Erano tempi duri…
1948… agli insegnanti l’”Indennità di studio”
La prima Carta dell’insegnante, ovvero ”L’indennità di studio”, cioè “il riconoscimento dell’obbligo di studiare e il diritto di essere risarciti dalla maggiore spesa sostenuta per questo”, fa parte dello stock di concessioni che hanno caratterizzato la vigilia del 18 aprile 1948. L’iniziativa va attribuita al Ministro Guido Gonella, che l’11 marzo, sollecitato da De Gasperi e da un tempestivo sciopero dei maestri, prese questo impegno con decreto urgente nota 1, e un mese dopo, con la grande vittoria della DC del 18 aprile, lo onorò quantificando l’importo in 3.500 lire mensili. |
1949 … agli insegnanti la tessera tipo C
Ma non fu la sola provvidenza. Erano tempi duri per tutti, e in particolare per i maestri e i professori (in gran parte precari), così lo Stato nel 1949 provvide anche alla distribuzione di una tessera personale (quella di tipo “C”) che prevedeva uno sconto del 49% sulle spese di viaggio. La tessera valeva anche per mogli o mariti, per i figli minorenni a carico, per le mogli separate legalmente, per i genitori, per il personale di servizio quali nutrici (uno solo però). Ed era estesa anche a tutti i supplenti con almeno 24 mesi continuativi di servizio.
A questi poveri “lavoratori della conoscenza” (così li chiamano oggi i sindacalisti), che languivano sulla soglia dell’indigenza, la Carta li segnava pubblicamente e assomigliava molto alla famigerata carta annonaria. |
Sono ancora tempi duri
2015 … agli insegnanti la Carta del docente
Son tornati tempi duri e il Disegno di legge i riforma della scuola (A.C.2994), all’articolo 10, vara la Carta del docente. I contenuti sono un po’ diversi, ma lo spirito è lo stesso: dà l’impressione alla gente comune che questi insegnanti per sfamare la prole siano costretti a rinunciare a una rappresentazione teatrale, si privino dell’ultimo libro di Eco, frequentino il mercatino dei libri usati per i figli, chiedano insistentemente “omaggi” ai rappresentanti delle case editrici, si servano talvolta alle mense della Caritas e chissà quante altre umiliazioni debbano subire in attesa di una salario dignitoso.
Con la Carta, del valore complessivo di 500 euro annui, circa 40 euro mensili, gli insegnanti potranno: |
– acquistare libri di testo di natura didattico-scientifica (estensibile ai testi scolastici dei figli, come ai tempi della Tessera C?)
– acquistare pubblicazioni e riviste riferite alle materie di insegnamento e comunque utili all’aggiornamento professionale (utili secondo chi e secondo quali categorie? “Utilità attesa”, “utilità marginale”, o cos’altro?) – acquistare hardware e software (estensibile alla famiglia e a una “badante” come da Tessera del 1949?) – pagare iscrizione a corsi (anche di danza afro-cubana?) – acquistare biglietti per rappresentazioni teatrali e cinematografiche (con possibilità di riciclo a familiari o amici?) – pagare ingresso a musei, mostre ed eventi culturali (secondo programmazione didattica?) – nonché pagare iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del Piano dell’Offerta Formativa delle scuole e del Piano Nazionale di Formazione (“coerenza” individuata dal MIUR contestualmente alla prevista verifica dei 10.000 POF?) |
Interrogativi al momento inutili, perché sarà tutto chiarito da un decreto del Presidente del Consiglio, che definirà “i criteri e le modalità di assegnazione e utilizzo della Carta”.
Ma a chi spetterà il controllo? Al capo di istituto e alle segreterie delle scuole? Oppure si farà come con la Carta annonaria che stabiliva preventivamente nella tessera i punti per “generi”: “minestra”, “pane”, “zucchero”, “grassi e sapone” ecc…? |
Nota 1: Così commenta questa novità Giovanni Ferretti uno dei migliori direttori generali del Dopoguerra in Scuola e democrazia, Milano, Einaudi, 1956. Gonella onorò l’impegno un anno dopo con la Legge 18 luglio 1949, n. 479. |
Il mito dell’autoaggiornamento
Se la buona intenzione del Legislatore era quella dell’auto-aggiornamento, lo strumento della Tessera è sbagliato. 40 Euro al mese per ogni collega di certo non faranno male a nessuno, ma non sono l’investimento che serve alla promozione e qualificazione di una professione, checché ne dicano i Sindacati: “era una nostra rivendicazione contrattuale”. In realtà, l’autoaggiornamento a livello di massa non esiste. Si auto-aggiornano i professionisti esposti al mercato o a qualche forma di concorrenza per aumentare le entrate, per il successo o la fama: avvocati, commercialisti, medici, accademici, scrittori, giornalisti e altri.L’insegnante di Stato non appartiene a questa categoria. |
In altri Paesi…
In altri Paesi, gli insegnanti si aggiornano non solo per obbligo legale, ma perché le situazioni dentro la scuola e fuori di essa sostengono e promuovono la formazione permanente.
Dentro la scuola sono presenti condizioni normative ( figure professionali differenziate) e strutturali ( gli spazi, le biblioteche) che favoriscono e sollecitano lo sviluppo professionale attraverso il lavoro in team. All’esterno ci sono centri universitari, ma non solo, per la formazione continua e per i passaggi di carriera, quali gli UCAS Teacher Training in Gran Bretagna, o gli ESPE, Ecoles supérieures du professorat et de l’éducation in Francia, o il National Institute of Education NIE a Singapore, ecc… |
E in Italia? …dateci almeno la biblioteca
In Italia servirebbe, come altrove, una differenziazione di carriera per i docenti, una formazione iniziale degna di questo nome e condizioni ricche di stimoli e di occasioni per lavorare in un ambiente professionale…
In assenza di tutto questo dateci almeno la biblioteca a scuola: uno spazio pulito, sicuro, accogliente per leggere, informarci, scambiare idee, fare ricerca e studiare. Se lo Stato tenesse un salvadanaio, gli diremmo di mettere da parte per qualche anno un po’ dei soldi sparsi a caso negli articoli di questo Disegno di legge e di investire un miliardo per dare a 1.000 scuole una biblioteca scolastica, aperta tutto il giorno ed anche la sera (per i genitori, gli studenti, gli abitanti del quartiere) e s’intende col suo bel bibliotecario e, nelle scuole più grandi, anche con un aiuto bibliotecario |
Le biblioteche scolastiche dai Gesuiti a Gentile
Le biblioteche dei Collegi gesuitici
Erede del patrimonio dei collegi gesuitici (600 edifici requisiti dallo Stato dopo l’Unità), il nostro sistema scolastico non ha assunto nemmeno l’idea della loro bibliotecanota 2, fondamento e coronamento del curricolo dei padri. Tutto era stato stabilito dai Gesuiti, con ministeriale accuratezza, nelle Regulae praefecti bibliothecae: la gestione delle biblioteche, la loro amministrazione, compreso l’investimento di risorse:“Ne nostri quantum satis est, librorum satis est librorum desit aliquem redditum annuum sive ex collegii ipsius bonis, sive aliunde, amplificanda bibliothecae attribuat; quem alios in usus convertere nulla ratione liceat”. Perché i Nostri “padri insegnanti” non manchino dei libri necessari, il Provinciale garantirà per lo sviluppo della biblioteca una entrata annuale, proveniente sia dalle risorse proprie del collegio, sia da altre fonti; e in nessun modo sarà permesso di destinarla ad altri scopinota 3 . |
Le biblioteche popolari dall’Unità d’Italia al fascismo
Liberali, cattolici, massoni, preti e mangiapreti che fossero, in pieno Risorgimento e nei primi anni dell’Unità si impegnarono a fondo per la diffusione della lettura sia nelle scuole che tra il “popolo” (le prime biblioteche popolari, circolanti e “effimere” , come si chiamavano allora). Molto fecero i sindaci, le associazioni dei maestri e le amministrazioni rosse soprattutto a Milano, dove ha inizio la storia delle biblioteche popolari e delle scuole serali.
Qui la Società Umanitaria, l’Università popolare, la Camera del Lavoro con l’appoggio di Filippo Turati, uno dei padri del socialismo, fondarono il consorzio delle biblioteche popolari, che, organizzate da un autodidatta come Ettore Fabietti, ebbero un grande successo: nel 1915 i volumi dati in lettura erano 421.000. |
Giovanni Gentile e l’istituzione della biblioteca nei licei
Al di là di queste iniziative, spente dal Fascismo che le trasformò in un mero strumento di propaganda e di indottrinamento, la biblioteca scolastica vera e propria è una invenzione di Giovanni Gentile, sue le circolari e le disposizioni che dal 1925 disciplinano l’organizzazione e la gestione dei questi depositi di libri e, in parte, sopravvivono ancora nei riflessi condizionati degli insegnanti e dei dirigentiNota 4.
Nella concezione di Gentile la biblioteca scolastica – ovviamente solo dei Licei – era una copia di quella di un seminario vescovile o di un convento, con tutte le garanzie burocratiche (registro di ingresso, inventario, elenchi alfabetici, registro dei prestiti, ecc. ) e con la distinzione gerarchica tra la biblioteca degli alunni e quella dei professori. Tutto ciò era stato stabilito, come abbiamo visto, 400 anni prima dai padri gesuiti e Gentile copiava anche in tema di risorse: “… Si ricorda che la quota dell’assegno destinata alla biblioteca deve servire esclusivamente all’acquisto o alla rilegatura di libri”Nota 5. Anche allora per la scuola erano tempi di vacche magre, e bisognava affidarsi alla generosità delle famiglie borghesi, i cui capi potevano così esibire nel Circolo dei civili la tessera di “soci ordinari, promotori e benemeriti, a seconda della quota di iscrizione versata” alla biblioteca della scuola dei figli. |
L’idea moderna di biblioteca secondo Maria Montessori
Maria Montessori era contemporanea di Gentile, eppure spetta a lei, e non al Fondatore della scuola italiana, il merito di aver concepito la biblioteca scolastica in termini sorprendentemente moderni ed ancora attuali:
“Il bambino dai sei ai 12 anni è affamato di cultura. Non si accontenta di quattro notizie da sussidiario ma vuole approfondire, indaga, confronta i libri con le parole degli adulti, approfondisce i documenti con scoperte personali e con riflessioni”Nota 6. L’ambiente della biblioteca si pone così come luogo ideale per sviluppare una serie di attività autonomamente gestite; i bambini si servono della biblioteca come utenti competenti, la gestiscono e la organizzano come veri bibliotecari, si assumono responsabilità e incarichi inerenti l’utilizzo di questo spazio centrale e privilegiato della scuola. |
Nota 2: L’istituzione della “Indennità di studio” era prevista nell’articolo 2 del Decreto legislativo 11 marzo 1948, n. 240, “Miglioramenti economici al personale direttivo, insegnante ed educativo degli Istituti di istruzione e di educazione”. Per lo sciopero del Sindacato unitario maestri elementari per sollecitare l’indennità – Giovanna Bagiotti, Dimensioni storico culturali del sindacato scuola in provincia di Sondrio, s.d.Nota 3: Oggi, i 70.000 volumi della biblioteca della Provincia d’Italia è disponibile in linea; quella di Genova è invece in pericolo: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/01/10/allarme-per-la-biblioteca-dei-gesuiti-non-distruggete-questo-patrimonioGenova13.htmlNota 4: Ratio Studiorum nella migliore edizione in circolazione, edita da Belin, Parigi, 1997. pag. 85.Nota 5: Regio Drecreto 30 aprile 1924 n. 965 (“Ordinamento interno delle giunte dei professori nei Regi istituti medi d’istruzione”).Nota 6: Circolare 14 dicembre 1925, n.120 (“Per l’incremento della biblioteca dei professori nei Regi istituti medi di istruzione”). |
Nota 7: Clara Tornar, La pedagogia di Maria Montessori tra teoria e azione, Milano, Angeli, 2007. |
Dopo Gentile, il degrado
Biblioteche scolastiche: senza legge né anagrafe
Dopo la ciclopica opera di Gentile e molti tentativi falliti (vedi Tabella finale), oggi in Italia non c’è ancora una legislazione specifica sulle biblioteche scolastiche e il loro finanziamento è a dir poco insufficiente e aleatorio (per non parlare del personale). Non sappiamo nemmeno quante e dove siano. Si è istituita un’Anagrafe dell’edilizia scolastica, ma questa pone attenzione soprattutto alla sicurezza.Nel 1997 – durante il regno di Luigi Berlinguer, l’unico ministro che se ne sia seriamente occupato – la Direzione classica promosse un’indagine quantitativa per censire le biblioteche scolastiche, con un questionario a tutte le scuole secondarie superiori e un campione di scuole medie ed elementari: il 97% dei dirigenti dichiarava di avere una biblioteca, ma si va da spazi ben articolati e forniti allo scaffaletto metallico chiuso a chiave (“perché gli insegnanti rubano i libri”), collocato in sala insegnanti (su consiglio del solito Gentile: la biblioteca dei professori dovrà essere situata non troppo lontano dalla presidenza e dalla sala di riunioni dei professori o addirittura in quella stessa sala”)nota 8. |
Emblematica la biblioteca del MIUR
Fino alla fine del secolo scorso (mancano informazioni aggiornate), il simbolo “archeologico” di questa trascuratezza era la biblioteca del nostro Ministero dell’istruzione, tanto preziosa da essere stata saccheggiata impunemente da accademici, pedagogisti, ricercatori e laureandi, gestita da personale di infima qualifica con orari da mensa aziendale: due ore il mattino e due il pomeriggio. Oggi conserva quello che resta dopo il passaggio dei Lanzi assetati di cultura, con un arredo che ha il solo pregio del reperto, mentre gli uffici dei Direttori generali e dei Ministri sono stati lussuosamente abbigliati col gusto e i colori della Belle époque. |
Assente in Italia la cultura della biblioteca scolastica
Quello che emerge chiaramente è l’assenza di una cultura della biblioteca come ambiente per l’apprendimento, per una pausa di riflessione, utile per realizzare una didattica attiva della lettura e della riflessione autonoma e libera. Laddove in una scuola emerge la necessità di trovare nuovi spazi (l’eterna emergenza dell’edilizia scolastica), la prima a sparire è la biblioteca, che non produce organico, mentre una classe in più anche sistemata in un ambiente precario produce profitto in termini di personale insegnante e non. Così dobbiamo sopportare, anche in questo campo, la discriminazione degli istituti dove vanno i figli di seconda e terza classe, cioè gli istituti professionali ed anche molti dei tecnici. Lì si accalcano i disabili, i colleghi precari, i figli degli immigrati… in queste scuole non c’è posto per strumenti preziosi come una biblioteca originariamente concepita per l’”emancipazione del popolo” e lo Stato non sa nemmeno dell’esistenza del criterio della discriminazione positiva; in Finlandia questi ragazzi godono del privilegio di ogni cosa che riguardi l’offerta formativa. |
Cercasi bibliotecari…
Il vero nodo critico delle nostre biblioteche – nemmeno Berlinguer ci ha pensato seriamente – è l’assenza di bibliotecari… non ci sono proprio. Gentile aveva affidato la cura della biblioteca al preside e a un insegnante volontario e volonteroso; i ministri delle Repubblica hanno pensato di mettere a capo di questa struttura i soprannumerari (ce ne sono sempre) e soprattutto gli inidonei all’insegnamento, quei colleghi affetti da invalidità, incapacità o difficoltà psicologiche, relazionali, didattiche di vario tipo.Questo personale provvisorio, non preparato a questa vera e propria “professione”, senza competenze adeguate e con un orario di lavoro (18 ore per i soprannumerari) che ha poco a che fare con quello richiesto da un servizio che dovrebbe rimanere aperto almeno 6 ore al giorno. Nessuno di questi colleghi costretti a un lavoro comunque lontano da quello che doveva essere il “Coordinatore dei servizi di biblioteca e il coordinatore di orientamento scolastico nella scuola secondaria superiore”, è in grado di garantire – a parte la strana commistione tra biblioteca e orientamento – non solo la gestione amministrativa, ma anche l’animazione e l’organizzazione fisica e “culturale” della biblioteca come strumento indispensabile all’aggiornamento dei colleghi e alla educazione degli allievinota 9. E questi colleghi inidonei ad altro lavoro, per difendere il posto e l’attività che svolgono, alla quale magari si sono appassionati, sono gli unici, uniti in una combattiva Associazione, CONBS), che tengono alta la bandiera delle biblioteche nelle scuole nota 10. |
Il divario Nord-Sud anche delle biblioteche
E, da italiani, è difficile sopportare anche il divario Nord-Sud della condizione delle biblioteche, che dall’alto di un secolo e mezzo di “questione meridionale”, sembra quasi senza speranza.
Settant’anni di vita repubblicana non sono riusciti nemmeno a scalfire il fossato tra le condizioni di vita e di lavoro di studenti e insegnanti nel Nord e quelle del Mezzogiorno. In primo luogo perché la classe dirigente a livello centrale (fino al 2000 quasi tutti i nostri direttori generali erano nati nelle regioni meridionali) e nella sua espressione locale, dalle Regioni al più piccolo dei Comuni, e i moltissimi Ministri dell’istruzione di origine meridionale, non hanno ritenuto che una biblioteca scolastica fosse degna di attenzione e oggetto di investimento. Secondo lo studioso Emanuele Felice si tratta di un deficit di modernizzazione: “Lo conferma la batteria di indicatori, che pure in senso lato definiscono l’accesso alla cultura , ma dove le classi dirigenti locali hanno mantenuto un ruolo decisivo: il numero di biblioteche per abitante, di teatri in attività, più tardi anche di cinema, ma soprattutto i libri pubblicati e i giornali stampati in rapporto alla popolazione. in tutti questi ambiti dall’unità a oggi il divario Nord-Sud non si è colmato, negli ultimi tempi (libri e giornali) è addirittura aumentato”. E non si tratta di carenza di soldi: “si tratta dell’uso che delle risorse si scegli di fare. E va anche rimarcato che in tali scelte le istituzioni locali sono supportate dal sentire generale delle popolazioni, di cui del resto da un certo punto in poi sono espressione, o almeno di una loro quota consistente. E’ la società meridionale nel suo insieme che guarda con sospetto alla modernità” notanota 11. C’è da scommettere, anche con la Buona-scuola il Sud avrà più bidelli, più maestre, più stabilizzati, più docenti… più organico, ma non avrà uno strumento efficace per risalire la china della sua arretratezza scolastica ed educativa. |
Bolzano esempio virtuoso
Invece, come sempre accade, se la cavano abbastanza bene la Lombardia e il Piemonte (ah, i socialisti!), la Toscana e l’Emilia (ah! i comunisti). Vincono ovviamente questa nobile gara i tedeschi di Bolzano (ah, Maria Teresa!) che guarda caso ha una legge specifica fin dal 1990, che ha permesso a questa Provincia di diventare un modello a livello internazionale. Qui, in terra quasi straniera, alla biblioteca scolastica viene riconosciuta piena dignità, ma… attenzione! qui viene istituita la figura del Direttore, dell’assistente di biblioteca, che “concorrono in maniera integrata – come dice la legge – al raggiungimento degli obiettivi didattici dell’istituzione scolastica e operando in piena collaborazione con le biblioteche del territorio”Nota 12. |
Nota 8: Vedi Regio decreto 26 agosto 1927, n. 1917, sull’”Approvazione del regolamento di custodia, conservazione e contabilità del materiale artistico, bibliografico e scientifico” e con la Circolare 12 settembre n. 87 (“Locali, arredamento e mezzi didattici per le scuole medie”)Nota 9: esiste un solo testo, non più in circolazione, che parla di questa “nuova figura professionale” del bibliotecario, a cura di Leonardo Trigliuzzi, Le nuove attività della funzione docente, Firenze, La Nuova Italia, 1999.Nota 10: Sito web: http://conbs.blogspot.itNota 11: Emanuele Felice, Perché il Sud è rimasto indietro, Bologna, Il Mulino, 2013, pagg. 117-126.Nota 12: Sito web: http://www.provincia.bz.it/cultura/temi/biblioteche-scolastiche.asp |
L’umiliante confronto con gli altri Paesi
Al di là della buona volontà e della dedizione di pochi, resta umiliante il confronto con gli altri Paesi civili. |
USA
Gli Usa hanno 94.000 bibliotecari professionali (il 2% dei dipendenti delle scuole), non esiste scuola che non possa vantare – come talvolta si intravede nei film americani come Breakfast Club del 1984 – un immenso spazio attrezzato per la letturaNota 13: e la vita della scuola. |
Francia
La Francia con 4.500 addetti (il 4% dei quadri in organico) stipendia gli addetti ai centri dei CDI (Centre de documentation e d’information)Nota 14; non c’è scuola – sopra i 500 allievi – che non abbia uno spazio ampio ed attrezzato per la lettura, lo studio individuale, l’informazione e la promozione, il prestito e la distribuzione dei libri e che funziona anche come archivio didattico per gli insegnanti; |
Québec (Canada)
Nel lontano Québec (900.000 allievi), i bibliotecari sono 1.300 (il 7% dei tecnici), i quali gestiscono ed organizzano una rete di biblioteche che non escludono nessun centro scolastico sia nella capitale che nei piccoli centri. |
Gran Bretagna
La Gran Bretagna può vantare il primato dell’invenzione della biblioteca pubblica e scolastica, la Public Library, modello di biblioteca il cui mito aleggiò anche in Italia fin dall’Ottocento nella riflessione e nell’iniziativa di tanti pionieri risorgimentali e postunitari di questo servizio, ai docenti e ai ragazzi di ogni condizione e ai cittadini. |
Altri Paesi ancora…
E si potrebbe continuare con tutti i Paesi d’Europa e del mondo, compresa l’Ungheria, le Repubbliche Baltiche e gli stati ex socialisti, per non parlare delle tigri asiatiche. Nel mondo scolastico globale c’è una vera passione per mettere a disposizione di insegnanti e studenti, fin dalla scuola dell’infanzia, tutto lo scibile a disposizione e in tutti i formati possibili. Perfino il Portogallo, nel 2010, ha stabilito che in ogni biblioteca scolastica dovesse esserci un bibliotecario specializzato è c’è un piano di formazione per i bibliotecari in collaborazione virtuosa tra biblioteche scolastiche e pubblicheNota 15. |
La biblioteca di Harry Potter
E pure Harry Potter, nel suo college, ha una biblioteca (la Hogwarts Library). Se non siete pratici – Harry non si legge a scuola – si trova al terzo piano del castello; è sorvegliata da una efficiente bibliotecaria come la Signora Prince. E pensate! gli studenti possono leggere o prendere in prestito i libri, non si può portare cibo o bevande in questo tempio della cultura, e quando Ginny porta ad Harry delle uova di cioccolata, la Prince riesce ad animare i libri e i quaderni di Harry che iniziano a rincorrerli. E contiene infiniti stretti corridoi pieni di libri di Magia, e di tavolini ai quali gli studenti si siedono per studiare o leggere. In questo luogo c’è sempre un magico silenzio… |
A volte anche in Italia. Ma poi…
Da noi la biblioteca è un lusso di un numero imprecisato di scuole baciate dalla fortuna e dall’iniziativa di qualche docente o del preside, come quella descritta da una valente autrice italiana, oggi dirigente scolastico, che si riporta prima della triste conclusione. Scrive Maria Pia VeladianoNota 16: in Parole di scuola (Erickson, 2014):
“Vent’anni fa il preside, che amava i libri e ne conosceva il potere buono sulla vita dei ragazzi, ha destinato alla biblioteca di Istituto che dirigeva il locale più bello e luminoso (sottratto alla segreteria!): 110 mq. di luce indiretta dall’alto. Ha impegnato il bilancio di alcuni anni per acquistare scaffali aperti, tavoli di legno, sedie ergonomiche. Tutto legno e giallo. Ha destinato due persone della segreteria alla biblioteca, ha favorito la formazione attraverso corsi di biblioteconomia. Ha aperto la biblioteca per 12 ore al giorno. “Vado in biblioteca”, “Resto in biblioteca a studiare”, “Cerco un libro in biblioteca” sono diventate espressioni quotidiane, date e ricevute tra studenti e personale. In biblioteca si andava al mattino prima di scuola, fra l’arrivo dei pullman e la campanella. Al pomeriggio alla fine dell’ultima in attesa di rientrare a casa o di uscire con gli amici. Capitava addirittura che in biblioteca si ‘bruciasse’ scuola – marinare si dice in qualche parte d’Italia. Li trovavamo lì invece che in classe. ‘Ma che fai qui?’, ‘Studio per il compito di domani’. Studiare circondati da libri (20.000 erano!) che si possono prendere in mano, sfogliare, leggere per poche pagine. Poi non ci si può staccare più. Un istituto professionale di 1.400 studenti concedeva stabilmente più di 3.000 prestiti l’anno. Grazie anche ad un sistema di richieste d’acquisto tipo “detto-fatto”; tutte le richieste soddisfatte in pochi giorni, con avviso personale che arrivava in classe: ’Il libro da lei richiesto è disponibile per il prestito in biblioteca’”. Nota 17 Quella biblioteca, dopo trent’anni di onorato servizio, è stata chiusa: c’era bisogno di aule. Chissà perché in un Paese che crede ancora nei miracoli, dove le madonne piangono e i cuori di Gesù sanguinano, non è possibile che il piccolo miracolo raccontato dalla collega Veladiano non possa riprodursi nella maggioranza delle ottomila scuole del Regno. |
Nota 13: per la Francia, gli Usa e il Québec vedi lo studio di Maurice Tardif e Louis Levasseur, La division du travail éducatif, Parigi, Puf, 2010.Nota 14: per una prima informazione vedi Jacquelin Bayard-Pierlot, Le CDI au coeur du proget pédagogique, Parigi, Hachette, 1991, e successive edizioni.Nota 15: vedi il Manifesto dell’Unesco ed anche le linee guida dell’UnescoNota 16: Maria Pia Veladiano, Parole di scuola, Trento, Erickson, 2014, pagg. 47-49. La collega Veladiano ha scritto un romanzo di grande successo La vita accento, edito da Einaudi nel 2010, seguito da Il tempo è un dio breve, Messaggi da lontano e Ma come tu resisti, vita. Oggi dirige un istituto superiore in provincia di VicenzaNota 17:. Il preside di cui si parla nel testo è Rosario Drago, autore di questa pubblicazione, membro onorario dell’ADi.Nota 18: Per un prototipo di biblioteca del futuro bisogna andare a Losanna e al suo Learnoin center. |
La biblioteca a scuola: 160 anni di tentativi falliti
Nota 19
1859 | Casati prevede genericamente una biblioteca nelle scuole, ma senza risorse |
1909 | Regio decreto 223 contiene il regolamento delle biblioteche speciali governative non aperte al pubblico, ma riguarda solo le scuole superiori. |
1911 | Il Ministro Credaro (C.M. 36) fornisce alle scuole “istruzioni e norme per l’istituzione, l’ordinamento di biblioteche scolastiche” ed anche per le bibliotechine di classe. Tutto rimase tra i buoni propositi. |
1917 | La legge 1521 istituisce in tutte le scuole elementari del Regno una biblioteca “annessa alla locale biblioteca popolare” per gli alunni, ma mancano i soldi. |
1924 | Viene approvato il regio Decreto sull’ordinamento interno delle giunte e dei Regi istituti di istruzione media, che negli articoli 121 e 129 opera la distinzione tra biblioteca degli alunni e biblioteca dei professori. |
1925 | La C.M. n. 120 (“Per l’incremento della biblioteca dei professori nei Regi istituti medi di istruzione”) dà attuazione alla legge dell’anno precedente. |
1926 | La C:M: n.30 (“istituzione di biblioteche scolastiche e popolari”) richiama e rinvia alle norme del 1917. |
1927 | Viene approvato il Regio decreto n. 1917 (“Approvazione del regolamento per la custodia, conservazione e contabilità del materiale artistico, bibliografico e scientifico”) con quale vengono fornite ulteriori indicazioni sulla biblioteca scolastica che “dovrà, quanto più è possibile, aver l’aria di non essere un’appendice dei doveri scolastici, ma una libera offerta della scuola al godimento dello spirito …”. |
1928 | Con la C.M. del 31 maggio 1928 vengono impartite istruzioni attuative del regolamento del regio decreto dell’anno prima. |
1929 | Con il Regio decreto n. 1978 viene approvato lo statuto dell’Associazione nazionale fascista per le biblioteche delle scuole italiane. |
1932 | Viene istituito l’ENBPS, l’Ente nazionale per le biblioteche delle scuole italiane, con il compito di promuovere la formazione di nuove biblioteche. |
1949 | Viene approvato (D.P.R. del 29 aprile) il nuovo statuto dell’Ente nazionale per le biblioteche popolari e scolastiche, soppresso nel 1977. |
Il ministro Gonella promuove l’indagine sulle biblioteche scolastiche e popolari, ma nonostante l’indagine confermasse le urgenti necessità di provvedimenti e risorse in materia, nulla fu fatto. | |
1977 | Soppressione dell’Ente nazionale per le biblioteche scolastiche, come ente “inutile”. |
1974 | Il Decreto delegato n. 416 affida al Consiglio di circolo e di istituto l’adozione del regolamento che stabilisce anche le modalità per il funzionamento della biblioteca. |
Il D.P.R. 417 (“Norme sullo stato giuridico del personale docente….”) prevede – art. 113 – l’utilizzazione del personale dichiarato inidoneo alle sue funzioni per motivi di salute, per altri compiti, compresa il funzionamento ella biblioteca scolastica. | |
1975 | Nella Legge n. 512, relativa all’edilizia scolastica viene detto che gli edifici scolastici dovranno caratterizzarsi come “struttura inserita in un contesto urbanistico e sociale che garantisca a tutti gli alunni di formarsi nelle migliori condizioni ambientali ed educative e consenta la fruizione di servizi scolastici, educativi, culturali e sportivi da parte della comunità”. |
1982 | Viene presentato la proposta di legge “Organizzazione delle biblioteche scolastiche nella scuola dell’obbligo e negli istituti di istruzione”. Proposta mai discussa. |
1983 | Viene ripresentata la proposta dell’anno precedente, ottiene il parare favorevole delle Commissione bilancio e affari costituzionali, ma non entra in aula. |
1988 | Viene istituita con la Legge 426, la nuova figura professionale del “coordinatore dei servizi di biblioteca o coordinatore dei servizi di orientamento scolastico, con un organico pari al 20% del personale docente soprannumerario. |
1994 | L’Ordinanza permanente sulle utilizzazioni stabilisce la procedura (a livello Provinciale) le modalità di incarico dei colleghi soprannumerari. |
1997 | Viene approvata la Legge 440 per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa. la Direttiva 180, al punto 2, prevede anche lo sviluppo delle biblioteche scolastiche con un finanziamento di 20 miliardi che serviranno a finanziare 190 progetti. |
2014 | L’onorevole Sandra Zampa presenta una proposta di legge contenente “Norme per la promozione della lettura nell’infanzia e nell’adolescenza e l’istituzione della Giornata nazionale della promozione della lettura e della Settimana nazionale del libro nelle scuole”. |
Nota 19: Fonte http://www.csbno.net/documenti/legislazione/Biblioteche%20scolastiche%20normativa.pdf |
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