I FOCUS DI PISA N. 59 – 60 – 61

a cura di Marco Bardelli

E’ rilevante quanto tempo passano on line gli studenti?

Cosa dice il Focus n.59

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Quindicenni OCSE: in media 2 ore al giorno online

Un adolescente di un Paese economicamente avanzato è probabile che passi buona parte del suo tempo libero utilizzando dispositivi tecnologici, guardando video on-line, chattando, inviando messaggi o facendo tutte queste cose assieme. Gli stereotipi riguardo alla cosiddetta generazione digitale (net generation) hanno un certo grado di verità come dimostrano i dati dei questionari raccolti in PISA 2012.

Nei Paesi OCSE più di un quindicenne su due dichiara infatti di stare on line per più di due ore al giorno nei fine settimana.

Le più comuni attività online

Quasi ogni giorno circa il 70% dei quindicenni dei paesi OCSE va su internet per divertimento, per comunicare sui social network o per guardare dei video in streaming. Queste sono le attività più comuni praticate dai giovani insieme a chattare on line (54%) e scaricare musica, film o giochi da internet (47%).

Per molti di questi giovani il tempo passato su internet non sembra proprio avere dei limiti (a parte le 24 ore della giornata). In media circa il 7% degli studenti OCSE dichiara di passare nel loro tempo libero più di 6 ore al giorno on line. Questo dato sale al 13% degli studenti in Russia e in Svezia.

Rischi di un uso eccessivo della rete

In Paesi dove l’accesso a internet non dipende dalle condizioni socio-economiche gli studenti delle famiglie socio economicamente svantaggiate passano in media on line lo stesso tempo degli studenti di famiglie più benestanti. Ad ogni livello socioeconomico quindi i quindicenni di oggi crescono in un ambiente sempre più altamente interconnesso. L’accesso a una molteplicità di risorse educative, l’impegno in attività su internet e le diverse esperienze in ambiente digitale fanno emergere preoccupazioni sul pericolo di un accesso illimitato alla rete. Naturalmente i bambini e i ragazzi vanno protetti dalle minacce online o da contenuti dannosi come cyberbullismo, pornografia, frodi on line, pratiche abusive di marketing e furto di identità. Questo tipo di minacce esiste anche nel mondo reale ma gli accorgimenti e le difese che sono messi in atto nella realtà non sono altrettanto efficaci nel mondo virtuale.

Gli effetti negativi di prolungate connessioni

La ricerca internazionale ha anche evidenziato come la sola esposizione prolungata agli schermi sia dannosa in quanto perturba il sonno, l’attività fisica e il benessere sociale. Questi dati sono confermati decisamente dall’indagine PISA. Ad esempio gli studenti che usano in maggior grado internet, sei o più ore al giorno,  hanno un più basso livello di “benessere scolastico”.  Questi studenti hanno il doppio di probabilità rispetto agli studenti che usano moderatamente internet, ovvero massimo due ore al giorno, di sentirsi isolati a scuola (14% contro il 7%). Gli studenti ben integrati a scuola hanno poche probabilità di essere tra quelli che passano sei o più ore al giorno su internet. Inoltre gli studenti che usano in maggior grado internet presentano minor impegno scolastico. Questo impegno viene misurato in termini di ritardi nell’ingresso a scuola nelle due settimane precedenti il test PISA: il 45% dei maggiori utilizzatori della rete fa ritardo all’ingresso a scuola, contro il 32% degli studenti che usano al massimo fino a un’ora al giorno internet. Infine gli assidui utilizzatori di internet registrano punteggi inferiori in media nel test PISA di matematica.

Certamente non c’è una relazione di causa effetto, ma i dati mostrano che c’è una qualche relazione tra l’uso di dispositivi elettronici digitali nel tempo libero e il benessere scolastico. Il fatto che gli esiti degli apprendimenti siano correlati negativamente all’uso intensivo di internet non è solo una questione che riguarda il tempo libero degli studenti ma è un argomento che deve interrogare i sistemi scolastici nel loro complesso. Genitori, insegnanti e professionisti sociosanitari devono cooperare per monitorare e pianificare l’uso dei nuovi media nei bambini.

COMMENTO

Le scuole insegnano ai quindicenni discipline fondate su linguaggi elaborati che hanno come supporto principale il libro di testo e come modalità di insegnamento preminente la lezione di tipo trasmissivo. Anche quando la scuola è all’avanguardia nell’uso delle TIC, la forte struttura disciplinare del sapere codificato nelle materie scolastiche impone che l’acquisizione delle conoscenze da parte degli studenti richieda dei contenuti di base sicuri e dei percorsi di apprendimento ben definiti, secondo le logiche interne alle discipline che, con il progredire degli studi, non hanno sempre facili agganci con l’esperienza quotidiana degli studenti. Questo è vero oggi per la net generation come era vero per i giovani di 50 anni fa quando ancora i mezzi di comunicazione principali erano la radio, la televisione e il telefono fisso, mezzi che avevano  una pervasività nella vita di ogni giorno non confrontabile rispetto a quella che oggi hanno da soli i telefoni cellulari.

La scuola è chiamata in causa nel cooperare con genitori e professionisti sociosanitari per aiutare i giovani a regolare l’uso dei nuovi media, ma la chiamata in causa rischia di diventare un’ulteriore delega alla scuola nell’organizzare e coordinare anche questi aspetti educativi che competono a un più ampio insieme di agenzie educative: famiglia, associazioni, comunità di riferimento,  che invece vengono a loro volta troppo poco chiamate in causa come parti attive per affrontare il problema. Il rischio è che si faccia ancora eccessivo affidamento sulle virtù quasi taumaturgiche dell’educazione scolastica che in qualche modo, ma quale sia non è chiaro a nessuno, dovrebbe riuscire a dissuadere i giovani dall’uso eccessivo, non controllato e poco consapevole dei nuovi media, in particolare social network e videogiochi e al tempo stesso riutilizzarli per potenziare l’apprendimento delle competenze e delle conoscenze disciplinari. In realtà ciò accade anche perché le indicazioni che provengono dai decisori politico istituzionali a riguardo sono spesso contrastanti tra loro e poco organizzate e non ultimo per la scarsa incisività delle altre agenzie formative. Pochi mesi fa il focus PISA 57 sulla capacità delle scuole nel facilitare l’integrazione degli studenti immigrati sottolineava l’importanza delle politiche educative a questo scopo, ma non dovremmo dimenticare che anche la sola didattica, come tecnica per potenziare gli apprendimenti, è una questione spesso culturale e cioè una questione che non riguarda solo la scuola ma che riguarda anche le politiche sociali.

Tutto sommato il quadro che esce dal focus può essere intuibile a priori: un forte uso di internet per scopi ludici si accompagna a ESCS bassi e a bassi apprendimenti. Quello che è importante è il fatto che, in questo caso, i dati confermano l’intuizione, cosa che non sempre si verifica.

Non dimentichiamo infine, per lo meno per quanto riguarda la situazione in Italia, che nelle scuole secondarie l’insegnamento si fonda principalmente su obiettivi di tipo cognitivo, e che quindi esiste anche un problema di formazione dei docenti per quanto riguarda la consapevolezza delle potenzialità e delle problematicità dei nuovi mezzi di comunicazione. Spesso infatti queste potenzialità e problematicità, anche se individuate, restano confinate all’ambito di carattere cognitivo, mentre gran parte delle difficoltà che emergono dall’uso eccessivo dei nuovi mezzi di comunicazione da parte dei ragazzi quindicenni riguardano l’ambito affettivo relazionale su cui i docenti delle scuole secondarie non sempre hanno dimestichezza come educatori e formatori.

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