Il 25 giugno scorso, con 2 mesi di anticipo, l’OCSE ha pubblicato l’insieme di indicatori internazionali comparati sull’istruzione. Si tratta ormai di una pubblicazione annuale che si ripete dal 1992. Poco per volta i dati migliorano, le statistiche sono più raffinate, le comparazioni tra sistemi scolastici sono più attendibili.
Il rapidissimo progresso tecnologico permette di mettere in linea tavole molto attraenti e i progressi statistici consentono analisi che solo pochi anni fa erano pressoché inconcepibili. Va da sé che tutto ciò è pubblico, ossia accessibile a tutti, gratuito. Basta sapere il francese o l’inglese.
Si tratta di una miniera di dati ricchissima che vale veramente la pena consultare per capire quale è lo stato di un sistema scolastico nazionale dell’istruzione. L’insieme di indicatori appena pubblicato si riferisce all’anno 2011 ed è quindi interessante perché fornisce informazioni sull’evoluzione dei sistemi di istruzione in piena crisi economica.
La stampa italiana nonché molte riviste italiane e diversi siti sociali come per esempio Facebook o Twitter hanno ampiamente prestato rilievo alle informazioni riguardanti il sistema scolastico italiano di istruzione. Questa analisi è stata facilitata dal fatto che da ormai alcuni anni l’OCSE pubblica assieme al volume completo degli indicatori schede nazionali.
[stextbox id=”info” image=”null”]La scheda relativa all’Italia[/stextbox]
Una di queste schede, in italiano, riassume e compara le informazioni fondamentali che riguardano il sistema scolastico italiano d’istruzione
Vale la pena sottolineare a questo punto il pregio nella nuova traduzione utilizzata per presentare l’insieme : non si parla più di insieme di indicatori dell’educazione ma di insieme di indicatori dell’istruzione.
In questo insieme sono incluse informazioni riguardanti i risultati dell’istruzione impartita nel servizio statale, nel settore paritario, in alcune regioni, nel settore privato quando ci sono i dati nonché i contributi provenienti dalle organizzazioni internazionali quando non si bara, ossia quando sono noti oppure non sottaciuti.
Gli indicatori italiani non sono ancora del tutto completi. Il MIUR ha sempre avuto molta difficoltà a fornire all’OCSE le informazioni che corrispondessero alle definizioni in uso sul piano internazionale. Poco per volta però le informazioni spedite da Roma sono diventate più comparabili e più conformi ai criteri delle classificazioni internazionali dei sistemi di istruzione. Dopo più di vent’anni di lavori incessanti su queste informazioni, di riunioni, di scambi sulle definizioni, i dati italiani sono migliorati ma non sono del tutto completi e quindi non sono perfettamente comparabili a quelli di altri sistemi di istruzione. Questo non vale per tutti gli indicatori italiani, ma solo per una minima parte, per esempio per il settore paritario/privato e regionale o per l’istruzione terziaria non universitaria. Deve quindi sussistere il dubbio sul fatto che taluni indicatori italiani non siano perfettamente compatibili con quelli di altri sistemi di istruzione.
Quindi, la prima annotazione riguarda la cautela. È indispensabile prendere con le pinze questi dati perché non si sa quali siano esattamente le definizioni utilizzate dai funzionari del MIUR che hanno dovuto tradurre facendo salti mortali i dati statistici italiani per adattarli ai criteri della classificazione internazionale.
Questo dubbio per esempio è alimentato dalle differenze considerevoli esistenti tra l’insegnamento secondario di 2º grado come è impostato in Italia e l’insegnamento secondario di 2º grado in vigore nella maggioranza dei paesi membri dell’OCSE. Ciò vale soprattutto per gli indicatori riguardanti l’istruzione e la formazione professionale. Nonostante l’abbondanza di note fornite dall’OCSE, non si sa se gli indicatori italiani sono stati calcolati tenendo conto della situazione globale dell’istruzione e formazione professionale in Italia, per esempio includendo le informazioni provenienti dall’istruzione formazione professionale regionale che a Roma non è considerata un tipo di formazione statale. Sarebbe quanto mai opportuno che il MIUR fornisse una propria chiave di lettura di questi indicatori alla stessa stregua di quanto succede in altri sistemi di istruzione come per esempio nel Belgio francofono oppure nel Belgio fiammingo.
Questi indicatori per loro natura forniscono una media che è quindi di per sé traditrice. Sappiamo infatti che nel sistema di istruzione italiano le diversità sono enormi e quindi che la media presente negli indicatori non riflette la situazione reale. Questa è un’ altra ragione per invitare alla cautela e invitare il MIUR a fornire il più rapidamente possibile una propria lettura complementare degli indicatori pubblicati dall’OCSE. Nondimeno, le medie non sono del tutto “bugiarde” e forniscono una fotografia seppur un poco sbiadita dello stato di un sistema nazionale di istruzione.
La fotografia che riguarda l’Italia, come ben noto, è particolarmente brutta. Il sistema nazionale di istruzione italiano non brilla proprio ed in quasi tutte le tavole il sistema d’istruzione italiano si trova nel gruppetto di coda. Moltissimi valori riguardanti l’Italia si situano al di sotto della media dell’OCSE oppure della media dell’Unione Europea. Orbene, se si considera che nell’insieme dei paesi dell’OCSE e dall’Unione Europea ci sono paesi con sistemi nazionali di istruzione molto meno sviluppati e meno pretenziosi di quello italiano con risultati del tutto scadenti, con poche risorse, il fatto che il sistema nazionale italiano d’istruzione si trovi al di sotto della media generale dovrebbe essere di per sé molto preoccupante.
Un altro elemento assai preoccupante è il fatto che da quando l’OCSE ha iniziato a pubblicare regolarmente nel 1992 questo insieme di indicatori internazionali dell’istruzione, gli indicatori italiani non sono affatto migliorati a differenza di quanto successo invece in altri sistemi nazionali di istruzione. Nel corso di un ventennio l’Italia è stata del tutto incapace di fare progredire il proprio sistema nazionale di istruzione. Le maggioranze politiche sono cambiate, ma la situazione è rimasta stazionaria a dimostrazione dell’indifferenza del mondo politico italiano per l’istruzione ma anche del vuoto che si ritrova in Italia nelle centinaia di congressi, di incontri, di seminari. Tante chiacchiere, pochi fatti.
Proprio a causa di questa inerzia che si ripete di anno in anno l’ADI si rifiuta quest’anno di commentare in dettaglio gli indicatori internazionali dall’OCSE. Come del resto i media italiani e l’OCSE stessa hanno ampiamente sottolineato nulla è cambiato dal 1992 in poi ed anzi taluni aspetti del sistema nazionale d’istruzione sono perfino peggiorati. Non vale quindi la pena di spendere tempo per ripetere, anno dopo anno, lo stesso ritornello, cantare il “miserere” sullo stato dell’istruzione in Italia. I responsabili di questa situazione beninteso non sono soltanto i responsabili politici, i dirigenti scolastici, le associazioni sindacali, l’amministrazione scolastica in genere, ma tutti quanti. Purtroppo, in Italia, il servizio nazionale di istruzione non è una priorità. L’opinione pubblica, la cultura italiana, la politica italiana non credono che l’investimento nell’istruzione valga la pena di essere promosso per cui si vivacchia con un sistema scolastico obsoleto nel quale una parte degli insegnanti, ma non tutti, fa del proprio meglio per non rovinare totalmente il futuro delle nuove generazioni.
Un dato solo ci preme riproporre: il corpo docente italiano è il più vecchio di tutti i Paesi dell’OCSE. Nonostante ciò tutti i partiti, tutti i sindacati, tutti i governi, continuano ad assumere come unico requisito per l’accesso e lo sviluppo di carriera l’anzianità, si veda il TFA speciale!!
E’ davvero triste e preoccupante.
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