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LAVORI IN CORSO SUL DDL SCUOLA

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Lavori in corso sul ddl scuola. Le proposte del PD
Francesco Stucchi analizza alcune delle proposte di emendamento al DDL 2994 avanzate dal PD, tra cui i ruoli del dirigente, il POF, il “premio” ai docenti, l’alternanza scuola lavoro, e vari altri.
In ultima analisi Stucchi rileva che questi tardivi interventi del PD cercano di dare qualche risposta alle richieste più populiste, senza saper imprimere una vera svolta all’organizzazione scolastica.

LE PROPOSTE DEL PD

 di Francesco Stucchi

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Premessa:

Trovo singolare che il gruppo parlamentare del PD enfatizzi il lavoro di “miglioramento” profondo che sta facendo sul ddl della scuola che è stato presentato dal suo stesso governo, per di più a seguito di una “ampia” discussione pubblica su un documento guida. Forse qualcosa non ha funzionato.

Analizziamo alcune delle proposte-emendamento del PD:

image007Il dirigente sceglierà i docenti per chiamata diretta?

La scuola comunica all’ufficio scolastico regionale il proprio “fabbisogno”, ovvero quanti e quali insegnanti (e non solo) gli servono a seconda del proprio piano dell’offerta formativa. E’ da lì che derivano le scelte, dalle necessità delle scuole. Le modifiche della commissione proposte dal gruppo PD prevedono poi che il dirigente sia coadiuvato nella valutazione dei cv degli insegnanti inseriti nell’albo territoriale da un comitato di valutazione (individuato dal consiglio di istituto) e quindi non sia solo nella scelta, pur rimanendone responsabile.

image009In realtà nel ddl si fa riferimento al percorso che il POF di ogni singola scuola dovrebbe fare: dalla scuola all’USR al MIUR per la validazione. Alla faccia dell’autonomia scolastica, questo per me si tratta di neocentralismo che favorirà ancora una mancata assunzione di responsabilità dei dirigenti che potranno stendere un POF senza vincoli di risorse per poi imputare al MIUR la bocciatura.

La questione di un’organizzazione tecnica efficace delle scuole autonome, fondata oltre che sulla dirigenza su una leadership intermedia, rimane ancora irrisolta. Manca un qualsiasi riferimento alla differenziazione della carriera degli insegnanti. Si continua a confondere il ruolo degli organi collegiali, come il CdI o il Collegio dei docenti, con una gestione tecnica qualificata, che veda nella scuola la creazione di un middle management in almeno due settori fondamentali: gestionale e didattico. Carriera non incarichi estemporanei ed occasionali. Si è sentita addirittura l’ipotesi secondo cui, per accontentare un po’ il populismo sindacale, lo staff venga eletto dal collegio dei docenti, cioè tale e quale la situazione attuale delle “funzioni obiettivo”. E i risultati li conosciamo.

 

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Il dirigente attribuisce arbitrariamente i fondi per il merito (200 milioni)?

Fin dall’inizio il dirigente era tenuto a motivare le proprie scelte riguardo la valorizzazione del merito dei docenti. Il gruppo PD in commissione ha previsto anche qui il supporto del comitato di valutazione per l’individuazione dei criteri della premialità. Nessun clientelismo quindi, solo un incentivo. Anche perché si potrà premiare non solo il singolo docente, ma anche un team che lavora insieme.

image009L’argomento è profondamente sbagliato dall’origine. La scuola italiana non ha bisogno di “singoli bravi insegnanti” in competizione tra loro per la partecipazione al concorso “l’insegnante dell’anno”, ma di una équipe di professionisti coordinati da un soggetto che abbia compiti e ruolo specifico per svolgere la funzione di traino.

Si torna al concetto di carriera. Bisogna passare dal concetto di “capitale umano” a quello di “capitale sociale” e arrivare a quello di “capitale decisionale”. Non è pensabile elevare la qualificazione dei membri di una organizzazione di massa quale è quella degli insegnanti in breve tempo, tanto meno con metodi competitivi, già altri ci hanno provato. Ma se si assegna un ruolo riconosciuto e definito ai soggetti trainanti si può ipotizzare un miglioramento medio complessivo del gruppo.

Un premio economico una tantum non ha niente a che vedere con la carriera.

 

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Il dirigente definisce da solo il Piano dell’offerta formativa triennale?

In un primo momento il testo prevedeva che gli organi collegiali fossero solamente sentiti. La modifica forse più importante prevede che il dirigente dia gli indirizzi del POF poi elaborato dal collegio docenti e approvato dal consiglio di istituto, dove siedono insieme famiglie, insegnanti, ata e studenti.

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Rimando a quanto già detto sull’esigenza di un middle management serio e autorevole. Rimane irrisolta la questione del governo tutto autoreferenziale della scuola.

 

 

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I privati potranno condizionare il POF attraverso il cosiddetto school bonus?

Il piano dell’offerta formativa verrà approvato dal consiglio di istituto. Nessun privato avrà voce in capitolo in questo senso. Lo school bonus serve soltanto a far sì che quanto oggi avviene nelle scuole in maniera poco regolamentata o non regolamentata (ovvero che si sviluppino progetti finanziati da privati) abbia delle regole uniformi e utili a chi vuole sostenere la scuola

image009L’opposizione su questo punto mi sembra del tutto ideologica, di chi ancora vede il rapporto tra scuola, mondo produttivo (distretti industriali), ma anche enti locali, come la contaminazione della peste. Invece questo rapporto è assolutamente necessario nel settore della formazione tecnica e professionale, come evidenziato nel punto sucessivo e per tutti gli ordini di scuola questo diventa la cifra del rapporto tra scuola e proprio territorio, per un riconoscimento reciproco della funzione sociale che in ambiti diversi ognuno svolge nel contesto territoriale.

Certo bisognerebbe dare gambe ad un progetto di scuola più decentrata e autonoma sul territorio, ma mi sembra che anche in questo campo oltre al ddl anche con la modifica del titolo V della Costituzione stiamo andando nella direzione opposta.

 

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L’alternanza scuola-lavoro è un modo per mascherare la mano d’opera a basso costo?

L’alternanza è un’esperienza già praticata in molte scuole italiane, con livelli di successo differenti. Si tratta di rendere le eccellenze dei modelli replicabili. Stabilire un ponte tra scuola e lavoro significa trovare una via italiana alla lotta alla disoccupazione giovanile, investendo sulle competenze sin dagli ultimi anni di scuola. Per questo riguarderà tutti gli indirizzi, non solo tecnici, avrà tutor dedicati, un monitoraggio specifico e standard chiari.

image009L’alternanza scuola –lavoro ha avuto una sua definizione significativa con la legge “Moratti” n.53/2003, chi la sta praticando da allora ne ha presente anche i limiti. Il ddl ne aumenta il numero minimo delle ore ma non può essere paragonata al sistema duale di tipo tedesco, sia per l’entità e la consistenza dell’impegno in ambito lavorativo ma anche per la capacità formativa del nostro sistema produttivo, soprattutto se si pensa di estendere l’iniziativa a tutti gli studenti di ogni indirizzo. Nell’esperienze delle scuole lombarde (forse tra le più avanzate in Italia sull’argomento) si discute ancora se l’esperienza deve essere prevista per tutto il gruppo classe o limitata ad un gruppo di studenti. Anche dove l’obbligo è stato previsto per tutti gli studenti, nel settore degli Istituti professionali in realtà si assolve l’obbligo con surrogati tipo “l’azienda simulata”: in pratica gli studenti continuano a stare a scuola.

L’esperienza è comunque positiva, ha un ruolo di orientamento, di presa di contatto col mondo lavorativo, nei casi più felici di evidenziazione di diversi approcci ai temi. Si potrebbe parlare di uno “stage evoluto”.

Rimane tutto il problema del ripensamento del settore formativo tecnico e professionale che richiede ormai la riformulazione degli interi curriculum, dal completamento dell’obbligo fino al livello terziario compreso. All’interno di questo riordino deve essere previsto un vero canale formativo duale alla tedesca.

 

br-stu2Gli altri punti

Tutti gli altri punti riguardano l’assunzione dei docenti, e temo che, anche a seguito del massiccio sciopero del 5 maggio, sarà l’unico effetto che vedremo di questo ddl. Si tratta di un’assunzione pasticciata, che non risolve il problema del precariato ed è sostanzialmente fondata sull’anzianità di servizio.

Il precariato potrà essere superato solo se il reclutamento sarà impostato in un’ottica di decentralizzazione e autonomia scolastica. Il principio guida dovrebbe essere che in presenza di posti vacanti e disponibili stabili, ogni scuola o rete di scuole, dovrebbe poter indire il concorso per l’assunzione, aperto ai soli abilitati inseriti in apposito album regionale. Solo così si potrà evitare il riprodursi del precariato.

L’altro aspetto estremamente negativo di questa operazione è l’ampliamento dei curricoli obbligatori per gli studenti, che accentuerà i problemi di abbandono e dispersione scolastica. E’ indispensabile introdurre opzionalità che sostituiscano, non si sommino alle attuali discipline, in una necessaria revisione dei curricoli.

Fino a quando si potrà tenere alta la speranza del cambiamento se si lasciano sfuggire tutte le occasioni?