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I BAMBINI PRIMA DI TUTTO

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I bambini prima di tutto
Pubblicato l’intervento di Alessandra Cenerini al Convegno “Nidi di notte?” organizzato dall’Associazione BoNidi, il 26/09/2015 a Bologna. Cenerini si interroga se sia in atto una sorta di offuscamento di quella visione dei nidi, ma soprattutto delle scuole dell’infanzia, che ad oggi ha caratterizzato queste istituzioni educative. In questa analisi fa riferimento al Ddl 1260/14 e alla legge 107/15, nonché alla richieste di alcuni settori sindacali.

Intervento di Alessandra Cenerini
Presidente ADI, Associazione Docenti e Dirigenti scolastici Italiani
al Convegno “Nidi di notte?” – Bologna 26/09/2015

Un cambiamento nella visione delle istituzioni per l’infanzia?

Il convegno di oggi dal titolo “Nidi di notte?” si inquadra, a mio avviso, in una sorta di offuscamento di quella visione dei nidi, ma soprattutto delle scuole dell’infanzia, che nel corso degli anni aveva allargato l’orizzonte di queste istituzioni educative.

A livello legislativo mi riferisco al disegno di legge 1260/2014 e alla legge 107/2015, nota come la Buona scuola, che a quel disegno di legge si rifa.

La legge 107/2015, nella parte relativa alle deleghe, ripropone, per il settore 0-6 (art. 1 comma 181e), le stesse identiche finalità del DDL 1260, tra cui compare in primo piano quella di favorire la “conciliazione tra tempi di vita, di cura e di lavoro dei genitori” ( il DDL 1260/2014 recitava “conciliazione fra i tempi e le tipologie di lavoro dei genitori e la cura delle bambine e dei bambini”).

Nella legge 107/15 un arretramento della scuola dell’infanzia

br-nidi2In questo senso l’unificazione del segmento 0-6 se da un lato rappresenta un avanzamento del nido da servizio socio assistenziale a servizio educativo (Legge 107/2015 art. 1 comma 181 e.3 “ I servizi per l’infanzia non rientrano tra i servizi pubblici a domanda individuale”), porta con sé anche un ripiegamento della scuola dell’infanzia verso una concezione che recupera la finalità dell’assistenza.

Considerato che siamo a Bologna, vale la pena di ricordare che nessuna delle parole della legge 107/2015 o del DDL 1260/2014 quali “favorire la conciliazione con i tempi di lavoro dei genitori” è presente nel Regolamento della scuola dell’infanzia di questa città (1994), che ha assunto come finalità la formazione integrale della personalità delle bambine e dei bambini nonchè la promozione di condizioni di benessere psicofisico secondo le indicazioni elaborate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Ugualmente nulla del genere si trova nella legge 53/2003 dove la fondamentale finalità della scuola dell’infanzia permane quella della formazione integrale dei bambini e delle bambine, né tanto meno nelle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia del 2012, che compongono un tutto unitario con le Indicazioni per il primo ciclo e dove le finalità sono formulate attraverso le tre parole chiave di identità, autonomia, competenza. Finalità riprese dagli Orientamenti del 1991, che tanto devono alla buona scuola di Bruno Ciari e di Loris Malaguzzi, a quella scuola comunale che definitivamente superò il concetto di assistenza ancora presente nella Legge 18 marzo 1968, n. 444, istitutiva della scuola materna statale.

Mortificate le esigenze dei bambini

br-nidi3Nel nuovo quadro che si va delineando, anche alla luce di richieste avanzate da alcuni settori del mondo sindacale, non sembrano essere le esigenze dei genitori in quanto tali ad essere prese in considerazione , ma piuttosto le richieste del mondo economico e del mercato del lavoro. E sono queste ultime che paiono imporsi sui bisogni educativi e sul benessere delle bambine e dei bambini.

E così non sono più sufficienti le 10/11 ore di apertura delle scuole dell’infanzia e dei nidi, NO!, c’è bisogno di flessibilizzare ulteriormente gli orari di vita dei bambini, istituzionalizzandoli, all’occorrenza, di notte, di sabato e di domenica. Bambini che avrebbero un fortissimo bisogno di certezze, di stabilità, di routine rassicuranti, per crescere persone equilibrate e possibilmente serene. NO, dobbiamo precarizzarli già a un anno?

Una comparazione con Svezia e Finlandia

br-nidi4Se guardiamo agli altri Paesi europei quello che più di tutti ha istituito, attraverso le municipalità, gli asili anche di notte è la SVEZIA, un Paese certamente civile, dove è fortissima la spinta sociale ed economica al lavoro delle donne, ma dove, si badi, questa spinta porta con sé anche preoccupanti storture. Secondo varie testimonianze e reportage le “madri” che rimangono a casa sono addirittura “marchiate” di deprecabile forma di mammismo, in una società dove l’importanza del lavoro delle donne sopravanza, nella mentalità diffusa, le esigenze del benessere dei bambini.

br-nidi5Completamente diversa la situazione nella vicina FINLANDIA, dove i congedi parentali e i benefici concessi ai genitori finchè il bambino non va a scuola sono prevalenti rispetto all’utilizzo delle strutture pubbliche. In compenso, però, sono diffusi e bellissimi i centri gioco e i parchi per bambini.

La scuola primaria in Finlandia comincia a 7 e solo dal 2014 c’è l’obbligo di frequentare la prescuola a 6 anni. Ma un bambino della 1^ classe della scuola primaria ha solo 4 ore di lezione al giorno e ogni ora ha, per legge, un intervallo di 15 minuti. Non ci sono compiti a casa, i bambini mangiano a scuola poi hanno possibilità di rimanere a scuola a giocare o andare in altri centri privati. Un maestro americano trasferitosi in Finlandia, Tim Walker, relatore a un nostro seminario, ci raccontava dal vivo queste cose, felicemente allibito rispetto ai ritmi frenetici che viveva negli Stati Uniti. Ora che è padre di una bambina di due anni, ha dato il cambio alla giovane moglie, che vuole finire l’università, prendendosi lui per un anno il congedo parentale.

CONCLUSIONE: AL CENTRO I BAMBINI

In conclusione, credo che occorra ritornare a porre con convinzione i bambini al centro, facendo chiarezza, in una fase di riforma, rispetto alla situazione in evoluzione dei nidi e a quella legislativamente da tempo consolidata della scuola dell’infanzia, nonché rispetto alla diversa prospettiva di diffusione quantitativa di nidi e scuole dell’infanzia sul territorio nazionale.

Il nido

Il problema normativo relativo al nido è che nella nuova legislazione nazionale e regionale cesserà finalmente di essere classificato servizio a carattere socio assistenziale, come fu definito dalla legge br-nidi71044/1971 (art.1 “Gli asili-nido hanno lo scopo di provvedere alla temporanea custodia dei bambini, per assicurare una adeguata assistenza alla famiglia e anche per facilitare l’accesso della donna al lavoro nel quadro di un completo sistema di sicurezza sociale”) . Quella legge non ha avuto aggiornamenti e ha lasciato alle singole Regioni la responsabilità gestionale della normativa nel proprio territorio. Come è avvenuto a suo tempo per la scuola dell’infanzia, anche con il nido la realtà ha superato le leggi nazionali e oggi molti nidi sono già una istituzione educativa a pieno titolo. Si tratta ora di sistematizzare e uniformare, attraverso il decreto attuativo, le situazioni regionali e comunali e dare risorse per rendere i nidi gradualmente accessibili a livello nazionale a quel 30% della popolazione infantile in età previsto dalla legge 107/2015, facendo contestualmente i conti con le ragioni dell’attuale diminuzione della domanda.

La scuola dell’infanzia

br-nidi8Completamente diversa è la situazione della scuola dell’infanzia che ha già conquistato a livello nazionale e locale lo status di istituzione scolastica a pieno titolo e da cui non si deve arretrare di un millimetro.

In questo settore il problema è la persistente dicotomia fra gestione statale e comunale, una realtà tipicamente italiana che in mezzo secolo non si è ancora risolta. Questa situazione provoca da anni condizioni di preoccupante instabilità. Molti Comuni stanno progressivamente chiudendo le loro scuole per fare posto o a quelle statali o a quelle private, mentre i Comuni che le hanno mantenute ( Milano e Bologna sono le municipalità dove è assolutamente preponderante la presenza delle scuole dell’infanzia comunali) vivono situazioni di difficoltà, in relazione alle risorse umane ed economiche.

L’assenza di una visione strategica, che deve avere come orizzonte l’unificazione delle scuole comunali e statali, ha fatto compiere a un Comune come Bologna, per anni all’avanguardia in questo settore, scelte miopi e in contrasto sia con una lunga gloriosa tradizione locale sia con il quadro nazionale. Le insegnanti comunali di Bologna, a differenza di quanto avviene in quasi tutti gli altri Comuni, hanno sempre avuto condizioni normative e retributive omogenee con la scuola statale. Una scelta politica lungimirante, che risale al primo dopoguerra e che aveva dato grande stabilità a queste istituzioni, con quasi nessuna defezione verso la scuola statale. Da quest’anno le cose sono cambiate: ora nella stessa scuola, con gli stessi bambini, convivono insegnanti che pur avendo gli stessi titoli e avendo fatto gli stessi concorsi, hanno contratti diversi. 240 Insegnanti hanno mantenuto il contratto della scuola statale , altrettante insegnanti hanno avuto da quest’anno il contratto Enti locali, con un orario di servizio molto più pesante e una retribuzione inferiore . L’esodo verso la scuola statale è divenuto incessante. Ma la miopia del Comune di Bologna non ha limiti. Non contenti di questa pesantissima discriminazione, alle maestre con contratto degli Enti Locali è stato imposto per due giorni alla settimana un orario di insegnamento di 7 ore, con 25 bambini dai 3 ai 6 anni ( negli altri giorni 5 ore e 20 minuti). Una situazione insostenibile che porta al “badantato” in un clima di stress che si riversa sui bambini.

Ma non solo , mentre la scuola statale è per Costituzione “autonoma”, il Comune ha centralizzato la gestione in un’unica Istituzione, mortificando le specificità dei plessi e l’autonomia professionale delle insegnanti, trattate come impiegate esecutive.

L’avvio degli incontri nazionali per l’attuazione dei decreti delegati

br-nidi9A livello nazionale cominciano ora gli incontri per l’attuazione delle deleghe della legge 107/2015. Il primo incontro relativo al settore 0-6 è calendarizzato per martedì 13 ottobre p.v.

L’ADI intende porre come prioritari gli obiettivi qui presentati.

Secondo il Titolo V della Costituzione, la gestione delle scuole dovrebbe essere tutta decentralizzata dallo Stato alle Regioni, agli Enti locali e alle scuole autonome (norma che permane anche nel nuovo testo di riforma costituzionale). In teoria, quindi, tutta la scuola dell’infanzia dovrebbe essere finanziata dallo Stato e gestita dai Comuni e dalle scuole autonome. Comunque sia, un punto rimane fondamentale: non si può più derogare dall’unificazione (NON integrazione) fra scuola dell’infanzia statale e comunale.

Per quanto concerne la gestione dei nidi ora tutta comunale, il ddl 1260, a cui la legge 107/2015 si è ampiamente ispirata, prevede all’art.1 comma 5 che complessivamente i servizi del sistema integrato per l’infanzia ( quindi anche i nidi) afferiscano al Ministero dell’istruzione. Sarà opportuno chiarire cosa si intende, se si tratta, come è prevedibile, di un passaggio di competenze dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al MIUR, e in capo al MIUR la definizione nazionale dei livelli essenziali delle prestazioni o cos’altro.