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La personalizzazione dell’insegnamento: un filo rosso tra passato e presente

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Con questo saggio di Giorgio Chiosso continuano gli spunti di riflessione sul tema della personalizzazione dell’insegnamento che sarà al centro del seminario di fine febbraio “ Perché mi bocci? La sfida dell’apprendimento personalizzato”. Il saggio affronta gli aspetti teorici della personalizzazione educativa, che sono da un lato di natura socio politica e dall’altro pedagogica.

pc0_100aSiamo grati a Giorgio Chiosso, pedagogista di fama internazionale, per il saggio che qui pubblichiamo in forma sintetica e riadattata al web, ma di cui alleghiamo il testo integrale.

Giorgio Chiosso ha a lungo indagato il tema della personalizzazione e ha recentemente curato la presentazione del testo CERI-OCSE Personalizzare l’insegnamento edito da il Mulino, 2008.

Questo suo contributo va ad arricchire gli approfondimenti che l’ADi ha deciso di presentare in forma di spunti di riflessione sul tema polisemico della personalizzazione, in preparazione del seminario di fine febbraio “Perché mi bocci? la sfida dell’apprendimento personalizzato” .

Chiosso, mentre ci ricorda che da Rousseau in poi la pedagogia ha imparato a riconoscere l’importanza del soggetto in formazione, e che pertanto la personalizzazione educativa non è un concetto né nuovo né rivoluzionario, ci porta contemporaneamente a comprendere come essa possa oggi aprire una prospettiva del tutto nuova e densa di significato. La personalizzazione potrebbe infatti portarci, attraverso piste inedite, a coniugare quantità e qualità dell’istruzione, a fare coesistere cioè l’estensione della scolarizzazione a quote sempre più ampie di popolazione con la qualità degli apprendimenti: un obiettivo finora mancato.

Il saggio affronta gli aspetti teorici della personalizzazione educativa, individuandone gli apporti più significativi, che sono da un lato di natura socio politica e dall’altro pedagogica.

In apertura si ricorda che la personalizzazione è generalmente considerata come la “più severa critica” al modello maggiormente diffuso negli ultimi trent’anni, quello della school effectiveness ( scuole efficaci), che attribuisce il valore centrale della scuola alla sua utilità socio-economica e di cui intende misurare tutte le performace in termini sempre più sosfisticati. Nella conclusione Chiosso cerca però punti di convergenza fra i due modelli: “In via di principio e in termini di politiche dell’istruzione i due modelli si presentano con caratteristiche differenti e, sotto certi aspetti, addirittura alternative. Se si sposta il discorso sul piano dell’agire educativo è possibile trovare tuttavia qualche inevitabile punto di tangenza”.

Pur non nascondendo che molte questioni restano aperte, questo contributo è un invito ad addentrarsi nei vari aspetti e implicazioni della personalizzazione e ad abbandonare quelle posizioni preconcette che hanno finora impedito che essa abbia nel nostro Paese l’attenzione che invece ha registrato in tantissimi altri contesti.

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