Auguri di buon lavoro al Ministro Lorenzo Fioramonti, alla Viceministra Anna Ascani, alla Sottosegretaria Lucia Azzolina e al Sottosegretario Giuseppe De Cristofaro.
E per ora nessuna valutazione della nuova gradazione cromatica giallo-rossa del MIUR, anche perché su Viale Trastevere si scorgono ancora le scie delle “50 sfumature del grigio”, come titola il noto romanzo, che hanno mestamente colorato le toccate e fughe dei 30 ministri dell’istruzione che si sono succeduti nei 42 governi degli negli ultimi 50 anni! Caso unico al mondo.
Né abbiamo udito l’eco di “Istruzione, istruzione, istruzione” propagarsi da Palazzo Chigi a Viale Trastevere.
La drammatica priorità della scuola non ancora priorità di governo
Fuor di metafora la scuola appare, al momento, ancora lontana dall’essere una priorità in questo Paese. E invece lo è, drammaticamente, perché nessun Paese può risollevarsi economicamente, socialmente e culturalmente finchè avrà,come ha l’Italia:
- il 29% di NEET, giovani fra i 20 e i 34 anni inattivi, che non studiano e non lavorano, il doppio della media europea,
- un abbandono “indecente” nella scuola secondaria di 2° grado, 3 milioni e mezzo di studenti negli ultimi vent’anni su 11 milioni di iscritti,
- un gap che si allarga spaventosamente tra formazione e mercato del lavoro,
- un bassissimo livello complessivo di scolarizzazione: il 39% della popolazione tra i 25 e i 64 anni possiede la sola licenza media,
- il 30% di “analfabeti funzionali”, il doppio rispetto alla media europea,
- Il 35% degli alunni di 3^ media che non comprende un testo in italiano (in Calabria il 50%) secondo i dati INVALSI, e la situazione è peggiore in matematica,
e si potrebbe tristemente continuare…
Non promesse tattiche, ma una strategia lungimirante
E allora non serve demagogicamente dire che bisogna rendere l’istruzione gratuita dal nido all’università, che andranno sistemati tutti i docenti precari e abolite le classi pollaio.
Per piacere ci si fermi per una volta a pensare cosa significa considerare l’istruzione una priorità strategica per l’Italia e non un obiettivo tattico per quel soffio di tempo che dura un ministro. E si facciano credibili calcoli degli investimenti almeno nel medio periodo, sapendo che le risorse per l’istruzione vanno significativamente aumentate, ma anche razionalmente allocate, cosa che oggi non avviene.
L’ineludibilità oggi della programmazione
La parola “programmazione” è estranea alla scuola italiana, basti pensare che non si riesce mai ad iniziare l’anno scolastico regolarmente. Ma oggi non la si può più eludere: fra 10 anni alunni e studenti saranno un milione e 300 mila in meno e il 40% degli attuali insegnanti lascerà la scuola. Questo impone di avere una visione dello sviluppo dell’istruzione nei vari gradi scolastici dal nido all’università e all’istruzione terziaria non universitaria e del corrispondente fabbisogno di personale.
Sugli insegnanti
Alcuni fondamentali interventi sugli insegnanti:
- spostare il reclutamento a livello locale. Ci si convinca una volta per tutte che i megaconcorsi nazionali sono ingestibili, al punto che il numero delle immissioni in ruolo per sanatoria è di gran lunga superiore a quello per concorso ordinario. I concorsi vanno gestiti a livello di ambiti o reti di scuole, secondo una programmazione certa e verificabile;
- differenziare la carriera docente a partire dalla figura del vicario. Giusta l’idea del Ministro di eliminare il bonus per merito, ma si superi l’unicità della figura docente, si avvii una carriera concorsuale che individui figure di leadership intermedia a cominciare dal vicario;
- riattivare immediatamente i percorsi di formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria. E’ inammissibile l’assenza di formazione professionale degli insegnanti della scuola secondaria, un balzo indietro intollerabile.
Sull’istruzione e formazione professionale
E’ un’emergenza nazionale. Va ricomposta istruzione professionale e formazione professionale, a tal fine occorre:
- eliminare l’attuale istruzione professionale statale che è stata omologata all’istruzione tecnica;
- trasformare una parte degli Istituti Professionali in Istituti Tecnici;
- riconvertire una parte consistente degli Istituti Professionali per impartire le qualifiche e i diplomi dell’Istruzione e Formazione professionale. Ciò diventa particolarmente importante al Sud, dove la formazione professionale è quasi inesistente.
Sugli ITS
L’Italia è uno dei paesi in cui l’istruzione terziaria non universitaria è meno diffusa. E’ invece un settore importantissimo che favorisce ampiamente l’occupazione e che va quindi rilanciato e sviluppato
Sui nidi
La proposta dell’ampiamento dei nidi e della loro gratuità dovrebbe misurarsi con i tempi, i costi e i modi della sua attuazione. Se si vuole essere realistici e procedere tempestivamente, la priorità è quella di garantire l’accesso innanzitutto ai bambini di 2 anni e lo si può fare rendendo le così dette sezioni primavera parti integranti della scuola dell’infanzia laddove non ci sono nidi, e come la scuola dell’infanzia, dovranno essere gratuite. In fase di calo demografico questa operazione può essere molto più facilmente gestita ed efficacemente attuata.
Autonomia regionale differenziata e Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale
Come ADi siamo da sempre convinti della decentralizzazione della gestione dell’istruzione, che significa dare attuazione al Titolo V della Costituzione. Riteniamo anche che se opportunamente gestita l’autonomia regionale differenziata, costituzionalmente prevista, possa rappresentare un passo avanti. In questo senso sarebbe un errore bloccare la richiesta delle tre Regioni che l’hanno avanzata. Si tratta di entrare nel merito, come ADi ha ampiamente fatto.
Parimenti riteniamo che occorra avere il coraggio di dare agli Istituti che lo richiedano una sostanziale autonomia. A questo fine crediamo che la proposta di legge di ADi di Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale, ISAS, rappresenterebbe un potente impulso sl rinnovamento.
Rilanciare il ruolo dell’INVALSI
Qualsiasi processo autonomistico, ma non solo, richiede un puntuale monitoraggio e una precisa valutazione dei risultati. Solo con i dati si può impostare una coerente politica scolastica di miglioramento e perseguimento dell’equità. Senza dati si barcolla nel buio, si procede alla cieca sulla base di “opinioni soggettive”. Per questo chiediamo al nuovo Ministro, che è persona aperta a un orizzonte internazionale, di rivalutare politicamente ed economicamente l’INVALSI, la cui funzione è stata svilita dal precedente governo.