcuni cambiamenti radicali nelle situazioni che ne hanno vitale necessità.
Pensiamo agli Istituti professionali, la cui situazione non è stata risolta dal recente decreto, e pensiamo agli istituti/licei quadriennali, che, ad un obiettivo giusto – la conclusione della scolarizzazione alla maggiore età – hanno fornito una soluzione contraria ad ogni logica culturale, pedagogica e didattica: la mera compressione in 4 anni del curricolo quinquennale.
Per dare risposte a questi problemi, l’ADi ha presentato, al seminario internazionale di febbraio 2017, una bozza di progetto di legge sugli Istituti a statuto speciale, con la relazione del giurista Prof. Carlo Marzuoli, e proporrà ufficialmente il testo integrale del disegno di legge al proprio Congresso nel prossimo ottobre.
Con questa proposta non si cambia il sistema generale, si apre una porta al diverso, al “diversamente pubblico”: istituti liberati dal reticolo dei vincoli esistenti (in larga misura relativi al curricolo e al reclutamento dei docenti), e messi in grado di adottare strumenti e forme organizzative incisive e congrue rispetto ai bisogni formativi.
Bastano a livello nazionale poche indicazioni essenziali, in grado di assicurare, nei fatti, una condizione reale di equità nel Paese.
Questo è il contributo e l’auspicio dell’ADI per l’a.s. 2017-18.