INTRODUZIONE ALLA 3^ SESSIONE
Imprenditorialità e creatività
Buongiorno a tutti. Il rapporto fra la Fondazione per la scuola, di cui sono Presidente, e ADi è un rapporto solido, che da molti anni costruisce pensieri e attività.
Con piacere introduco quindi questa sessione, il cui titolo è “Imprenditorialità e creatività”: due parole chiave per tutto il mondo, per i sistemi formativi di tutto il mondo, per rispondere alle sfide che la tecnologia ci pone. Ovunque creatività e imprenditorialità sono le due leve principali su cui si ragiona per rispondere alla crisi.
Alcuni dati sull’istruzione nel nostro Paese
Vorrei partire da alcuni dati relativi al nostro Paese.
Ci troviamo, per alcuni aspetti, in una situazione arretrata, basti pensare al numero dei Neet. In Italia i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in formazione raggiunge il 26%. Tra i Paesi OCSE registriamo le maggiori difficoltà. Siamo appena sopra la Turchia, ma siamo messi peggio della Grecia e della Spagna, senza contare che in alcune nostre Regioni, il numero dei Neet sfiora il 40/45%.
In queste condizioni l’Italia ha fatto più fatica a uscire dalla crisi, e qualche responsbilità le porta anche il nostro sistema formativo. E’ quindi un tema su cui vale la pena fare qualche riflessione.
Non si può negare che il nostro sistema formativo sia molto migliorato, per esempio la dispersione si è molto ridotta, è quasi al 10%. Ma i livelli di istruzione restano ancora bassi soprattutto nella popolazione adulta.
Inoltre le scelte operate dai nostri giovani nei confronti dell’università continuano a essere orientate, molto di più che in altri Paesi, verso discipline umanistiche. Il numero dei laureati nelle discipline umanistiche in Italia è intorno al 39%, la percentuale più alta in tutta Europa, e questi laureati sono quelli che fanno più fatica a entrare nel mondo del lavoro. Negli altri Paesi la percentuale dei soggetti che seguono corsi di laurea tecnico-scientifici è molto più alta, così come quella di coloro che seguono formazioni legate al Welfare, un settore importante in un Paese come il nostro che sta rapidamente invecchiando e presenta nuove esigenze. Siamo anche più carenti rispetto ad altri Paesi nei settori dell’innovazione.
Queste scelte non riguardano solo l’istruzione terziaria, ma anche la scuola, dove il rafforzamento degli indirizzi tecnologici e scientifici, l’alternanza scuola/lavoro, l’uso consapevole della didattica digitale non sono ancora un patrimonio consolidato, non sono ancora, cioè, parte integrante della cultura del nostro Paese.
Domani ci sono le elezioni, di queste parole in questi giorni non ho sentito parlare da nessuno, c’è un silenzio assordante sui temi che hanno a che fare con il futuro della nostra scuola. Il fatto che non se ne parli mi preoccupa, perchè sono questioni centrali per il futuro del nostro Paese.
Nuove tecnologie e paura per il futuro del lavoro
Abbiamo anche più di difficoltà di altri a rispondere alle sfide delle nuove tecnologie.
Certamente l’elemento che avvertiamo di più, quando si parla di nuove tecnologie, è la paura, la paura che scompaiono posti di lavoro. Si parla di una perdita di posti di lavoro nei prossimi anni che va dal 9% al 50%. Anche se fosse solo il 9% rispetto al nostro sistema sarebbe sicuramente molto, perché contemporaneamente non si affrontano quegli aspetti delle nuove tecnologie che aumentano la produttività e creano lavori diversi da quelli che conosciamo.
Il futuro che ci riserva l’intelligenza artificiale è insieme affascinante e inquietante. Diagnosi mediche, insegnamento ecc.. affidati a robot. Dovremmo essere capaci di assumere uno degli aspetti più interessanti della sfida dell’Intelligenza artificiale: la possibilità di utilizzare le nuove tecnologie per aumentare la produttività in tutti i settori, che è quello che è avvenuto con la rivoluzione industriale, quando, a un certo punto, le macchine sono state utilizzate in tanti altri settori, rispetto a quelli relativi alla fase iniziale.
La preoccupante carenza di alfabetizzazione digitale
C’è in Italia una persistente carenza di alfabetizzazione digitale. Il nostro sistema formativo deve attrezzarsi per dare risposte a questa sfida.
La più grande azienda di software italiana, Reply, con 2500 dipendenti e sede a Torino, Londra e altre città, sta aprendo filiali in India, proprio perché fatica a trovare persone preparate nel nostro Paese. Sono paradossi, ma il problema esiste, eccome.
C’è bisogno che i giovani sappiano usare il pensiero computazionale, che significa imparare la logica, quella che noi abbiamo appreso in altri modi, magari con il latino e con il greco.
I dati di DigComp della Commissione Europea ci dicono che oggi in Europa il 37% degli 80 milioni di lavoratori europei non ha competenze digitali, in Italia è il 47%. Quindi si tratta di una questione seria, di importanza fondamentale.
Il curricolo: “rafforzare” non significa “aggiungere”
In tutti i Paesi, non solo in Italia, ci si sta interrogando sul curricolo, sul fatto che il curricolo deve essere rafforzato, tenendo conto delle nuove esigenze prima indicate.
Uno dei problemi nel nostro Paese è che “rafforzare il curricolo”, significa solo e unicamente procedere per aggiunte! Una volta la geografia, l’altra volta la musica, tutte cose importanti, ma non è pensabile che si creino curricoli “bulimici”, ingestibili a livello di apprendimento da parte degli alunni e degli studenti. Trasformare il curricolo è complesso e richiede tempo, però dobbiamo cominciare da qualche parte.
Soft skills: le quattro C
Sul curricolo stanno ragionando la Commissione Europea, l’OCSE, il centro del curriculum di Boston e molti altri.
Tutti stanno considerando quegli aspetti non legati alle discipline tradizionali. Per esempio l’imprenditorialità. Il dibattito sulle così dette soft skills è ormai molto diffuso. Si parla ad esempio di competenze indicate con le quattro C, che stanno ad indicare che l’apprendimento richiede: 1) pensiero critico, 2) creatività, 3) collaborazione, 4) comunicazione.
La formazione del carattere
C’è poi un’area molto ampia ed importante che nella nostra scuola è stata sempre trascurata. E’ tutto ciò che è legato a quello che si chiama carattere, cioè quelle competenze che hanno a che fare con la personalità dei ragazzi, con la loro forza, con la consapevolezza di quello che fanno, con il coraggio, con la capacità di portare a termine un compito, con la capacità di leadership, con la resilienza, e anche con una parola, che nella nostra scuola è sempre stata molto controversa, l’ “etica”.
Badate che queste cose non le dicono quelli che seguono la tradizione cattolica della nostra scuola, quella della Ratio Studiorum dei Gesuiti, le affermano gli economisti, quelli della Scuola di Chicago, Paul Ekman per esempio. Gli economisti ci dicono che le persone di successo negli Stati Uniti, ma non solo, sono persone che hanno queste caratteristiche.
Allora chiediamoci: “è possibile che su questi temi che coinvolgono gli aspetti del carattere degli alunni e degli studenti la scuola possa intervenire per migliorarli? La risposta è sì!
Certamente sappiamo che molto si fa nei primi tre anni di vita, ma è possibile anche intervenire in tante intersezioni del curricolo. Quando si lavora in modo forte e approfondito su una disciplina, ci sono aspetti di bellezza, di capacità di vedere fino in fondo i significati di quella disciplina, che fanno crescere, che possono aiutare a migliorare anche quegli aspetti che sono più legati al carattere e alla personalità. Credo di non dover essere io a dare questi input, però penso che ragionare su questi temi sia oggi molto rilevante.
Essere “complementari” con le nuove tecnologie
La scuola deve aiutare i nostri studenti a diventare adulti capaci di essere “complementari” con le nuove tecnologie, con le potenzialità delle nuove tecnologie e di usarle in ambiti nuovi e diversi. Se non raggiungiamo questo risultato, l’alternativa è che diventino “antagonisti” alle nuove tecnologie. Questa alternativa significa rischiare di essere messi da parte ed essere sommersi dalla digitalizzazione.
Questo tema della complementarietà penso sia centrale e che i temi dell’imprenditorialità e della creatività, che questa sessione affronta, siano questioni chiave che devono fare i conti con i nuovi tipi di competenze che ho indicato, comprese quelle relative al carattere.