NEXT GENERATION ITALIA E SCUOLA
Il 6 Dicembre è stato presentato in bozza al Consiglio dei Ministri il Piano di ripresa e resilienza (Pnrr), 125 pagine in cui si specifica come l’Italia intende spendere i 209 miliardi di euro che saranno messi a disposizione dal Next Generation-EU (NG-EU) nei prossimi 6 anni (2021-2027).
Una volta approvato dal Consiglio dei ministri, il Piano verrà presentato in Parlamento e poi formalmente in Europa, dove approderà entro la fine di aprile 2021. Sarà la Commissione Europea a valutare i singoli progetti e ad approvarli o meno .
Il Piano è articolato in sei “missioni”, ciascuna suddivisa al proprio interno. Il piano prevede i seguenti finanziamenti per ciascuna missione:
- Digitalizzazione, 49 miliardi
- Transizione ecologica, 74 miliardi
- Mobilità sostenibile, 28 miliardi,
- Istruzione e ricerca, 19 miliardi
- Parità di genere e coesione sociale e territoriale, 17 miliardi
- Sanità, solo 9 miliardi.
Il Piano richiede l’approvazione di numerose riforme legislative per rendere efficace l’uso delle risorse.
LA MISSIONE ISTRUZIONE E RICERCA
Si esamina qui la missione Istruzione e Ricerca, con particolare riguardo alla scuola, tralasciando università e ricerca.
Due linee di azione
La missione Istruzione e Ricerca si concretizza in 2 linee di azione o componenti :
1) Potenziamento della didattica e diritto allo studio
2) Dalla ricerca all’impresa
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Riforme a sostegno
Queste due linee di azione saranno accompagnate da una serie di riforme improntate alle seguenti linee guida:
- Riforma del sistema di selezione del personale scolastico, integrato con periodi di formazione e di prova
- Introduzione di moduli di formazione continua di dirigenti, docenti e personale ATA (life-long learning), con sistema di crediti e obbligatorietà della frequenza.
- Potenziamento dell’offerta formativa, in particolare in discipline abilitanti 4.0, e correlate alla vocazione produttiva del territorio di riferimento.
- Introduzione di moduli di orientamento nelle scuole secondarie di secondo grado
- Innovazione dell’istruzione universitaria (+ altre voci di riforma per l’università, che qui non si considerano)
Obiettivi della 1^ linea di azione
La prima linea di azione, “ Potenziamento della didattica e diritto allo studio”, ha come obiettivo generale quello di migliorare i risultati e i rendimenti dei sistemi scolastico e universitario, in particolare si prefigge di:
- ridurre il tasso di abbandono scolastico (14,5% nel 2018 rispetto alla media UE del 10,6%),
- rafforzare le competenze digitali, linguistiche e STEM del personale scolastico, anche ampliando i curricula degli studenti (!!)
- ridurre le disparità territoriali e di genere,
- aumentare la percentuale di popolazione di età compresa tra i 25 e i 34 anni in possesso di un titolo di studio di livello terziario (ora 28% rispetto al 44% di media nei paesi dell’OCSE), con potenziamento di ricerca e istruzione professionalizzante terziaria, e rilancio degli ITS
COMMENTO ADi SU MISSIONE ISTRUZIONE E RICERCA
Ci troviamo ancora una volta di fronte a un elenco random dei mali che affliggono la scuola italiana. Manca una rigorosa analisi delle cause che determinano questi fallimenti e una conseguente coerente elaborazione di condizioni alternative che permettano alle proposte e alle idee di essere implementate. In ultima analisi mancano visione e priorità.
Si ripropone ad esempio la riforma del sistema di selezione del personale scolastico, in particolare dei docenti, prescindendo dalle ragioni dei successivi fallimenti accumulati in questi anni, e senza affrontare la questione nodale della decentralizzazione del reclutamento.
Stupisce anche la persistente assenza di un’ altra indicazione prioritaria: la creazione di una leadership scolastica intermedia, ipotizzata fin dal 1997 con il varo dell’autonomia (Legge 59/97 art. 21 comma16) e oggi dimostratasi più che mai indispensabile.
Infine non ci sono solo lacune , ma anche impostazioni sbagliate.
Ci si riferisce ad esempio alla proposta di “ampliare il curricolo”. Per innovare e adeguare i curricoli occorre “ridisegnarli” NON “ procedere per aggiunte” . Siamo in presenza di curricoli bulimici e frammentati che sono una delle cause della dispersione. Come non rendersene conto? Senza citare i tanti interventi dell’ADi al riguardo, si ricorda un recentissimo lavoro dell’OCSE, reso pubblico il 25 novembre 2020, Curriculum 2030 che esamina il Curriculum overload (sovraccarico del curricolo) e un nuovo Curriculum Design, con lo scopo di superare curricoli pletorici, renderli equi, flessibili e autonomi, riprogettarli con un approccio ecosistemico e ispirato a valori.
L’ultima questione – cruciale – è che il Piano sarà attuato nei prossimi sei anni, un periodo nel quale, con ogni probabilità, l’Italia cambierà 3 o 4 governi con orientamento politico diverso. Per questo, se non si vuole che tutto venga rimesso in discussione a ogni cambio politico, è necessario che questo Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) trovi il massimo consenso non solo tra le forze politiche, ma anche, nella società civile e tra le forze sociali.
QUALCHE SUGGESTIONE DA ADi
Non abbiamo la pretesa di presentare qui veri e propri progetti, ma solo qualche suggestione, partendo da alcune priorità che, a nostro avviso, sono:
- Un nuovo stato giuridico del personale docente e dirigente
- Il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale, secondaria e terziaria, con particolare riferimento al Sud;
- Scuole belle, aperte alla comunità, nelle periferie più brutte
1) UN NUOVO STATUTO DELLA DOCENZA E DIRIGENZA
Non è più dilazionabile la questione della professionalizzazione della docenza e della dirigenza, che richiede che si intervenga su più piani, non solo su quello contrattuale, il che significa innanzitutto un nuovo Statuto Giuridico per docenti e dirigenti
Per i docenti occorre ricollocare in un quadro normativo unitario tutte le questioni che vanno dalla formazione iniziale al reclutamento, dalla formazione in servizio alla valutazione, da una nuova impostazione di autonomia professionale allo sviluppo e differenziazione di carriera, ecc.. Non una gabbia normativa, ma un quadro nazionale che abbia nuovi punti di riferimento nelle scuole autonome, nelle Regioni, nell’Unione Europea, che superi antichi miti e collegialità formalistiche per costruire l’insegnamento come impresa collettiva.
In questo quadro uno degli aspetti non più dilazionabili e, è la costruzione di una leadership intermedia , su cui ADi ha svolto numerosi studi, che ne hanno definito le diverse tipologie, gli standard professionali, la formazione e le modalità di accesso.
Parimenti va ridefinito uno statuto della dirigenza scolastica che riconsegni ai dirigenti la funzione prioritaria di leadership educativa in una visione di leadership sostenibile e di sistema.
2) PROGETTO PILOTA SU ISTRUZIONE TECNICA E PROFESSIONALE, CON ATTENZIONE AL SUD
L’istruzione tecnica e professionale nel nostro Paese ha progressivamente perso la propria carica propulsiva, fatta di legami proficui con le imprese e il mondo del lavoro, di apprendimento laboratoriale, di un’orgogliosa cultura dell’operatività, del progetto e del lavoro.
Occorre cambiare passo e visione delle loro finalità.
Pensiamo a un rilancio con lo sguardo al mondo del 5G, della green economia, dell’economia circolare e dello sviluppo sostenibile .
Pensiamo a una formazione che punta a competenze di imprenditorialità e a competenze di leadership, che sa unire head, heart, hands. Pensiamo a una ridefinizione profonda dei curricoli con il superamento della bulimia delle discipline, con ampi spazi all’attività laboratoriale e all’alternanza scuola lavoro, inserita nel piano di studi con propri tempi che non interferiscono con quelli delle altre discipline. Istituti che sanno instaurare un legame profondo e di scambio con il proprio territorio, ma che hanno come confine il mondo.
Per quanto riguarda gli istituti professionali si tratta di superare i danni prodotti dalla legge 40/2007 che li ha di fatto soppressi, omologandoli agli Istituti Tecnici, con la perdita della possibilità di impartire autonomamente le qualifiche. Molti tentativi si sono susseguiti per ridare identità agli Istituti Professionali, si pensi al recente Decreto Legislativo 61 del 13 aprile 2017 – Revisione dei percorsi dell’istruzione professionale; ma sono rimaste soluzioni di ripiego che non intaccano nel profondo la situazione ibrida di tali istituti.
Progetti che guardano soprattutto al Sud, dove chi va alla scuola secondaria superiore continua a preferire di gran lunga i percorsi liceali rispetto a quelli tecnici e professionali, è dove la formazione professionale è praticamente assente.
Il modello che stiamo prefigurando prepara sia al lavoro che all’Università, ma vorremmo che avesse anche un particolare legame con gli Istituti Tecnici Superiori, che tuttavia continuano a non decollare e rimangono i grandi assenti del sistema d’istruzione in Italia.
E’ evidente che il modello da noi prefigurato comporta una vera trasformazione di tutta l’organizzazione, della gestione dei curricoli, degli organici, degli spazi e dei tempi e delle risorse finanziarie, per questo occorrono istituti scolastici che godano di un’autonomia scolastica speciale
Rilanciare l’istruzione tecnica e professionale attraverso Istituti scolastici ad autonomia speciale, ISAS
Come fece il primo Blair con le Academies, Istituti scolastici ad elevatissima autonomia, per rilanciare l’istruzione tecnica, soprattutto nelle zone degradate, ADI è approdata alla proposta di legge di Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale, ISAS.
La proposta non prefigura una rivoluzione, ma si pone come un Istituto “diversamente pubblico”, una manifestazione di vitalità del sistema e di realizzazione di autentica autonomia, la sola che oggi potrebbe avviare un profondo rilancio dell’istruzione tecnica e professionale.
3) PROGETTO PILOTA NELLE PERIFERIE: DA 0 A 14 ANNI, SCUOLE BELLE APERTE ALLA COMUNITA’
La terza proposta è rivolta alla fascia di età 0-14 anni, comprendente il sistema integrato 0-6 e il primo ciclo di istruzione. Istituti scolastici situati in periferie degradate, dove non c’è capitale sociale e dove i vincoli sono a volte delittuosi. E’ qui nelle nostre periferie più brutte, che dobbiamo far crescere le scuole più belle, non cattedrali nel deserto, ma istituti con un profondo legame con la propria comunità in un’ottica rivolta al mondo e al suo sviluppo sostenibile.
Scuole belle dal punto di vista architettonico, gestite dai migliori insegnanti e dirigenti, belle per come si apprende e per ciò che si apprende, rigorose e impegnate.
Scuole dove sono presenti tutti i servizi necessari, dall’assistenza medica a quella sociale, dove è garantita la mensa, la biblioteca aperta alla comunità, dove ci si può trovare per letture a voce alta.
Scuole dove il digitale è familiare come l’uso della matita.
Scuole dove c’è il campo da calcio in cui i figli sfidano i padri, dove c’è lo spazio per il coro della scuola e la banda, dove c’è il teatro.
Scuole dove gli alunni sono coinvolti in attività utili verso la propria comunità e il proprio territorio. Scuole dove l’apprendere è rigoroso, ma insieme appassionante, perché avviene con “la testa, il cuore e le mani”.
Non è impresa facile, ma va assolutamente tentata con progetti pilota che superino tutte le strettoie attuali, dove chi dirige la scuola e il personale tutto siano scelti secondo criteri che esulano da vincoli di graduatorie, dove l’autonomia ha un valore autentico insieme alla costante valutazione di ciò che si fa e dei risultati raggiunti: Istituti Scolastici ad Autonomia Speciale, ISAS, di cui si è detto nel progetto precedente.