Analisi del VI Seminario Invalsi: “I dati INVALSI: uno strumento per la ricerca e la didattica. 25-28 Novembre 2021

a cura di Tiziana Pedrizzi

2022-01-02 (1)

INTRODUZIONE

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Dal 25 al 28 Novembre 2021si è svolto il VI seminario INVALSI.

Gli annuali seminari dell’Istituto di Valutazione rappresentano un momento importante di una delle sue funzioni, quella di offrire ricerche ed analisi sul sistema scolastico italiano, che potrebbero dare basi più solide all’assunzione delle decisioni politiche.

L’altra importante funzione di Invalsi, cioè quella di contribuire alla valutazione e al miglioramento delle scuole sembra, al momento, in stand by, poiché il Servizio Nazionale di Valutazione è per varie ragioni fermo quanto alla valutazione esterna che ne è ovviamente un aspetto cruciale.

L’aspetto internazionale del seminario – testimoniato dal fatto che le ricerche sono presentate in inglese per garantirne la fruizione oltre i nostri confini – vede la presenza, fra i relatori, di rappresentanti di IEA, tuttora un punto di riferimento scientifico cruciale del campo, e il contributo costante di OCSE con gli interventi di  Andreas Schleicher, Direttore OCSE per Istruzione e Skills.

Una novità della sessione 2021 è consistita nella presenza organica ed istituzionale di enti ed istituzioni principalmente preposti nel nostro paese alla raccolta ed al commento dei dati: Banca d’Italia, ISTAT ed Espanet, una rete di studiosi di politiche sociali.

Una comunicazione ISTAT ha avuto come titolo Towards an integrated system for the production of relevant statistical data on education and training. In effetti quella della esistenza di un sistema integrato di produzione dati è una condizione che dovrebbe essere preliminare a qualsiasi varo di policy. Nel nostro paese, però, non è assicurata dal moltiplicarsi degli enti competenti nel merito, con le rispettive gelosie, oltre che dal tradizionale scarso interesse nazionale per i dati.

I dati di queste istituzioni non trattano solo questioni generali di impianto. Fra i temi dei paper troviamo, ad esempio, “Explicit and implicit school leaving: how to combine the phenomena?là dove per espliciti si intendono abbandoni e bocciature di competenza ISTAT e per impliciti i risultati delle prove Invalsi inferiori alle attese.

Ma non ci sono solo le istituzioni centrali; è stato invocato anche un contributo degli Enti Locali da A new alliance matching data and cognitive needs of local authorities, sottolineando la necessità che i dati siano di facile accesso per tutti gli enti – in particolare per le Autonomie Locali – che sulla loro base devono assumere decisioni. Viene da dire che è vero anche il contrario, in particolare per quanto concerne le competenze delle Regioni sulla IeFP, i cui dati – qualora esistano – sono in genere oggetto di gelosa custodia.

PROBLEMI METODOLOGICI

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Una parte dell’attenzione, doverosa per un ente di ricerca come INVALSI, è andata a problemi metodologici, chiaramente scelti con il criterio di essere di interesse generale e abbastanza accessibili anche ai profani.

In Performance of decline and stake of the test si scopre che durata e caratteristiche della concentrazione degli studenti nei test presentano peculiarità diverse fra i generi e soprattutto che è ormai assodato che nei test High Stakes (cioè quelli con ricadute significative, perciò non quelli italiani!) gli studenti si stancano prima.

Se si vuole scoprire quali sono gli atteggiamenti verso le TIC, Tecnologie per l’Informazione e la Comunicazione, da parte degli insegnanti si verrà a sapere, in A multidimensional fuzzy approach  to explore the teacher’s use  and confidence to ICT in italian regions, che gli insegnanti del Sud sono i più ben disposti, anche se da altra ricerca risulta che ciò non migliora la situazione reale della pratica delle scuole; la ricerca mette in relazione tale atteggiamento  dei docenti del SUD verso le TIC con la presenza di finanziamenti europei in proposito.

Se ci si domanda a quali risultati e cambiamenti abbia portato il passaggio alla somministrazione delle prove via computer (CBT) si scopre, in The Invalsi tests from pen and paper to the computer: who has benefited?  che i risultati si sono stabilizzati, il cheating quasi sparito e di conseguenza il divario Nord-Sud aumentato.

COMPARABILITA’ FRA VALUTAZIONI NAZIONALI E INTERNAZIONALI

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Nello stesso ordine di problemi metodologici si può classificare quello della comparabilità fra valutazioni standardizzate nazionali e internazionali, oggetto di due sessioni che in linea di massima sono approdate ad ipotesi di sostanziale comparabilità.

Il tema ha coinvolto molte ricerche come Do national and international surveys speak the same language? e Making comparable National and International Student Assessment: the Chilean Case, poiché sottende anche la possibilità di utilizzare osmoticamente i risultati provenienti dalle due fonti.

Di particolare interesse quella sulle prove nazionali cilene perchè mostra le caratteristiche di un paese sudamericano che si pone, quanto a competenze tecniche, a livello di quelli occidentali.

COVID E APPRENDIMENTI

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Non potevano mancare le sessioni dedicate agli effetti diretti e indiretti del Covid sugli apprendimenti, sia che la comunicazione fossero collegate ai dati e alle attività Invalsi, sia che il legame reperibile fosse piuttosto labile. Non mancano mai infatti, in queste occasioni, scuole o singoli che desiderano parlare delle loro iniziative, più o meno approfondite e più o meno legate al tema di contesto. Ma ben venga, vista la scarsa propensione del corpo docente in generale ad uscire dal proprio ristretto seminato.

Sul tema Covid l’arco degli argomenti è risultato assai ampio.

Contrariamente alle possibili previsioni, in Parental confidence in technology and engagement with home schooling: an unexpected negative relationship si arriva alla conclusione che la relazione tra la fiducia dei genitori nell’uso della tecnologia e il coinvolgimento dei genitori è negativa e significativa. Maggiore fiducia nelle capacità dei figli a seguito di famigliarità precedente? Ambiente anglosassone (Bath) della ricerca?

Quanto alle ricadute sugli apprendimenti, in The Covid-19 pandemic and school closure: learning loss in Mathematics in Primary education, una ricerca che confronta due coorti di bambini di due anni successivi, si mostra che quelli della coorte Covid hanno subito in media una perdita equivalente a circa tre mesi di scuola. Il danno maggiore in termini di apprendimento è stato sperimentato dai bambini con genitori non laureati e rendimenti scolastici pregressi superiori alla media, oltre che dalle figlie femmine di genitori senza una laurea, probabilmente perché sono quelli che traggono maggior beneficio dagli stimoli offerti dalla scuola in situazioni normali. Tenendo conto che questi risultati si riferiscono a scuole primarie della provincia di Torino, si può verosimilmente supporre effetti negativi ancora più forti in zone con minore disponibilità di strumenti digitali e connessione in banda larga (per esempio zone rurali, montane, o alcune parti del Sud d’Italia).

Altre presentazioni si sono riferite ad attività di scuole primarie e secondarie di 1°grado che hanno utilizzato o le prove Invalsi non utilizzate nel 2020, ma rilasciate ad uso delle scuole, o le prove del Formative Testing per le classi non destinatarie delle somministrazioni standard, per preparare, valutare e migliorare i livelli delle classi che nel frattempo si sono ritrovate in situazione di didattica a distanza.

EQUITA’ E POVERTA’ EDUCATIVA

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Dal punto di vista dei contenuti, l’interesse verso il tema dell’equità si è catalizzato sul concetto di Povertà Educativa. Si tratta di un concetto messo a fuoco in Educational poverty in Europe and Italy da Save the Children, altra istituzione-associazione importante a livello nazionale ed internazionale entrata in collaborazione con Invalsi. Il concetto di povertà educativa è definito da Save the Children come” l’impossibilità per i minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni” che si rifà alle “difficili condizioni economiche che non permettono a molti bambini e di avere le stesse opportunità dei loro coetanei in situazioni economiche migliori”. I molti dati raccolti da INVALSI a livello del singolo studente (percentuale di studenti con livello di insufficienza per più anni consecutivi, basso background economico sociale ed in particolare scarso possesso a casa di beni di tipo culturale, ora soprattutto digitali), integrati con altri indicatori provenienti da fonti diverse, possono permettere di farsi un’idea del fenomeno sotto diversi punti di vista. In questo ultimo periodo la presenza o meno di beni digitali ha sicuramente influito sulla capacità di partecipazione in modo efficace degli studenti alla Didattica a Distanza. Questo tipo di indicatori, aggregati a livello di singolo edificio scolastico preventivamente geo-localizzato, sono stati poi mappati sul territorio e presentati in Mapping educational poverty: a prime example. Ne è derivata una caratterizzazione del territorio stesso molto variegata, che mostra come il Sud non sia un unicum e al suo interno si possa intervenire su territori ben definiti e circoscritti e anche che sacche di difficoltà esistono su tutto il territorio nazionale.

Parzialmente diverse le conclusioni cui è giunta The digital divide: a challenge for the school. Lo studio fa riferimento ai dati italiani raccolti dall’INVALSI nell’ambito del Progetto IEA ICILS 2018 su un campione di 150 scuole. Nella macroarea Sud risultano collocati i due terzi delle scuole con ESCS Basso; inoltre persistono condizioni sfavorevoli all’alfabetizzazione digitale, come un ridotto accesso a internet e scarso supporto tecnico e pedagogico all’uso delle TIC; i risultati sono peggiori nella macroarea Sud così come nelle scuole con ESCS Basso. Tuttavia, a parità di background socioeconomico e culturale delle scuole, risulta che i punteggi degli studenti risultano migliori, quando in ambito scolastico sono state apprese competenze digitali e informative. Questi risultati evidenziano il ruolo della scuola nel contrastare il digital divide, particolarmente nelle aree con bacino di utenza più “svantaggiato” in termini di ESCS come il Sud.

Nelle sessioni dedicate alle caratteristiche degli studenti si concentrano molti e variegati temi che per certi versi attengono anche a problemi di carattere sistemico.

L’attuale focalizzazione dell’interesse sul tema dell’equità orienta molto il mondo della ricerca. In particolare, viene messo a fuoco il passaggio dalla fine della scuola secondaria di 1° grado all’istruzione secondaria superiore e lo stretto legame fra status economico sociale e scelta di percorsi generalisti o professionali. Molti ricercatori ritengono che una maggiore equità sarebbe garantita se un numero maggiore di studenti dei livelli ESCS medio-bassi si iscrivesse a percorsi generalisti, sostenendo oltretutto che questi darebbero maggiore accesso al mercato del lavoro. Una tesi interessante anche se discutibile.

L’orientamento scolastico ha e potrebbe avere un ruolo decisivo in tema di equità. Ma le ricerche sono tali perché debbono dimostrare la validità di alcune ipotesi ed i loro risultati non sono scontati. Una ricerca realizzata nell’area di Torino si è focalizzata sull’ipotesi Does providing information on student academic potential reduce social inequality in track choices? Ma le sue conclusioni sono che anche un programma di orientamento particolarmente efficace non influenza la scelta dell’indirizzo formativo, e che questo risultato è lo stesso per studenti con genitori con alti o bassi livelli di istruzione. Quindi la ipotesi che una valutazione oggettiva del potenziale accademico possa diminuire le disuguaglianze sociali nelle scelte dei percorsi scolastici non sarebbe confermata.

BOCCIATURE: GLI EFFETTI

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La discussione sulla efficacia e funzionalità delle bocciature si trascina ormai da decenni nei sistemi scolastici dei paesi affluenti. I costanti risultati delle ricerche, che da almeno un cinquantennio ne indicano una scarsa efficacia in termini di acquisizioni cognitive (non ultimo il fatto che nel campione PISA i quindicenni che ancora frequentavano la terza media fossero quelli con i peggiori risultati), hanno indotto molti paesi ad eliminare di fatto le ripetenze dal loro funzionamento.

Non fa eccezione l’analisi longitudinale Children left behind, new evidence on the negative impact of grade repetition on educational careers, che si presenta come il primo tentativo di valutare l’impatto della ripetenza in Italia e uno dei pochi esistenti in Europa. I risultati rivelano che la bocciatura aumenta la probabilità di passaggio a percorsi scolastici meno impegnativi e aumenta notevolmente l’abbandono scolastico, con un impatto negativo maggiore per gli studenti con genitori poco istruiti o con un background migratorio, presenti in numero sproporzionato. È una situazione che contribuisce anche ad aumentare le disuguaglianze nelle opportunità educative. Come viene ricordato nella presentazione, questi risultati non impediscono a molta parte del mondo della scuola di ritenere che comunque la bocciatura abbia un effetto deterrente, la cui misurazione è peraltro difficile da effettuare.

ANTICIPO DELLA FREQUENZA SCOLASTICA A 5 ANNI

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Il tema dell’anticipo della frequenza scolastica a 5 anni è affrontato da due diverse ricerche da due angolature diverse. Si tratta di un tema che per un verso riguarda le caratteristiche dei singoli individui, per un altro riguarda il sistema nel suo complesso, perché il fenomeno è collocato sostanzialmente al Sud. Ambedue le ricerche rilevano che alle prove Invalsi gli anticipatari (bambini nati entro aprile che, a partire dalla Legge Moratti, possono iscriversi alla scuola primaria prima del compimento dei 6 anni) mostrano nei primi anni risultati inferiori, un gap che va poi attenuandosi fino a sparire. In The Italian regional divide in education: the role of starting age si giunge all’ipotesi che il gap complessivo nei risultati scolastici del Sud sia in parte dovuto al fenomeno dell’anticipazione. Lascia perplessi il fatto che i problemi per gli anticipatari sono maggiori nei primi anni, quando è consolidato oramai il fatto che alle prove di seconda primaria lo iato fra Nord Centro e Sud è molto limitato, se non inesistente. In The academic greeshirting puzzle in Italy. School entry anticipation, social background and children’s outcomes ci si sofferma invece sulle ragioni presumibili di questa scelta, quali: ricerca di vantaggi competitivi da parte dei ceti medio-alti, la pressione sociale in proposito e solo in minor misura la sostituzione di servizi per la prima infanzia carenti o comunque più costosi. Infine, la scelta dell’anticipo scolastico sarebbe più diffusa dove è basa la percentuale di genitori permissivi (o forse meglio non autoritari, come nelle società meno arretrate) e la mobilità sociale, e dove sono alti l’ineguaglianza e i risultati dell’educazione.

GAP DI GENERE IN MATEMATICA

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A quantitative model for gender gap in G8 standardized Mathematic tests in italian schools si propone di approfondire il tema del gap di genere in Matematica, particolarmente significativo nel nostro paese. Il suo interesse deriva anche dal fatto che si tratta di un significativo predittore/indicatore del disinteresse delle ragazze per corsi secondari e universitari di carattere STEM, che a sua volta sembra essere l’elemento decisivo per il gap italiano su questo terreno.  Oggetto di questo lavoro è identificare quali tipi di item, o quali proprietà degli item, producono un divario di genere. La scelta delle prove di terza media dipende dal fatto che il divario di genere aumenta con gli anni di scolarizzazione e si tratta dell’ultimo anno in cui gli studenti seguono un curricolo comune, dopo la scelta di scuola superiore è fortemente correlata al genere.  Delle sedici categorie di prove utilizzate, cinque predicono correttamente la discriminazione e pertanto indicano le aree di maggiore debolezza delle ragazze. Questa conoscenza è particolarmente utile ai fini del miglioramento.

STUDENTI STRANIERI

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The impact of discrimination on future performance: evidence of a self-fulfilling prophecy? affronta il tema degli studenti stranieri, portando in evidenza la presenza di un grading bias (pregiudizio nella valutazione) sfavorevole nei loro confronti. Cioè gli insegnanti assegnerebbero voti inferiori agli studenti stranieri rispetto ai loro compagni italiani caratterizzati dalla stessa performance nei test standardizzati in cui l’identità dello studente non è nota. Le performance dei ragazzi e delle ragazze le cui competenze sono sottovalutate finirebbero quindi per peggiorare in modo più significativo rispetto a quelle dei compagni a cui è stato assegnato un insegnante privo di queste forme di pregiudizio, portando in tal modo al compimento una cosiddetta profezia che si autoavvera.

Di tutt’altro segno, sempre sul tema degli alunni stranieri è Which language do you speak at home?” Didactic ideas from INVALSI data, che cerca di vedere il bilinguismo come una risorsa e non un limite. L’obiettivo è quello di proporre alcune linee guida utili all’insegnante che si trova a gestire uno o più alunni bilingue, indicando quali percorsi formativi intraprendere, sia per sostenere le competenze di un bambino bilingue, sia per agevolare l’acquisizione della L2 sulla base delle peculiari caratteristiche di una specifica L1. La conoscenza di nozioni basilari sulla lingua di origine dello studente potrebbe consentire di valorizzare il bilinguismo e di scongiurare l’emarginazione sociale o l’abbandono della cultura di origine da parte degli studenti stranieri. Una bella sfida per gli insegnanti…

ETA’ DI ACCESSO ALLO SMARTPHONE

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In The sooner really the better? Age of smartphone acquisition and its effects on middle school si scopre che nell’intero campione degli studenti coinvolti l’effetto dell’età di accesso allo smartphone è pressochè nullo.

Infatti, non si trovano segni di un impatto positivo dell’uso precoce dello smartphone sui risultati scolastici degli studenti della secondaria di I grado – ma la differenza è solo fra i 10 e gli 11 anni.

Essi rilevano invece un’influenza negativa per una categoria specifica di studenti a rischio, che ha sviluppato precedentemente abitudini quotidiane di utilizzo diffuso degli schermi, come guardare la TV o giocare ai videogiochi per almeno 2 ore al giorno.

LETTURA E USO DEI RISULTATI DELLE PROVE INVALSI

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Solo a fatica si parla della lettura dei risultati e dell’uso dei risultati delle prove Invalsi a livello della scuola nel suo complesso. Si è cominciato a farlo in The importance of how communicate Invalsi data, dove si è presentata una buona sintesi di cosa si dovrebbe fare, ma non si dispone ancora di una ricognizione di ciò che realmente si fa o non si fa. Pesa qui forse il problema del destino del Servizio Nazionale di Valutazione che sembra ad oggi sospeso nella sua parte di visite esterne ed affidato solo alla autovalutazione delle scuole. Ed è noto che le scuole non sempre sono portate a prendere seriamente in considerazione i risultati delle prove, quando questa attività è lasciata solo alla loro iniziativa.

VALORE AGGIUNTO DELLE SCUOLE

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A livello di istituto sarebbe di massima importanza cercare di individuare i fattori che determinano un effetto scuola (ES) positivo o negativo. Si tratta di una misura di quello che viene anche altrimenti chiamato Valore Aggiunto. I risultati delle analisi effettuate ormai da qualche anno su tutto il campione nazionale indicano che, mentre la grande maggioranza delle scuole non sembra evidenziare, allo stato attuale della ricerca, un valore aggiunto significativamente positivo o negativo, esiste comunque una minoranza che si colloca ai due estremi- positivo o negativo- con una maggioranza dei valori aggiunti negativi al Sud. La ricerca presentata si fonda sulla somministrazione, a un campione di ambedue i tipi di scuole, di un questionario mirante ad individuare fattori significativi in entrambi i sensi.

In merito alle variabili organizzative, la leadership di supporto, il decision-making partecipativo e il supporto dei colleghi hanno mostrato livelli significativamente superiori nei partecipanti che lavorano in istituti con effetto scuola positivo rispetto a chi lavora in scuole con effetto scuola negativo.

In merito invece alle variabili didattiche, la fiducia nelle potenzialità della didattica e le iniziative per l’inclusione hanno riportato livelli significativamente più alti tra gli insegnanti di scuole con effetto scuola negativo; l’ideologia delle doti naturali è risultata invece significativamente più presente tra gli insegnanti di scuole con ES positivo. Certamente non è chiaro quale è la causa e quale l’effetto se cioè ad esempio le speranze nella didattica ed i tentativi di inclusione causano o sono invece causati da situazioni problematiche.

TEST INVALSI E CONVINZIONI DEGLI INSEGNANTI

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In Teachers’ beliefs about validity of INVALSI tests and teaching practices implemented è esplorato il rapporto fra risultati Invalsi e le relative convinzioni degli insegnanti.

Vi viene presentato un questionario semi strutturato, suddiviso in 3 sezioni, volto ad indagare:

  1. la consapevolezza dei docenti in merito agli obiettivi di apprendimento rilevati dai test INVALSI,
  2. le loro concezioni sugli errori in Matematica, l’uso dei test nella didattica quotidiana, le misconcezioni sulle prove standardizzate,
  3. l’idea di valutazione e le pratiche didattiche abituali.

La ricerca individua un profilo di docente che riconosce la validità dei costrutti delle prove INVALSI e risulta pertanto incline a identificare gli stessi come strumenti utili ad analizzare la propria azione didattica, riflettervi e riprogettarla in modo funzionale agli obiettivi di apprendimento. La finalità è quella di utilizzarlo come modello in formazione, mettendolo in rapporto con il suo contesto e con le tipologie di atteggiamenti diversi, se non oppositivi.

Tornando alle pratiche di valutazione effettive, in Linking student achievments to reacher assessment practices. Problems challenges and implications si prova a stimare gli effetti causali delle pratiche di valutazione e formazione degli insegnanti, derivate dal Questionario Insegnante sugli apprendimenti degli studenti nelle prove di Italiano e Matematica Invalsi 2017-18 e 2018-19. I risultati mostrerebbero come gli insegnanti italiani presentino forti carenze nel campo della valutazione dell’apprendimento degli studenti e come non siano consapevoli di tale carenza. Gli effetti negativi si evidenzierebbero soprattutto per gli studenti più deboli, rinforzando il rischio di riprodurre disuguaglianze nel sistema scolastico.

In proposito gli autori trentini di The stricter the better? The effect of teacher grading standards in primary school sembrano essere già approdati a qualche conclusione: gli studenti esposti ad insegnanti più severi in quinta primaria avrebbero risultati migliori in Italiano e Matematica sia in terza media che in seconda superiore. E questo indipendentemente dal genere, dal background socioeconomico e dai diversi livelli di partenza. Gli autori suggeriscono di conseguenza di dare un’occhiata alla recente abolizione dei voti nelle scuole primarie italiane.

ASPETTI DIDATTICI

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Quanto agli aspetti più propriamente didattici, nel seminario sono state presentate esperienze di valore diverso, con una particolare centratura sulla Matematica. Forse perchè si tratta di un terreno su cui le prove standardizzate sembrano prosperare maggiormente, anche grazie alla maggiore predisposizione degli insegnanti o per il lavoro particolarmente significativo del team di matematici Invalsi

Un contributo anch’esso relativo alla Matematica presenta riflessioni adatte però a tutte le aree. Secondo, infatti, Mathematics tests as tools of reflection in teachers’ professional development programms una peculiarità che caratterizza le prove INVALSI è che il Quadro di Riferimento su cui si basano è strettamente legato alle Indicazioni Nazionali e alle Linee Guida, che hanno sostituito i programmi nazionali. Gli insegnanti possono quindi trovare nelle prove esempi con cui confrontarsi, pensando ai traguardi per lo sviluppo delle competenze e agli obiettivi previsti a livello ministeriale, valorizzando magari ambiti spesso trascurati nel curricolo effettivamente svolto.

COMPETENZE DI CITTADINANZA

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E da ultimo vale la pena di dare un’occhiata a quanto si è detto sulle competenze di cittadinanza, una parte importante dell’area delle competenze non direttamente cognitive, che sta attirando l’attenzione in particolare degli organismi e delle istituzioni internazionali oltre che dei sistemi educativi europei.

Meno scontato del previsto Towards a comprehensive Framework on civic competence development of teachers. Ci si aspetta che gli insegnanti siano ben preparati e dotati delle necessarie conoscenze, abilità e attitudini per coinvolgere anche gli studenti nella cittadinanza democratica. Ma molti studiosi sono preoccupati per l’immersione limitata e incoerente dei futuri insegnanti nel campo della cittadinanza durante la formazione. Infatti, i risultati dell’indagine sui contesti nazionali dell’ICCS (International Civic and Citizenship Education Study) 2009 e 2016 hanno mostrato che, nella maggior parte dei Paesi partecipanti, compresa l’Italia, la formazione civica pre-servizio e in servizio è stata fornita ma, nella maggior parte dei casi, non è obbligatoria. La ricerca presenta un modello di formazione collegato al OctagonT model, un modello che descrive i processi attraverso i quali gli insegnanti acquisiscono queste competenze civiche personali e professionali. Che potrebbe secondo i ricercatori belgi costituire un valore aggiunto anche nel contesto della riforma del curricolo italiano.

ICCS 2016 (International Civic and Citizenship Education Study) – l’analisi internazionale di IEA sulla cittadinanza- ha fornito a ricercatori cileni e belgi lo spunto per tre paper:

  1. The meaning of political trust among 14. years-old across 24 countries,
  2. Citizenship norms endorsment profile
  3. Cross national equivalence of political partecipation in early adolescence across 24 countries.

In essi si iniziano a delineare tipologie valide a livello generale degli atteggiamenti dei giovani campionati circa la partecipazione civica e politica, la fiducia politica e l’aderenza alle norme di cittadinanza previste dall’indagine.   Le norme sulla cittadinanza presenti sono norme sociali ingiuntive ed includono principi come votare, obbedire alla legge, lavorare sodo, impegnarsi in discussioni politiche. Esse descrivono ciò che le persone tendono a fare in contrasto con le norme descrittive. Di particolare interesse è la dimensione comparata del quadro, per ora solo sbozzato, che mette a confronto le realtà dei giovani di diversi paesi.

COMPETENZE FINANZIARIE COME COMPETENZE DI CITTADINANZA

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Anche le competenze finanziarie, oggetto nelle ultime edizioni di PISA di una indagine aggiuntiva, sono considerate competenze di cittadinanza; esse hanno però anche un forte aspetto cognitivo, particolarmente legato alle competenze matematiche.

In Financial literacy, numeracy and schooling: evidence from developed countries si afferma infatti che l’intensità di tale relazione è maggiore di quella con le competenze di Lettura e presenta eterogeneità tra i diversi paesi, anche per quanto riguarda l’offerta da parte della scuola di attività su questo tema.

Dal punto di vista didattico, interessante la conclusione secondo cui le tecniche che stimolano di più l’attivazione cognitiva dei discenti migliorerebbero il trasferimento di competenze tra la Matematica e le competenze finanziarie, anche in Paesi con un punteggio basso di Financial literacy.

I TALENTI DIMENTICATI

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Una ultima osservazione.

Mentre grande attenzione viene riservata ai temi dell’equità, anche in questo seminario è mancata l’attenzione ai livelli alti di competenza. Si pensa che i migliori non abbiano bisogno di riconoscimento, di valorizzazione, se non addirittura di sostegno. Quando addirittura non sembra che si tenda a censurare la loro presenza, forse perché sentita come il frutto di ingiustizia sociale. Ma la cosiddetta fuga dei cervelli inizia da qui. Peraltro, fin dalle prime prove standardizzate internazionali, è risultata evidente la scarsità relativa degli apicali italiani. E non solo al Sud. Nelle prime indagini PISA in Regione Lombardia risultava che perfino gli apicali italiani studenti maschi dei licei del Nord Lombardia conseguivano risultati inferiori a quelli dei loro equivalenti per status economico sociale degli altri paesi europei. E le cose non sembrano essere cambiate.

 

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