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I “COMPITI A CASA”

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I “COMPITI A CASA”- Brevi riflessioni di una mamma insegnante
Prendendo spunto dal Focus PISA n. 46 dedicato a un confronto internazionale sul tempo settimanale trascorso a fare compiti a casa, dal quale risulta che gli alunni italiani sono secondi solo alla Russia, Dora Acri sviluppa alcune considerazioni sulla mole dei compiti assegnati soprattutto agli alunni della scuola primaria a tempo pieno. Secondo Acri, si tratta di ore colpevolmente sottratte al gioco, di cui i bambini hanno invece assoluto bisogno.

Brevi riflessioni di una mamma insegnante

di Dora Acri

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In una primaria a tempo pieno….

image002Quando lo scorso anno io, mamma di una bambina di terza “elementare”  di una scuola di Bologna a tempo pieno, pensai di promuovere una sorta di sondaggio tra tutti i genitori dei bambini dell’Istituto (5 scuole primarie ed una secondaria di primo grado), ero davvero fiduciosa.

Come rappresentante della componente genitori nel Consiglio di Istituto ero sinceramente convinta  di trovarmi nel posto giusto per portare una riflessione serena e consapevole sul senso della scuola e certa che la scuola avrebbe potuto fare qualche passo “dalla parte dei Bambini”.

Io e mio marito avevamo deciso di trasferire nostra figlia  dopo le vacanze natalizie del suo primo anno di scuola dell’obbligo (depressione per una richiesta di prestazioni troppo alta…) e, sebbene nella nuova scuola potesse finalmente, per usare le sue parole,  “togliersi il cappello” (aveva passato due mesi con un cappellino che teneva in testa ovunque, fuorché nella nostra casa…) in me, insegnante di scuola dell’Infanzia, si era prodotta una ferita, come una scoperta allarmante, come un campanellino che non smetteva di suonare…

Richiesta di prestazioni troppo alta… “la bambina resta indietro”, “deve recuperare a casa quello che non finisce a scuola, così imparerà ad essere più veloce!”, “è troppo lenta”.

Nel corso del tempo ho conosciuto  altre mamme e altri bambini, per alcuni di loro la storia era la stessa: “Suo figlio mi rallenta il lavoro con tutta la classe”, “quando tornate a casa alle 16.30, deve farlo esercitare!” , “si deve esercitare di più, non riesce a seguire”.

Le norme disattese

E intanto cercavo, cercavo e studiavo… un piccolo assaggio:

  • image003Circolare Ministeriale 14 Maggio 1969, n.177: nel documento si legge, tra l’altro, che “nell’impegno di garantire agli alunni ogni possibilità e ogni componente di sviluppo della loro personalità, la scuola non può non preoccuparsi di rendere praticamente possibile questa più ampia e varia forma extrascolastica di arricchimento culturale e formativo”, che “ nelle giornate festive … moltissime famiglie italiane, in cui entrambi i genitori svolgono un’attività educativa, trovano l’unica occasione di incontro dei propri membri, innanzitutto genitori e figli” e che pertanto “questo Ministero è venuto nella determinazione di disporre che agli alunni delle scuole elementari  e secondarie di ogni grado e tipo non vengano assegnati compiti scolastici da svolgere o preparare a casa per il giorno successivo a quello festivo”!

Questa circolare è tutt’ora vigente, ma in pochi lo sanno…

  • image004Articolo 31 della Convenzione sui diritti del fanciullo (New York, 20 novembre 1989):
  1. Gli Stati parte riconoscono al fanciullo il diritto al riposo ed al tempo libero, di dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età e di partecipare liberamente alla vita culturale ed artistica.
  2. Gli Stati rispettano e favoriscono il diritto del fanciullo di partecipare pienamente alla vita culturale ed artistica ed incoraggiano l’organizzazione, in condizioni di uguaglianza, di mezzi appropriati di divertimento e di attività ricreative, artistiche e culturali.
  • image009Legge 5 giugno 1990, n.148, art.2: a proposito della Programmazione e organizzazione didattica, leggiamo che essa si propone il perseguimento degli obiettivi stabiliti dai programmi vigenti predisponendo un’organizzazione didattica adeguata alle effettive capacità e esigenze di apprendimento degli alunni.

E così via…  Dai Disturbi Specifici dell’Apprendimento quale fenomeno in aumento nei Paesi dove è più bassa l’età della scolarizzazione (dato appreso dalla sottoscritta in occasione di un corso di formazione sull’argomento) alle continue proteste per i carichi di lavoro imposti ai ragazzini (cfr. La tecnica della scuola 03/11/2012) che l’Osservatorio sui Diritti dei Minori continua a ricevere (alla riduzione progressiva delle ore e delle risorse spesso si risponde coi compiti per casa…).

In Consiglio d’Istituto: non regole ma indicazioni soggettivamente interpretabili

image005Ero fiduciosa che, davanti all’ovvietà di tali argomentazioni, non avrei avuto nessun ostacolo ad ottenere di inserire nel Regolamento dell’Istituto (nella parte che dovrebbe normare il comportamento degli insegnanti) un articolo che potesse regolare in qualche modo la mole di compiti assegnati a casa agli alunni! Ero certa che gli insegnanti di “buon senso” avrebbero collaborato nell’indicare una via, ero certa che il Preside, che avevo incontrato per parlare di questo, mi avrebbe sostenuta. Ero sicura che le famiglie, anche quelle dei bambini fortunati perché di brillante intelligenza e quindi veloci come il sistema li vuole, si sarebbero stretti intorno agli altri, e condiviso che ci fosse una linea guida per l’ambito “compiti a casa”.
Invece no.

L’articolo è stato inserito, è vero, ma usando una forma “ politically correct” che, grazie all’uso di termini quali “di norma” e di espressioni tipo “ove necessario non si esclude”,  lascia di fatto aperte tutte le possibilità, non urta la sensibilità di nessun docente e soprattutto non fa alcun riferimento alle “quantità di compiti”, elemento fondamentale dal momento che la quantità, su ogni bambino, impatta in maniera diversa.

Tutto questo perché gli insegnanti “di buon senso” si sono rifiutati di suggerire metodologie ai colleghi con uno scandalizzato “non mi permetterei mai!” (e la condivisione allora in che si traduce se non nel confronto di metodi e aggiornamento?), il preside non è mai stato presente alle discussioni (“non sarò mai prescrittivo con nessuno dei miei insegnanti!” mi ha detto) e i genitori? I genitori non sono diversi, non sono altro rispetto ad insegnanti, dirigenti, e tutta la gente che oggi si è abituata nel nostro Paese a pensare che non sono le cose che vanno male a dover cambiare, ma noi a doverci adeguare ad esse!

La vita è dura, meglio che anche i bambini si facciano subito le ossa”, dicono, e lo devono fare trascorrendo la gran parte del loro tempo libero a sgobbare sui libri anziché imparare a vivere con gli altri, a collaborare in famiglia, e magari a far di conto, leggere e scrivere semplicemente giocando, così come i bambini fanno per loro natura…

La scelta della mia famiglia

image006Io per i miei figli ho scelto  la seconda opzione: vivere, collaborare, giocare, stare insieme in famiglia nel poco tempo che abbiamo per stare insieme.

Se mia figlia non ricorda il nome di ogni strato atmosferico intorno alla Terra o di tutti i tipi e sotto-tipi di cartine geografiche, la consolo: è solo al quarto anno della scuola primaria, ha tutta una vita per ritornarci sopra.

Le ho spiegato che noi le vogliamo bene così come è, con i suoi tempi e le sue fatiche e se il mondo va più veloce pazienza, ci siamo noi, la sua famiglia, ad aspettarla!

 

I dati OCSE:  solo secondi alla Russia per ore spese a far compiti

image007Ed ecco che arrivano gli ultimi dati OCSE:  molte ore per i compiti a casa non garantiscono il rendimento scolastico.

Si tratta degli ultimissimi dati: Focus in PISA n.46, dicembre 2014. L’Italia è superata solo dalla Russia per numero di ore settimanali spese a fare i compiti a casa.

Articoli sulle maggiori testate e anche sulle minori, da La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il fatto Quotidiano, a La tecnica della scuola, Orizzonte Scuola ecc.. ecc..

Sulla piattaforma Change.org è partita una campagna diretta al MIUR di genitori, insegnanti, dirigenti scolastici, associazioni: Basta compiti!

Ora c’è da sperare che la riflessione riprenda più ampia e che i miei colleghi, insegnanti e genitori, abbiano la volontà e il coraggio di rimettersi in discussione. Perché  non dare compiti a casa, o comunque darsi delle regole, anche banali, nel farlo (ad esempio accordarsi con i colleghi o valutare i bisogni e i tempi degli alunni …) dovrebbe essere  solo l’inizio di un grande cambiamento nel modo di pensare la scuola e di  fare scuola.

Qualcuno già dice che non è d’accordo con queste correnti di pensiero.

Certo, mettersi in discussione è un lavoro faticoso, molto faticoso. Non tutti sono in grado e hanno il coraggio di affrontarlo.

 

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Chi è l’autrice dell’articolo

image008Dora Acri è Insegnante di  Scuola dell’Infanzia Statale a Bologna. E’ associata  ADI.

acridora@tiscali.it