RACCOMANDAZIONI UE del 6/06/19
Ce n’è anche per gli insegnanti
Nel rapporto di 23 pagine recapitato all’Italia il 6 giugno 2019 dal Consiglio dell’Unione Europea non c’è solo una minuziosa radiografia del preoccupante andamento del debito pubblico italiano, ma anche due commi, il 19 e il 20, sull’istruzione e gli insegnanti. Si punta il dito sulle nostre classiche debolezze e si interviene anche sugli insegnanti.
Queste le parole della Raccomandazione:
«La produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare, quindi, la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta una sfida importante».
Sotto accusa i seguenti elementi: 1) il tasso di abbandono scolastico superiore alla media europea, 2) ampie differenze regionali e territoriali,3) scarso sistema di apprendistato, 4) risultati sulle competenze di base fra i peggiori in Europa, 5) poca formazione dedicata agli adulti, 6) scarsi progressi nelle competenze digitali,7) bassa percentuale di laureati, 8) limitata istruzione terziaria professionalizzante ( ITS)
Si passa quindi agli insegnanti, affermando che servirebbero «ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti». Sotto accusa il reclutamento incentrato sulle conoscenze e le limitate prospettive di carriera con progressione per anzianità e non per merito. Poi l’affondo sugli stipendi:
«rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi ».
Tutto questo produce:
«scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti».
Un’analisi molto schematica della professione docente che non tocca punti nodali come l’organizzazione/gestione centralistica e burocratica, questioni di reclutamento che vanno oltre la mancanza di formazione professionale (v.sanatorie e concorsi nazionali, ecc..), l’assenza di una leadership intermedia, che è cosa diversa dall’avanzamento retributivo per merito (di cui abbiamo tristi esempi). E ancora un’irrazionale allocazione delle risorse e una dispersiva costruzione degli organici, l’assenza di un criterio di assegnazione dei migliori docenti nelle situazioni scolastiche più deboli, come avviene in altri Paesi. E si potrebbe continuare.
In conclusione: gli aumenti retributivi auspicati dall’UE, su cui tutti i media si sono concentrati, sono certamente importanti, ma non da soli.
TESTO UE
Bruxelles, 6 giugno 2019
RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO sul programma nazionale di riforma 2019 dell’Italia e parere del Consiglio sul programma di stabilità 2019 dell’Italia
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19) Gli investimenti nell’istruzione e nelle competenze sono fondamentali per promuovere una crescita intelligente, inclusiva e sostenibile. La produttività tendenzialmente stagnante dell’Italia è dovuta alle debolezze del sistema di istruzione e formazione e alla scarsità della domanda di competenze elevate. Migliorare la qualità del sistema di istruzione e formazione rappresenta una sfida importante. Il tasso di abbandono scolastico (abbandono scolastico precoce) rimane ben al di sopra della media UE (14,5 % contro 10,6 % nel 2018) e vi sono ampie differenze regionali e territoriali in termini di risultati scolastici.
Mentre la quota dei finanziamenti destinati all’istruzione primaria e secondaria è sostanzialmente in linea con la media dell’UE, ulteriori sforzi per attirare, assumere e motivare maggiormente gli insegnanti potrebbero contribuire a migliorare i risultati dell’apprendimento. Il sistema di reclutamento è eccessivamente incentrato sulle conoscenze anziché sulle competenze, e la componente relativa alla formazione è limitata. Inoltre, gli stipendi degli insegnanti italiani rimangono bassi rispetto agli standard internazionali e rispetto ai lavoratori con un titolo di istruzione terziaria. Le retribuzioni crescono più lentamente rispetto a quelle dei colleghi di altri paesi e le prospettive di carriera sono più limitate, basate su un percorso di carriera unico con promozioni esclusivamente in funzione dell’anzianità anziché del merito. Ciò si traduce in una scarsissima attrattiva della professione di insegnante per le persone altamente qualificate e in un effetto disincentivante sul personale docente, che a sua volta ha un impatto negativo sui risultati di apprendimento degli studenti.
Il sistema di apprendistato stava acquistando slancio negli ultimi anni, ma le misure adottate lo hanno ridimensionato.
Gli studenti e gli adulti italiani ottengono risultati tra i peggiori dell’UE per quanto riguarda le competenze chiave e le competenze di base.
La partecipazione degli adulti all’apprendimento è molto limitata ed è in calo, in un contesto in cui il divario occupazionale tra lavoratori altamente qualificati e lavoratori scarsamente qualificati è tra i più elevati dell’UE.
Le competenze digitali sono quelle che più richiedono di essere migliorate: si sono registrati progressi limitati per quanto riguarda le competenze e le infrastrutture digitali; investire nel capitale umano è un prerequisito per stimolare gli investimenti pubblici e privati e le attuali misure volte a promuovere le competenze digitali e l’apprendimento degli adulti non si inquadrano in un approccio organico; i livelli delle competenze digitali di base e avanzate sono inferiori alla media dell’UE: solo il 44 % delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base (57 % nell’UE).
20) Gli scarsi investimenti nelle competenze stanno rallentando la transizione dell’Italia verso un’economia basata sulla conoscenza, frenando la crescita della produttività e limitando il potenziale per migliorare la competitività non di prezzo e la crescita del PIL.
Anche le lacune in materia di istruzione contribuiscono a spiegare la minore produttività delle microimprese e delle piccole imprese italiane rispetto a quelle di IT 9 IT paesi comparabili.
L’istruzione terziaria risente della mancanza di finanziamenti e delle carenze di organico e l’istruzione terziaria professionalizzante è limitata nonostante gli elevati tassi di occupabilità. La percentuale di laureati rimane modesta (27,9 % della popolazione di età compresa tra i 30 e i 34 anni nel 2018) e si associa a una disponibilità relativamente bassa di diplomati in possesso di un titolo di studio post-secondario, in particolare nei settori scientifici e tecnici; investimenti mirati nelle competenze sono indispensabili per stimolare gli investimenti sia pubblici che privati, in particolare in attività immateriali. È necessario stimolare gli studi in campi attinenti ai settori ad alta intensità di conoscenza e rafforzare le competenze specifiche, come quelle digitali e finanziarie.