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RAPPORTO UNICEF 28 OTTOBRE 2014

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Figli della recessione- Rapporto UNICEF 2014
Secondo il 12° Rapporto Unicef, dal 2008, 2,6 milioni di bambini che vivono nei Paesi ad alto reddito sono scivolati sotto la soglia di povertà. Si stima che oggi i minori che vivono in povertà nel mondo sviluppato siano saliti a 76,5 milioni. In Italia la situazione è drammatica 1 bambino su 3 vive in povertà, con oltre 600.000 bambini poveri in più rispetto al 2008. Pochi Paesi hanno attuato politiche di sostegno all’infanzia

Figli della recessione

L’impatto della crisi economica sul benessere dei bambini nei paesi ricchi

br4-rec1Il centro studi internazionale dell’UNICEF, con sede a Firenze, concentra da anni la propria analisi sul benessere dell’infanzia e dell’adolescenza nei paesi industrializzati.
Il 28/10/2014 ha reso noto il rapporto, il 12° della serie Innocent Report Card,  intitolato “Figli della recessione: l’impatto della crisi economica sul benessere dei bambini nei paesi ricchi” , che esamina l’impatto della crisi economica sui minori in 41 Stati OCSE e dell’Unione Europea.

Nel periodo della recessione (2008-2012) preso in esame dal rapporto, la maggior parte dei governi hanno abbandonato una politica economica di stimolo della crescita in favore di una improntata all’austerità, con grave impatto sui bambini e sulle famiglie in tutta l’UE e l’area OCSE. Solo una minoranza dei Paesi esaminati ha perseguito politiche di sostegno alle famiglie con bambini, con il risultato di una migliore protezione dell’infanzia dagli effetti più devastanti della crisi.

Dal 2008, 2,6 milioni di bambini che vivono nei Paesi ad alto reddito sono scivolati sotto la soglia di povertà. Si stima che oggi i minori che vivono in povertà nel mondo sviluppato siano saliti a 76,5 milioni.

«In Italia 1 bambino su 3 vive in povertà, con oltre 600.000 bambini poveri in più rispetto al 2008. Inoltre, dal 2008 al 2012 l’Italia ha registrato una riduzione del reddito dei nuclei familiari perdendo 8 anni di potenziali progressi economici»  dichiara il Presidente dell’UNICEF Italia, Giacomo Guerrera.
E aggiunge:
«Il 16% dei bambini italiani è in condizioni di grave deprivazione materiale. In Italia, la percentuale di ragazzi tra 15 e 24 anni che non studia, non lavora e non segue corsi di formazione, NEET ( acronimo inglese per Not in Education, Employment or Training] è aumentata di quasi 6 punti dal 2008, raggiungendo il 22,2%. È il tasso più alto dell’Unione Europea, significa che oltre un milione di giovani vivono in questo limbo.»

Ricchi e divisi: dove la povertà minorile cresce e dove si riduce

Questi sono alcuni tra i dati più significativi che emergono dal rapporto:

  • br4-rec2Dal 2008, in 23 dei 41 Stati esaminati,la povertà infantile è aumentata. In Irlanda, Croazia,  Lettonia, Grecia e Islanda i tassi di povertà infantile sono aumentati di oltre il 50% nel breve periodo preso in considerazione
  • Nel 2012 in Grecia il reddito medio dei nuclei familiari con bambini è ritornato ai livelli del 1998 – l’equivalente di una perdita di 14 anni di progresso in termini di reddito. Secondo questa rilevazione l’Irlanda, il Lussemburgo e la Spagna hanno perso un decennio, l’Islanda ha vanificato 9 anni e l’Italia, l’Ungheria e il Portogallo ne hanno persi 8.
  • La recessione ha colpito duramente soprattutto i giovani tra i 15 e i 24 anni, con un numero di NEET (ragazzi che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione) che è cresciuto drammaticamente in molti paesi. Nell’Unione Europea, nel 2013, 7,5 milioni di giovani erano classificati come NEET, quasi l’equivalente della popolazione della Svizzera
  • Negli Stati Uniti dove la povertà infantile estrema è aumentata più durante questa recessione che in quella del 1982, le misure per una rete di sicurezza sociale hanno garantito un sostegno importante alle famiglie lavoratrici povere, ma sono state meno efficaci per i poveri senza lavoro. Dall’inizio della crisi la povertà infantile è aumentata in 34 Stati dell’Unione su 50. Nel 2012, 24,2 milioni di bambini americani vivevano in povertà, con un incremento netto di 1,7 milioni dal 2008
  • In 18 dei 41 Stati presi in esame la povertà infantile è diminuita, talvolta in modo marcato. Australia, Cile, Finlandia, Norvegia, PoloniaSlovacchia hanno ridotto i livelli di povertà infantile di circa il 30%.

Un grande passo indietro nelle politiche sociali

br4-rec3L’Innocenti Report Card 12 classifica i 41 paesi OCSE e UE in base all’andamento dei livelli di povertà infantile dal 2008, rileva la quota di giovani NEET e include anche i dati del Gallup World Poll sulla percezione che i singoli individui hanno della loro condizione economica e sulle speranze per il futuro da quando è iniziata la recessione.

Mentre all’inizio della crisi i programmi di incentivi sono stati efficaci, in alcuni Paesi,  per proteggere i bambini dai peggiori effetti della recessione, a partire dal 2010 gran parte degli Stati hanno capovolto i loro bilanci, passando da politiche espansive a drastici tagli, con un impatto negativo su infanzia e adolescenza, soprattutto nella regione del Mediterraneo.

«Molti Paesi ricchi hanno compiuto un “grande passo indietro”  in termini di reddito, con ripercussioni a lungo termine per i bambini, per le famiglie e per le comunità» commenta Jeffrey O’Malley, Direttore della divisione Statistiche, Ricerche e Analisi dell’UNICEF. «La ricerca dell’UNICEF mostra che la forza delle politiche di protezione sociale sarebbe stata un fattore decisivo per prevenire la povertà.

Situazione dell’Italia

Esaminiamo ora la situazione specifica dell’Italia.

[stextbox id=”info” mright=”30″ image=”null”]Classifica 1: variazioni della povertà infantile (ancorata al 2008)[/stextbox]

br4-rec4L‘Italia si colloca al 33° posto su 41 Stati (dell’Unione Europea e dell’OCSE), ossia nella terza fascia inferiore della classifica sulla povertà infantile.
Guardando alla riduzione nel reddito dei nuclei familiari dal 2008 al 2012, l’Italia ha perso l’equivalente di 8 anni di progressi economici.

Il 16% dei bambini italiani vive in condizioni di grave deprivazione materiale cioè in famiglie che non sono in grado di permettersi almeno 4 delle nove voci seguenti:

  1. pagare l’affitto, il mutuo o le utenze
  2. tenere l‘abitazione adeguatamente riscaldata
  3. affrontare spese impreviste
  4. consumare regolarmente carne o proteine
  5. andare in vacanza
  6. possedere un televisore
  7. possedere una lavatrice
  8. possedere un’auto
  9. possedere un telefono.

La profondità della povertà infantile è aumentata. Il divario è cioè aumentato di 3,6 punti: nel 2012 i bambini di famiglie a basso reddito sono in media più distanti dalla soglia di povertà di quelli che risultavano poveri nel 2008.

[stextbox id=”info” mright=”30″ image=”null”]Classifica 2: variazioni nei tassi NEET [/stextbox]

br4-rec5L’Italia è al 37° posto su 41 Stati nella classifica relativa ai NEET – giovani 15-24 anni che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione – ossia quasi in fondo alla graduatoria. La quota di NEET fra i giovani è aumentata di quasi 6 punti, raggiungendo il 22,2%. Questo è il tasso NEET più alto dell’Unione Europea.

La disoccupazione giovanile è aumentata di quasi 19 punti dal 2008, con il 40% dei giovani tra 15-24 in cerca di occupazione che non lavoravano nel 2013. Questo colloca l’Italia al 36° e al 38° posto su 41 Stati, rispettivamente come variazione nella disoccupazione giovanile dal 2008 e nel tasso di disoccupazione giovanile nel 2013.

[stextbox id=”info” mright=”30″ image=”null”]Classifica 3: Com’è cambiata la vita nella percezione dei singoli individui[/stextbox]

br4-rec6L’Italia si trova al 24° posto su 41 Stati presi in esame, dunque nella metà inferiore della classifica. Dei 4 indicatori di cambiamento che gli intervistati hanno descritto rispetto al proprio benessere inclusi nella classifica, il miglior punteggio dell’Italia è sulla percezione dell’opportunità per i bambini di imparare e crescere (8° posto) mentre il peggiore è sulla soddisfazione nei confronti della vita (36° posto). Tutti gli indicatori, tranne il primo indicato, sono peggiorati tra il 2007 e il 2013.

[stextbox id=”info” mright=”30″ image=”null”]Recenti cambiamenti significativi nelle agevolazioni per le famiglie[/stextbox]

Nel 2013 è stato introdotto un voucher per la cura dei figli destinato alle madri che non utilizzano il congedo parentale.
Dal 2014, i sussidi in denaro alle famiglie a basso reddito sono stati estesi agli immigrati.

Raccomandazioni conclusive

br4-rec7*  Impegnarsi in modo esplicito per porre fine alla povertà infantile nei Paesi industrializzati. In un momento in cui la fine della povertà infantile svolge un ruolo cruciale nel programma di sviluppo post-2015, i paesi ricchi devono dare l’esempio facendo del benessere dei bambini una priorità nella definizione delle proprie risposte alla recessione, non solo per motivi etici ma anche nel loro stesso interesse.

*  Salvare, prevenire e dare speranza. Dovranno essere promosse iniziative volte a spezzare la spirale della vulnerabilità dei bambini. L’adozione di standard sociali minimi garantiti potrebbe fare la differenza, in positivo.

*  Produrre dati migliori per un dibattito pubblico informato:occorre migliorare la disponibilità, la tempestività e l’utilità delle informazioni riguardanti il benessere dei bambini.

Il Rapporto si conclude con queste parole:

Tra cinquant’anni, ripenseremo a questo periodo come a un momento di transizione critico nella storia di molti paesi ricchi. La Grande Recessione potrebbe essere ricordata per la generazione di bambini vulnerabili che ha lasciato indietro. Ma potrebbe anche essere
ricordata come un momento storico fondamentale, in cui le nazioni in fase di ripresa hanno gettato le fondamenta per la creazione di società più inclusive, basate sull’eguaglianza e le pari opportunità.
Come ripagheremo altrimenti il debito nei confronti dei figli della recessione?”