PROVE INVALSI ED ESAMI DI STATO.
INTERVISTA A ROBERTO RICCI
La posizione di ADi
Dallo scoppio della pandemia le scuole sono state chiuse fino al termine dell’anno scolastico scorso e anche da ottobre di quest’anno, in diverse aree del Paese, sono state sospese le lezioni in presenza, soprattutto per la scuola secondaria di secondo grado. Tutti parlano degli effetti negativi di queste chiusure sugli apprendimenti, ma in Italia non abbiamo dati per quantificare questa perdita sugli apprendimenti. Potrebbe essere molto rilevante o non così drammatica. Nei fatti nessuno lo sa per il semplice fatto che non disponiamo di alcun dato affidabile su larga scala. Altri paesi europei hanno seguito una strada diversa. Pur avendo chiuso le scuole per periodi più brevi, hanno comunque avviato rilevazioni standardizzate censuarie per quantificare il cosiddetto learning loss e per assumere decisioni conseguenti, informate da dati empiricamente solidi e generalizzati. Particolarmente interessante è il caso della Francia e dei Paesi Bassi in cui sono già state effettuate prove standardizzate generalizzate e censuarie. In entrambi i paesi si è riscontrato che il learning loss è piuttosto rilevante e fortemente differenziato in base all’ambito disciplinare e al background socio-familiare degli studenti.
Fra qualche settimana dovrebbero iniziare le prove INVALSI 2021, ma non sembrano esserci certezze al riguardo, così come non ci sono certezze sull’obbligatorietà della partecipazione alle prove per l’ammissione agli esami di Stato. La posizione di ADI è assolutamente chiara: rivendichiamo lo svolgimento delle prove e l’applicazione delle norme sull’ammissione agli esami.
Perché privarci di prove che potrebbero fornirci le informazioni di cui abbiamo bisogno per cercare di quantificare il learning loss su tutta la popolazione di alcuni gradi scolastici particolarmente significativi? Se ci privassimo di questo dato anche per il 2021, nel 2020 le prove INVALSI non si sono svolte, ancora una volta l’Italia non disporrebbe di dati che potrebbero invece essere molto utili per predisporre azioni rimediali a supporto delle situazioni più difficili. Certamente i dati INVALSI dovranno essere integrati con altre informazioni, ma è indubbio che permetterebbero finalmente di valutare le perdite in termini di apprendimento con maggiore certezza e precisione.
Facciamo il punto della situazione con Roberto Ricci, dirigente di ricerca INVALSI e responsabile delle prove INVALSI dal 2008.
L’intervista
Dr. Ricci, ritiene che ci siano le condizioni per lo svolgimento delle prove 2021? |
Posso rispondere per INVALSI. Sì, L’istituto è pronto per lo svolgimento delle prove di quest’anno. Nel corso dei mesi passati sono stati effettuati tutti i passaggi per giungere alla somministrazione delle prove. È importante che l’opinione pubblica sappia che la predisposizione delle prove richiede diversi passaggi tecnici insieme alle scuole, a partire dal mese di novembre. La collaborazione delle scuole è stata ottima, addirittura maggiore degli anni precedenti allo scoppio della pandemia. Credo che anche questa sia un’informazione importante che ci dice molte cose.
Perché è così importante svolgere le prove INVALSI in un anno come questo? Molti se lo chiedono |
La sospensione della didattica in presenza in Italia è stata molto lunga. La scuola italiana ha dovuto reagire a uno shock del tutto inaspettato, aggravato dal fatto che il nostro Paese è stato il primo in Occidente colpito dalla pandemia, quindi non ci siamo neppure potuti giovare dell’esperienza di altri stati occidentali. La DaD è stato ed è uno strumento molto utile, essenziale, ma non possiamo pensare che essa sia uguale alla didattica in presenza. Partendo da questo punto, si può rispondere facilmente alla domanda. Siamo stati costretti a ricorrere a modalità didattiche che per loro natura non ci possono garantire gli stessi risultati della didattica in presenza. Dobbiamo definire al più presto queste perdite, il cosiddetto learning loss, dove esse si sono prodotte e chi ne è stato maggiormente colpito. Senza scomodare citazioni a volte abusate, è necessario in primo luogo identificare, con la maggiore precisione possibile, chi è stato maggiormente colpito dagli effetti negativi della sospensione delle lezioni in presenza e predisporre per questi allievi, per queste scuole le azioni più incisive possibile. Senza dati come si potrebbe fare? A tutti le stesse forme di aiuto? Su quale base potremmo definire quale parte degli apprendimenti di base non è stata raggiunta rispetto a quello che avveniva nel 2019 o prima? Se pensiamo che gli studenti di questo anno dalla scuola hanno avuto meno, da tanti punti di vista, è opportuno che si indaghi su questo “meno” per quello che riguarda l’aspetto delle competenze acquisite/non acquisite. Per i docenti poi gli esiti informeranno su quali cose, tra quelle fatte, hanno funzionato di più e quali meno. E complessivamente il sistema disporrà di informazioni attendibili per avviare interventi mirati adeguati ai danni rilevati
Le prove INVALSI continueranno a essere un requisito di ammissione agli esami di stato? Su questo punto ci sono posizioni molto discordanti. Posso affermare, ad esempio, che all’interno del FONADDS, il Forum che raggruppa 13 associazioni professionali di docenti e dirigenti scolastici, coloro che sostengono, come ADi, l’esigenza che le prove rimangano obbligatorie e censuarie sono una minoranza. |
In primo luogo la possibilità di mantenere la natura di requisito di ammissione all’esame di Stato per gli allievi delle scuole statali e paritarie dipende innanzitutto dalla possibilità di tenere aperte le scuole. Se ciò sarà possibile, non vedo perché no. Ma cerchiamo di fare un po’ di chiarezza sul punto. In base a quanto previsto dalla legge, il requisito di ammissione è il sostenimento della prova e non il suo esito. Si legge da più parti che, in una situazione come quella attuale, mantenere il requisito di ammissione penalizzerebbe gli studenti. Non capisco in che misura. È importante che gli allievi facciano le prove per loro e per la scuola che in base a quei dati potrà riorganizzare la didattica per dare risposte ai diversi bisogni, anche a quelli degli studenti che verranno.
Tuttavia, la cosa più importante è che le prove le sostengano tutti o, quanto meno, il numero più alto possibile di studenti. È chiaro che se la situazione sanitaria renderà impossibile ad alcuni studenti, speriamo di no, di svolgere le prove, allora questo ostacolo non potrà e non dovrà impedire di essere ammessi all’esame finale.
È molto utile fare tesoro delle esperienze passate. Sarebbe un errore rendere facoltativo lo svolgimento delle prove. L’esperienza insegna, non solo in Italia, che in questo ultimo caso le prove non sarebbero svolte dagli studenti con livelli di competenza più bassi. Ciò significherebbe non avere dati per intervenire a favore di chi ne avrebbe più bisogno. Ogni decisione va valutata in base agli effetti che essa potrebbe produrre. I dati INVALSI passati, confermati dall’esperienza di tutti gli altri paesi avanzati, ci dicono che nelle situazioni di maggiore difficoltà gli studenti e le scuole tendono a non sostenere le prove. Se non si porrà attenzione a questo fatto, ancora una volta, non sapremmo come intervenire nelle situazioni di maggiori difficoltà.
Molti si chiedono se le prove INVALSI debbano tenere conto della situazione attuale e prevedere quindi contenuti in parte diversi rispetto al passato. Lei cosa ne pensa? |
La domanda è molto importante e richiede una risposta chiara e non elusiva. Le prove INVALSI non servono per dare voti agli studenti, ma per avere informazioni su ciascuno di loro, sul livello di raggiungimento di alcuni traguardi di apprendimento fondamentali. Lo scopo quindi delle prove INVALSI è quello di vedere se tali traguardi sono stati raggiunti o meno. Proprio perché queste competenze saranno ancora più importanti in futuro, è importante che le prove INVALSI continuino a misurarle, come prima. Poiché però i risultati servono per migliorare il sistema, essi sono forniti solo alle scuole o agli studenti maggiorenni, se li desiderano. Ancora una volta è quindi del tutto evidente che la finalità è sempre quella di fornire dati per migliorare e predisporre azioni per intervenire positivamente nelle situazioni di maggiori difficoltà.
Tuttavia, dal punto di vista strettamente organizzativo e concreto le difficoltà rispetto al passato sono maggiori e per questo sono state pensate modalità di svolgimento più flessibili (finestre di somministrazione più lunghe per lo svolgimento delle prove, uso dei tablet, ecc.) per facilitare il più possibile le scuole nelle operazioni di somministrazione delle prove stesse.
Grazie, Dott. Ricci, l’augurio è che il costante chiarimento della natura e delle finalità delle prove INVALSI riescano a vincere le resistenze e i preconcetti ancora diffusi e si generalizzi la consapevolezza dell’importanza di disporre dei dati, in primo luogo fra docenti e dirigenti scolastici. Come diceva Edwards Deming “Senza dati sei solo un’altra persona con un’opinione” . |