RELAZIONE DI IVI KUSSMAUL
Vi faccio una domanda: “Chi di voi c’era al seminario dell’anno scorso e ha sentito Margret Rasfeld?” Alzate la mano! Ottimo, quindi ascolterete cose in parte già sentite, ma io vi racconterò la mia esperienza personale, di studentessa.
L’importanza di ricevere fiducia
Buongiorno a tutti, mi chiamo Ivi, ho 18 anni, frequento l’ultimo anno alla scuola ESBZ di Berlino, a giugno farò la maturità. In questa breve presentazione vorrei parlarvi di “empowerment”, responsabilità e potere agli studenti.
Sono qui oggi sul palco da sola a parlare a un folto pubblico che non conosco, in una lingua che non è la mia, quindi qualcuno di voi si chiederà: “ Come ha fatto a trovare il coraggio?” E’ semplice: ci sono state persone che hanno creduto in me: i miei insegnanti, la preside della mia scuola, i miei genitori. Da loro ho appreso che non sempre otteniamo dei successi e che fallire non è sempre negativo. Magari anche qui, potrà capitarmi di balbettare, di dimenticare qualche parola in inglese, ma chi se ne importa, non fa niente. La cosa importante è che ho avuto il coraggio di venire e di parlarvi.
Ebbene, coraggio, responsabilizzazione, autonomia, questi sono i principi che hanno guidato la mia educazione alla scuola ESBZ a Berlino. Ed è proprio grazie alla mia scuola che oggi sono qui. Allora quello che vorrei fare è di comunicarvi, attraverso la mia esperienza, degli spunti, qualche ispirazione, perché anche nelle vostre scuole possa trovar posto quel tipo di educazione che io ho avuto la fortuna di ricevere.
Molti ragazzi si sentono scoraggiati, perché nessuno li stimola ad assumere responsabilità, ad essere audaci. Hanno costantemente paura di sbagliare, di prendere dei brutti voti, hanno paura di mettersi alla prova. Tutto questo è molto triste.
Quindi provo a dirvi come si possono cambiare le cose.
Vi parlerò di come è organizzata la ESBZ, di come si apprende e dei progetti che facciamo. Informazioni che dovete prendere semplicemente come uno spunto, che ciascuno di voi potrà poi sviluppare come crede. Non è un modello da copiare. L’importante è il principio su cui dovrebbe basarsi, noi crediamo, tutta l’educazione che si riceve a scuola, che è quello della responsabilizzazione e valorizzazione degli studenti.
L’apprendimento delle discipline scolastiche
Questo che vedete nella figura è il nostro “ufficio”, il luogo dell’ apprendimento delle discipline scolastiche tradizionali, materie come Matematica, Inglese, Tedesco, Scienze Sociali, eccetera. Le impariamo da soli, non ci sono lezioni frontali. C’è tutto il materiale didattico a nostra disposizione, e ciascuno di noi studia secondo i suoi tempi. Quando sono arrivata in questa scuola avevo 10 anni e ho veramente dovuto rivoluzionare il mio modo di imparare. Prima frequentavo una scuola tradizionale, dove stavo seduta al banco e tutto mi era dato molto velocemente, come ad un fast food. Qui mi sono dovuta svegliare in fretta, ho dovuto imparare a organizzarmi e tenermi concentrata, perchè non c’è nessun insegnante che ti richiami all’ordine.
Naturalmente l’insegnante c’è ed è disponibile. L’insegnante supervisiona, controlla, ma il suo ruolo è completamente diverso da quello tradizionale: non è più la persona principale che siede in cattedra, che ti dice “silenzio ascoltate”, che ti disciplina, che ti invita a studiare di più; siamo noi che ci avviciniamo all’insegnante, le chiediamo “Per favore mi aiuta a capire questa cosa, non la capisco bene”.
E così l’insegnante ci appare sotto una luce completamente diversa. Grazie a questo metodo, anche gli insegnanti cambiano, diventano più gentili e disponibili, perché vengono trattati in maniera diversa, in maniera più amichevole, rispettosa, con stima. Questo produce un cambiamento di atteggiamento.
L’altra cosa importante è che si può imparare secondo i propri tempi e decidere quando si è pronti per l’esame. In questo modo l’interrogazione non spaventa più, ma diventa un momento in cui testare le proprie conoscenze. Questo cambia l’intero significato della scuola, trasformandola in un luogo dove stai volentieri per imparare e dove non si vede l’ora di essere interrogati, perché è il momento di dimostrare cosa si è appreso, non esiste più la paura del test. Inoltre si può distribuire il proprio tempo come si vuole fra le diverse materie. Per esempio io non andavo tanto bene in tedesco, quindi in una scuola normale avrei preso brutti voti, sarei stata frustrata e forse sarei stata bocciata in tedesco, mi sarei sentita a disagio, mi sarei convinta che non sarei mai diventata brava in tedesco. Ora dal momento che per me imparare la matematica è una passeggiata e mi bastano poche ore alla settimana per ottenere buoni voti, perché impegnare lo stesso tempo per la matematica e per il tedesco, dove invece ho difficoltà? Sarebbe sbagliato, per me è stato possibile applicarmi di più sul tedesco per sopperire alle lacune che avevo. ED è stato molto efficace. Ognuno di noi è diverso, ognuno impara secondo ritmi propri, individuali. Così nel nostro “ufficio” nessuno si annoia, ciascuno segue il proprio passo, i tempi del proprio apprendimento.
I Progetti
Parliamo ora dei progetti. Tutte le settimane abbiamo la giornata del progetto. I progetti sono di tanti tipi. Per quel che mi riguarda ho realizzato un video musicale, ho fatto delle ricerche su come la musica plasma il cervello, abbiamo realizzato una mostra sull’olocausto in una sala del parlamento di Berlino, abbiamo fatto una ricerca sulla storia del nostro quartiere, e altro ancora. Quindi tante cose diverse, quasi tutte interessanti.
Mi ricordo quando avevo 10 – 11 anni, studiavo e non mi ricordavo niente. Quando si raggiunge l’età della pubertà, ci si dimentica tutto quello che si studia e se mi chiedete che cosa ho imparato quando ero alle scuole medie, io non mi ricordo niente. Questi progetti invece non li dimenticherò mai, sono ancora tutti vivi e presenti nella mia memoria,, non scorderò mai nulla di quello che ho imparato facendoli. Non è un apprendimento noioso, nozionistico, è molto creativo.
Il mentore personale
Come ci organizziamo, come gestiamo il nostro apprendimento? Imparare da soli è super difficile, ma fortunatamente per noi, abbiamo un tutor, un mentore personale, un insegnante, pagato allo scopo, che ha due ore retribuite per darci questo tutoraggio, per farci da mentore personale e motivarci. Quando siamo nell’età della pubertà è bello sapere che c’è qualcuno che ti può aiutare, che quando hai un problema c’è una persona che ti è vicina, che ti aiuta in tutto, non soltanto nei compiti, ma anche se hai dei problemi tuoi personali, problemi a casa. E’ veramente bello avere una persona adulta che ti aiuta a superare le difficoltà emotive della crescita.
Il progetto responsabilità
Adesso vengo alla parte che più mi preme, la più importante: il progetto della responsabilità.
Dal settimo e ottavo anno, quando abbiamo 12-13 anni, cominciamo ad assumere degli impegni sociali.
Gli impegni possono essere presso una scuola dell’infanzia o in una casa di riposo, oppure possiamo andare a parlare nelle scuole sui cambiamenti climatici, sullo sviluppo sostenibile, o altre attività ancora, come la manutenzione del parco, ecc..
L’importante è fare qualcosa di positivo per gli altri, fare del bene.
Quando ho cominciato con il progetto responsabilità avevo 12 anni, mi sono recata in una scuola dell’infanzia, ho bussato alla porta e ho detto: “Buongiorno mi chiamo Ivi, avete bisogno di aiuto?” Ero timidissima ed ero veramente spaventata e mi chiedevo: “Che ci faccio qui? Che cosa so fare? Non sono mica capace”. Invece sono stata accolta a braccia aperte, mi hanno detto di cominciare la settimana dopo, ero veramente entusiasta, mai avrei pensato di essere utile agli altri. Magari potevo essere brava in matematica, ma mai avrei creduto di potermi mettere a disposizione degli altri.
Ho organizzato delle lezioni di danza moderna per bambini piccoli 3- 5 – 7 anni, volevo trasmettere la mia passione per la danza contemporanea ai bambini. Ma immaginate 10 bambini che corrono come degli scalmanati senza controllo, non sapevo come fare a tenerli a bada. Gestirli non è stato facile, ma alla fine in un modo o nell’altro siamo riusciti a fare anche il saggio finale.
Dopo lo spettacolo mi sono seduta con i bambini e ho detto: “ E’ stato bello, allora, adesso ci salutiamo”. Ero sollevata, non ne potevo più, perché era stato un anno bello, ma anche stressante per me. Un bambino, allora, mi ha detto: “ OK, ciao, ci vediamo dopo le vacanze estive”. Ero atterrita, ma erano tutti d’accordo, mi hanno acclamata: “ Vogliamo che torni, vogliamo che torni”. Tutti avevano dato per scontato che avrei continuato, io però non ho preso impegni sul momento e durante l’estate ci ho riflettuto. Mi sono detta “Ok lo rifaccio, ma nel mio tempo libero”. Così ho rifatto un altro anno. Di nuovo è arrivata l’estate, di nuovo la stessa situazione che si è ripetuta, e di nuovo ho rinnovato l’impegno perché ai bambini era piaciuto tanto. Era stato utile per i bambini.
Non è che facciamo niente di speciale in questi progetti. Utilizziamo i nostri fondi, quelli che ci vengono anche dati dalle nostre famiglie. Alcune volte bisogna superare la soglia del progetto programmato a scuola e questo superamento è veramente un momento critico, che fa paura, ma una volta che hai superato questa linea rossa, niente più ti spaventa, perché hai già fatto la prova, perché vedi che ci sono delle persone che dipendono da te e che stai facendo un piccolo grande cambiamento per qualcun altro. Tutto questo ti fa cambiare, fa la differenza, senza questo progetto, mai mi sarei immaginata di fare volontariato.
Progetto sfida
E adesso possiamo parlare del progetto sfida: so che tutti voi siete insegnanti, e questo forse vi sembrerà una cosa pazzesca, ma l’abbiamo fatto per tanti anni e nessuno è mai morto, né si è ferito, nè è stato portato al pronto soccorso. Tranquilli, tutti sicuri e incolumi. Questa è la parte che mi piace di più della mia scuola.
Il progetto sfida si basa solo su tre regole:
- lasciare la nostra città, Berlino,
- stare via per 3 settimane,
- vivere con €150, che sembrano un sacco di soldi, ma per tre settimane sono veramente niente.
Al di là di queste 3 regole si può fare tutto quello che si vuole, ma quando ci si sposta fra luoghi diversi c’è uno studente universitario come accompagnatore, che però non ha nessun diritto di aiutarti; è soltanto un membro del gruppo che è lì con noi, e vi assicuro che gli studenti universitari alla fine non sono più bravi di noi a leggere le cartine.
Che cosa si può fare?
Si può andare in bicicletta, fare vela, hiking oppure andare a vivere nei boschi oppure realizzare una scuola materna in Albania come ha fatto una mia amica, addirittura ha costruito una casa fatta di mattoni e fango, oppure andare a fare musica per tre settimane. Sembra una bella cosa divertente, fare musica, ma la mia amica mi ha detto che mai più nella vita toccherà una chitarra, dopo quella esperienza, quindi non tutto brilla, non è tutto così facile come appare.
Durante i primi tre anni sono andata a lavorare in una fattoria, ad accudire animali.
A quel tempo avevo 15 anni, poi sono andata a fare una gita in bicicletta in Svezia, 7 ragazze nell’ età della pubertà. Abbiamo girato sole nei boschi, senza doccia e senza niente. Avevamo circa €8 al giorno, ma in 7! Quindi €1 al giorno per persona, ma siamo sopravvissute, non so come, ma siamo sopravvissute. è stata una vera e propria esperienza di sopravvivenza. Ovviamente in Svezia è possibile fare campeggio libero. Andavamo a raccogliere e a rubare patate, bacche, frutta dai campi perché non avevamo i soldi per comprarci da mangiare, cosa che non avremmo mai fatto in Germania…
Un altro anno sono andata a lavorare in Gran Bretagna, ma soltanto un lavoretto solo in cambio di vitto e alloggio e non parlavo assolutamente una parola di inglese, ma sono stata costretta a parlare in inglese, e l’ho imparato. Facevo dei lavoretti molto semplici.
Un altro anno ho accompagnato un gruppo- perché avevo compiuto i 18 anni- a fare una gita a piedi in Germania. Praticamente io bussavo alle porte e dicevo “Ciao, siamo un gruppo di ragazzi, stiamo facendo questo progetto, per favore ci date ospitalità, ci date accoglienza, da mangiare e un letto” e tutti ci hanno sempre accolto a braccia aperte. Le persone che abbiamo incontrato sono state gentilissime, carinissime e ci hanno permesso di fare questa esperienza umana incredibile, perché a un certo punto eravamo veramente in difficoltà, senza soldi. È stato davvero divertente, fonte d’ispirazione, ma allo stesso tempo dura come esperienza, ogni giorno devi spingerti oltre, ogni giorno ti dici “Oddio ma perché devo continuare a camminare o andare in bicicletta, sono talmente esausta”, ma sai che devi stare insieme al gruppo, e non puoi mollare tutti lì, quindi affronti una sfida che dura 24 ore al giorno, 7 giorni la settimana, non hai mai un momento di tregua. E tre settimane diventano come tre mesi quando li vivi così.
Questi progetti della sfida sono impressi nella mia memoria, non li dimenticherò mai, mi accompagneranno tutta la vita. E ti fanno apprezzare veramente quello che hai. Quando sono tornata a casa dalla Svezia, ho pensato “ Grazie a Dio, qui c’è la mamma che mi fa da mangiare, un frigo pieno di un sacco di cose buone, la mia stanza che non devo più condividere con nessuno, una doccia …” Veramente cominci ad apprezzare tutto quello che hai, è qualcosa di molto educativo, che ti fa apprezzare cose che altrimenti sembrano assolutamente banali e dovute. Ti trovi sempre a forzare i tuoi limiti e una volta che ce l’hai fatta, ti dici “ Beh se ho superato questo, posso superare tutto”. Ti senti Wonder Woman. E diventi consapevole che ce la puoi fare, che puoi sopravvivere, che puoi cavartela. Questo veramente mi ha preparato ad affrontare la vita e il mio progetto successivo: il progetto all’estero.
Il progetto all’estero
Quando siamo nell’11^ classe, da noi la 1^ liceo, partiamo all’estero per tre mesi. Possiamo fare per esempio un lavoretto in una fattoria e in cambio avere vitto e alloggio; oppure qualcuno dei miei amici è andato a occuparsi della manutenzione del verde a Toronto, in Canada. Io sono andata per un anno in Cina, dove ho frequentato anche la scuola, perché se il tuo periodo all’estero dura più di 3 mesi devi, sfortunatamente, andare anche a scuola. La Cina non era fra le mie scelte, in realtà mi sarebbe piaciuto andare in Argentina, Bolivia, Costa Rica o Colombia, dove mi sarei veramente goduta la vita al sole in spiaggia, invece mi hanno dato una borsa di studio per la Cina, in un posto sperduto nel mezzo del niente. Sinceramente io non ci volevo andare in Cina, non parlavo neanche una parola di cinese, a parte tre frasi, che poi ho scoperto essere anche sbagliate. La famiglia che mi ha ospitato non parlava in cinese mandarino ma in un dialetto del posto. Comunque sono partita. Andavo a scuola dalle 7 della mattina alle 9 di sera. Ci credete? 14 ore al giorno in una città inquinatissima, talmente inquinata che veramente mi ha fatto star male. Adesso mi rendo conto che mai sarei andata là se non avessi avuto la borsa di studio, ma soprattutto se non avessi avuto l’incoraggiamento da parte dei miei mentori: “ Sì che ce la puoi fare, sei intelligente, puoi imparare il cinese, non preoccuparti, prova, se non va bene torni a casa”. Senza il loro incoraggiamento, senza la mia scuola, senza i progetti fatti prima, mai sarei andata in Cina e mai sarei stata in grado di conoscere questo Paese incredibile e bellissimo. Ogni giorno imparavo qualcosa di nuovo sulla Cina, certo ho soltanto grattato la superficie della conoscenza di questo enorme Paese. Ci sono voluti sei mesi per orientarmi in Cina, però poi mi sono resa conto, improvvisamente, che ero addirittura in grado di scherzare nel dialetto locale con la mia famiglia e quindi a quel punto avevo fatto amicizia con tutti, stavo a scuola giorno e notte, la sera andavamo insieme a visitare i mercati serali, a mangiare riso all’ananas. Mai mi sarei immaginata che io sarei andata in Cina e che sarei stata in grado di vivere là, in un posto così alieno, e imparare questa lingua aliena che è il cinese, anzi un dialetto, e mai avrei pensato di portare con me tutti questi ricordi. E se non fossi andata là forse non avrei avuto il coraggio oggi di salire qui sul podio a parlare davanti a 500 persone.
Sono perciò veramente grata alla mia scuola, per tutto quello che mi ha dato.
Se non avessi avuto l’opportunità di frequentare la scuola ESBZ, sarei una persona completamente diversa, perché tutti i momenti che mi hanno plasmata sono stati la conseguenza della libertà, autonomia, responsabilizzazione, incoraggiamento, in una parola “ empowerment” datomi dai miei insegnanti, da tutta la scuola, che mi ha lasciato lo spazio per diventare quella che sono e per fare quello che voglio.
L’importanza dell’”empowerment”
Perché è importante dare responsabilità ai ragazzi, oltre a dare a ciascuno benessere e fiducia in se stesso?
Quando leggiamo i giornali, ci balzano agli occhi tante sfide: la polarizzazione della nostra società, la disparità crescente fra ricchi e poveri, la crisi dei rifugiati, i cambiamenti climatici, e tanto altro. Queste sono le sfide globali di oggi e del futuro. E allora che tipo di persone va educato? Giovani responsabili e autonomi, coraggiosi, preparati ad affrontare tutti questi problemi.
Quindi ok continuare a fare l’analisi del testo, l’analisi grammaticale e sintattica e imparare le regole, ok va bene, ma questo non è tutto. La conoscenza è importante, le nozioni sono importanti, ma forse la scuola tradizionale dà troppo peso a queste cose, un peso quasi esclusivo. Le future generazioni vanno educate a essere creative, aperte, responsabilizzate, audaci, fiduciose in loro stesse, in grado di partire per il mondo, imparare più lingue, aiutare gli altri e aprirsi alle altre culture, alle altre mentalità.
Per me è stato importantissimo. Noi giovani dobbiamo apprendere valori, non solo parole, perché se non apprendiamo valori, non saremo mai in grado di agire secondo dei valori.
C’è bisogno che ci sia qualcuno che ci incoraggi, qualcuno che se non sai decidere se andare in Cina, come è capitato a me, perché avevo paura, è capace di dirti: “Vacci, ce la puoi fare, sei brava, hai le capacità”. Noi abbiamo bisogno di essere incoraggiati, dobbiamo sentirci dire che di fronte a tutte le possibilità aperte davanti a noi, possiamo scegliere e ce la possiamo fare.
Aiutateci, incoraggiateci a realizzare quello che vogliamo fare, senza aver paura.
La cosa più importante è che bisogna essere coraggiosi!
Certo non è l’unica modalità possibile, ma è importantissimo incoraggiare noi studenti a provare le cose. Gli errori non devono fermarci, sbagliare non è un fallimento, fallire non è disastroso, può farci bene.
Se abbiamo delle guide, come voi che siete insegnanti, saremo preparati alle sfide che ci aspettano.